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Musica, i retroscena dell’industria tra featuring forzati e scomparsa del romanticismo

da | Lug 15, 2024 | Tecnologia


Spesso finiamo per non accorgercene, perché in radio e sulle piattaforme di streaming tendiamo ad ascoltare a ripetizione sempre gli stessi, ma ogni giorno nel mondo vengono pubblicati circa 100.000 nuovi brani. Vuol dire oltre 36 milioni di inediti all’anno: una cifra mostruosa, soprattutto se si pensa che la maggior parte totalizza solo poche centinaia (se non poche decine) di ascolti. Ma allora, come si regge in piedi un’industria in apparenza più che fiorente? A questa domanda prova a rispondere il saggio L’industria della canzone, edito da Laterza e firmato da Gianni Sibilla, giornalista, docente universitario e direttore del Master in Comunicazione Musicale dell’Università Cattolica. Una panoramica a tutto tondo, pensata per svelare alcuni dei retroscena più interessanti e sconosciuti del music business ai non addetti ai lavori.

Musica i retroscena dell'industria tra featuring forzati e scomparsa del romanticismo

Le fonti di guadagno degli artisti

Il fatto che la musica registrata non renda più come un tempo si era già intuito durante la pandemia, quando centinaia di artisti avevano denunciato pubblicamente che con lo stop degli spettacoli dal vivo rischiavano l’indigenza. E anche esaminando il report 2023 di Spotify dal titolo Loud & Clear, che dà conto dei dati di streaming della piattaforma, è evidente che qualcosa non va. Secondo il colosso svedese, si legge nel libro, “Tra il 2018 e il 2023 è raddoppiato sia il numero degli artisti che ricavano oltre un milione di dollari dalla piattaforma, sia il numero di quelli che ne ricavano oltre 10.000 dollari; sarebbero oltre 50.000 gli artisti che guadagnano più di 50.000 dollari”. Buone notizie? Fino a un certo punto: 10.000 dollari corrispondono a circa tre milioni di stream, fa notare Sibilla. Ecco perché la maggior parte di coloro che vivono di musica cercano fonti di guadagno secondarie da affiancare alla vendita di album e ai concerti: merchandising, meet & greet, sincronizzazioni in spot pubblicitari o colonne sonore, masterclass.

Featuring, featuring e ancora featuring

Ed è proprio in questo senso che andrebbe letta la passione per i featuring (ovvero le collaborazioni) e i joint album (ovvero gli album a quattro mani) degli artisti di oggi. Lavorare con altri è sicuramente una grande soddisfazione a livello creativo, ma è soprattutto un modo per espandere le possibilità di monetizzare la propria musica attraverso la cosiddetta cross pollination: in sostanza si tratta di pescare nuovi ascoltatori dalla fan base altrui, una pratica resa ancora più semplice dall’interfaccia delle attuali piattaforme di streaming. “I duetti vengono spesso realizzati a distanza; talvolta la dimensione artistica può essere del tutto assente: non è raro che vengano raccontati come nati spontaneamente, quando di fatto sono progettati dalle strutture industriali come strumenti di puro marketing/posizionamento” rivela Sibilla.

Le routine produttive

La vera costante dell’industria musicale attuale, in effetti, sembrerebbe essere l’assenza di romanticismo. Sibilla paragona le canzoni a dei software, il che implica “un lavoro di scrittura del codice che porta al prodotto finito” spiega. “Nel tempo sono cambiati i linguaggi di programmazione, è cambiato l’hardware su cui le canzoni-software girano: le tecnologie a disposizione degli autori/programmatori, i media, gli spazi di distribuzione”. Ecco quindi che la filiera che si nasconde dietro la nascita di ogni hit si allunga a dismisura e si spersonalizza: l’esempio perfetto è quello di Lil Nas X, che ha costruito la sua Old Time Road su una base comprata sullo store online di uno sconosciuto producer olandese, YoungKio, che a sua volta aveva campionato i Nine Inch Nails, per poi coinvolgere successivamente il cantante country Billy Ray Cyrus. E soprattutto, ecco che il lavoro creativo si trasforma in una routine produttiva senza alcuna magia:Nick Cave, per esempio, in più di un’occasione ha raccontato di recarsi tutti i giorni ad orari regolari in un ufficio, quando non è in tour o in studio” svela il libro. “Un cantautore dall’aura quasi maledetta, che lavora come una sorta di impiegato della canzone”.

Digital campfire e Stan culture

Resta immutata, però, l’idolatria nei confronti delle star della musica, che esisteva ai tempi di Elvis Presley e resiste anche nell’era di Taylor Swift; ciò che è cambiato è lo strumento attraverso cui si esprime, ovvero i social media. Le nuove dinamiche hanno ridefinito gli equilibri tra fan e artisti, tanto che sono state coniate perfino nuove espressioni: digital campfire (ovvero piccole comunità che discutono insieme gli ultimi avvenimenti o le azioni del loro beniamino, magari attraverso una pagina fan su Instagram) e Stan culture (da Stan, la famosa canzone di Eminem sui fan ossessivi e tossici: il titolo non era stato scelto a caso, perché è la crasi tra stalker e fan). L’avvento di TikTok, inoltre, ha finito addirittura per invertire i ruoli. “Un social media partecipativo e performativo, che mette a disposizione di artista e fan strumenti non solo per promuovere la canzone e l’identità, ma per trasformare la canzone stessa, remixarla, modificarla” osserva Sibilla. “Il fan si trasforma nell’artista, assume ancora più potere perché il successo di una canzone passa nella sua trasformazione in un meme che parte dal basso”.

Il racconto a servizio del prodotto

E a proposito di trasformazione, è proprio questa la chiave di lettura che L’industria della canzone fornisce per spiegare il moltiplicarsi di un prodotto che fino a qualche anno fa era molto meno gettonato: le autobiografie degli artisti. I cosiddetti memoir, ovvero saggi in cui l’artista racconta in prima persona episodi della propria vita e carriera, hanno invaso le librerie di mezzo mondo, ma anche in questo caso il motivo è molto più prosaico di quanto possiamo immaginarci: I libri diventano il centro di progetti produttivi transmediali” rivela Sibilla, che cita gli esempi di Bruce Springsteen (Born to Run, diventato un album, uno spettacolo di teatro-canzone a Broadway e un film per Netflix), Bono (Surrender, che è anche un tour teatrale e un film in lavorazione per Apple Tv+) e Paul McCartney (The Lyrics: 1965 to the Present è ora un podcast). Di questi tempi nulla è lasciato al caso, insomma. O – Dio ce ne scampi – all’ispirazione.



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Written By

Scritto da Flavio Perrone, consulente informatico e appassionato di tecnologia e lifestyle. Con una carriera che abbraccia più di tre decenni, Flavio offre una prospettiva unica e informata su come la tecnologia può migliorare la nostra vita quotidiana.

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