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lunedì, Nov 16

Musei imprese, cosa insegnano su come affrontare una crisi



Da Wired.it :

Archivi e collezioni delle aziende raccontano anche storie di ripresa e di rinascita e lezioni per il post Covid-19, come emerge nella Settimana della cultura di impresa

Fondazione Pirelli Digital Education
Fondazione Pirelli Digital Education

L’imprenditore? “Un eretico”. Il bilancio? “Un’opera letteraria”. Il digitale? “Aiuterà gli italiani ‘abituati, fin dal Medioevo, a produrre, all’ombra dei campanili, cose belle che piacciono al mondo’”. Lo assicura, citando l’economista Carlo Maria Cipolla, Antonio Calabrò, presidente di Museimpresa, associazione nata su iniziativa di Assolombarda e Confindustria, che partecipa alla Settimana della cultura d’impresa. La cultura imprenditoriale per la rinascita del Paese è il tema della 19esima edizione, intitolata Capitale Italia, con oltre 70 iniziative fra tour virtuali, interviste, podcast, webinar, talk e presentazioni che coinvolgono imprese associate da tutta fino al 20 novembre.

“I nostri musei raccolgono le testimonianze sulla capacità di intervenire nei processi socio-economici e storici, lavorando sul cambiamento – spiega Calabrò -. Ciò che caratterizza le imprese italiane è la capacità di resilienza, basti pensare agli ultimi 90 anni della nostra storia, e la qualità del prodotto fatto ‘su misura’, punto di forza del secondo paese manifatturiero d’Europa e quinto al mondo per surplus commerciale”. La cultura d’impresa attraverso le crisi, dal ’29 alle guerre mondiali, dagli anni di piombo a Mani pulite fino alla recessione del 2008, nella Settimana della cultura d’impresa diventa chiave di lettura dei processi in grado di creare innovazione, benessere e coesione sociale. Esempi da ricordare per l’attualità, che vede un Pil al -9%, nel 2020, secondo la previsione del governo.

Fondazione Pirelli Archivio Storico (foto Fondazione Pirelli)
Fondazione Pirelli Archivio Storico (foto Fondazione Pirelli)

La cultura d’impresa oltre le crisi

Ogni impresa ha superato momenti di crisi con il coraggio di cambiare e investire – osserva Calabrò -. Lo dimostrano il grattacielo Pirelli, oppure il museo dei fratelli Cozzi, che racconta come l’Alfa Romeo dalla crisi con adattamenti e trasformazioni. Il museo della pasta di Gragnano ha rivalutato un luogo simbolico della produzione alimentare italiana che era scomparso dalla geografia alimentare italiana, ora riconosciuto a livello internazionale. Giulio Natta, premio Nobel per la chimica, studiò nei laboratori Pirelli e Montecatini, arrivando alla formula del polipropilene, la plastica. E cosa fanno gli italiani? L’azienda Kartell riempie le case del mondo di oggetti belli e durevoli, progettati da designer per milioni di famiglie”.

Da Olivetti e i valori dell’innovazione”, alle cartiere di Fabriano, dal denim nella Bergamasca al museo del caffè Dersut a Conegliano, gli eventi in programma online della Settimana della Cultura raccontano la storia del Paese produttivo. “Un esempio poco presente alla consapevolezza generale, è il modo in cui l’Italia uscì dalla crisi petrolifera del ’73 – ricorda Calabrò -. Migliaia di operai specializzati espulsi dai processi produttivi, prezzi che esplodevano e tensioni sociali che si amplificavano. Fu l’innesco di un processo di creazione di impresa diffusa nei distretti in Piemonte, Lombardia, Nordest e dorsale adriatica, grazie a capisquadra, capiofficina, tornitori e saldatori usciti dalle fabbriche, costruttori del proprio destino che avrebbe portato al boom economico degli anni ’80”.

La galleria Campari a Sesto San GIovanni (foto da uff.st. Museimpresa)
La galleria Campari a Sesto San GIovanni (foto da uff.st. Museimpresa)

La cultura d’impresa verso il ‘new normal’

Spazio alle attività digitali, con il pmi day per avvicinare gli studenti ai valori del fare impresa. Proprio la rivoluzione digitale, con le sue 10.631 imprese innovative iscritte al registro delle startup, presume un cambio di paradigma nell’organizzazione del lavoro. “Oggi certifichiamo la morte del fordismo, avvenuta almeno già negli anni ’80 all’Alfa Romeo, con i suoi tecnici in camice bianco e i robot, nelle isole di produzione – spiega Calabrò -. La struttura contrattuale però è rimasta fordista: si lavora sul tempo, mentre si dovrebbe ragionare sul prodotto, premiare le competenze e la capacità di trasformazione. Il digitale consente di modificare le strutture produttive, migliorando qualità e sostenibilità. Gli italiani sono meccanici, chimici, edili, designer con quell’attitudine al prodotto ‘su misura’ che Cipolla descriveva, collegando territorio, comunità, storia e sguardo internazionale e che sarà favorita dalla trasformazione digitale”.

Tra imprese e territori si generano interazioni economiche, sociali e culturali che si saldano nel tempo. “La crisi pandemica ha spezzato le catene di produzione lunghe che inseguivano il basso costo del lavoro – osserva Calabrò -. Potranno ricollocarsi secondo una globalizzazione di prossimità, là dove c’è una sapienza industriale territoriale: è il nostro vantaggio competitivo. Il ‘new normal’ pone fine agli squilibri dell’accumulazione spinta e delle megalopoli, oggi rivalutiamo i borghi e la finanza avrà senso in una dimensione d’impresa, i fondi di investimento puntano su imprese sostenibili a livello sociale e ambientale. Torniamo alla responsabilità dell’imprenditore, all’impresa come fatto di cultura e soggetto cardine di comunità, secondo un progetto comune”.

Il museo Zambon a Bresso (foto da uff. st. Museimpresa)
Il museo Zambon a Bresso (foto da uff. st. Museimpresa)

“L’impresa è cultura”

Inaugurata con la partecipazione del presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, la Settimana della cultura si articola con eventi, come “Debate per la cultura d’impresa: il primo corso di Debate sul rapporto tra impresa, società e cultura”, gratuito fino a gennaio, la presentazione del volume Archivi d’impresa edito da Anai, il viaggio virtuale a museo e archivi (Benetton, Zambon…), cerimonie come il premio Itwiin, Associazione italiana donne innovatrici e inventrici, occasioni per leggere le opportunità del presente.

“In Italia c’è un pregiudizio diffuso e gravissimo, ma fare impresa è di per sé una scelta culturale – conclude Calabrò -. L’imprenditore va oltre il senso comune diffuso, opera uno spostamento in avanti. Tra i numeri di un bilancio c’è la poesia di un gesto di volontà e rappresentazione, per dirla con Schopenhauer e l’impresa è una comunità di persone (imprenditore, tecnici, ingegneri, capisquadra, operai, fornitori e clienti) che competono verso un obiettivo, la cultura d’impresa è la sintesi hegeliana anche conflittuale di posizioni diverse, ma che puntano alla sostenibilità. Museimpresa è un luogo che usa gli strumenti della storia per ragionare sul futuro, perché l’impresa è luogo di memoria e trasformazione, così come la cultura. Per dirla con Gustav Mahler: ‘La tradizione non è custodia delle ceneri ma è culto del fuoco’”.

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[Fonte Wired.it]