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mercoledì, Nov 06

Motherless Brooklyn sancisce la nascita di un nuovo regista: Edward Norton


Al suo secondo film da regista, Norton dimostra con questo thriller d’epoca ambientato a New York, una mano e una capacità di creare mistero non comuni. Dal 7 novembre al cinema

In pochi fino ad oggi erano a conoscenza del fatto che Edward Norton sia anche un regista. L’unico film da lui diretto in precedenza, Tentazioni d’amore, non è propriamente di quelli che lanciano una carriera. Motherless Brooklyn – I segreti di una città, è il secondo tentativo (19 anni dopo il primo) ed è davvero tutta un’altra pasta.
Si basa su un romanzo e questo lo aiuta senz’altro ma ha una maniera di trasformare le parole in immagini, di lavorare sugli attori (su se stesso!) e di dare un passo alla narrazione che entusiasmano. Norton stesso si prende il personaggio migliore, un detective affetto da sindrome di Tourette, pieno di tic e incapace di trattenere le parole che gli escono dalla testa, strafatto di farmaci, costretto a buttarsi nell’arena dalla morte di un collega e mentore. Il genere è l’hard boiled che solitamente è ambientato a Los Angeles, quello di L.A. Confidential e Chinatown, in cui una questione personalissima e piccola, a furia di indagare, ne rivela di gigantesche, politiche, sessuali, incestuose, radicate.

L’intrigo dell’uccisione di un uomo e di un quartiere degradato comincia ad incrociare quella di un magnate delle costruzioni, un uomo potentissimo a New York che però sta cercando di nascondere un documento. Tutti pretesti perfetti per muovere personaggi. Quell’uomo, quel magnate, è Alec Baldwin, l’altro vertice del film, finalmente di nuovo in un ruolo drammatico dopo l’esplosione della sua carriera nella commedia, e decisamente fantastico. Grosso, pesante, carismatico, spietato, è un potente che attira, ha il fascino del potere e la mancanza di scrupoli che trasuda anche quando cammina. Avrà un paio di scene di puro duetto con Norton che sono un gioiello.

Ma non solo. Motherless Brooklyn è anche visivamente molto raffinato, pieno di inquadrature che si rifanno a quadri di Hopper, c’è dell’incredibile musica d’epoca (gli anni ‘50) e c’è una New York spettacolare, concreta, viva. Sembra di essere dentro L.A. Noire, il gioco di Rockstar Games, solo che sulla costa opposta degli Stati Uniti, per come questo detective costretto a diventare tale in fretta dagli eventi che aprono la storia, gira per la città, la esplora tutta da cima a fondo, nelle case e nelle piazze, nelle strade e nei locali, in cerca di indizi, parlando con i testimoni, sparando e rischiando la vita. Ma anche l’ampiezza della storia, le sue ramificazioni e la maniera in cui lentamente sono esplorate lo ricorda. Per la cronaca: Edward Norton non ha mai giocato ai videogiochi.

Che il film abbia più idee di così, che non voglia fare solo un racconto d’epoca, lo testimonia l’inserimento di un brano di Thom Yorke, storto, sghembo, elettronico ed accattivante. Non dovrebbe avere niente a che fare con quel mondo e invece è perfetto. Perfetto per raccontare di questo dropout che la sindrome di Tourette tiene ai margini della vita. Non può avere un altro lavoro, non ha mai avuto una donna, non sogna nemmeno una famiglia, è un rantolo che fa il tirapiedi fino a che non arriva quest’occasione e questa botta di orgoglio che lo spingono a fare, per una volta nella vita, la cosa giusta e andare fino in fondo, scoprendo un talento raro per l’investigazione.

E un talento ce l’ha evidentemente anche Norton, che dimostra un controllo sull’immagine e sul ritmo della storia impressionanti, ma anche quella rara capacità di lavorare sul dettaglio avendo capito esattamente di cosa ha bisogno quel racconto per emergere. Si tratta di saper leggere una storia e comprendere così a fondo quali siano le sue dinamiche chiave, quelle che gli danno personalità, da riuscire a lavorarci enfatizzandole nella maniera giusta al momento di trasformarle in immagini, in scene, in colonna sonora, in fondali, ambienti e attori scelti bene per le parti che gli spettano. È un mix molto difficile che se riesce, come in questo caso, crea un fiume in cui perdersi è un piacere e nel quale passare il tempo godendo sia di quello che si sa (in un noir i personaggi sono perduti fin dall’inizio) sia di quello che non si sa (come potrà una persona affetta da Tourette divincolarsi nei bassifondi criminali?).

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