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venerdì, Feb 05

Nel nome del decoro urbano Torino riprende la sua guerra ai poveri



Da Wired.it :

La giunta coglie un’occasione di visibilità prendendosela con gli invisibili. Dopo aver vietato elemosina e cani, giovedì mattina si è passati allo sgombero: i senzatetto sfollati, i materassi buttati nei cassonetti

Da qualche giorno a Torino è in corso una guerra ai poveri. Non si tratta di una novità. Già negli scorsi anni la lotta al degrado condotta attraverso la criminalizzazione degli ultimi l’aveva fatta da padrone nelle politiche della giunta pentastellata di Chiara Appendino. E oggi si sta scrivendo un nuovo capitolo di questa storia, in un momento storico, quello del Covid-19, che lo rende ancora più brutale dei precedenti.

(Photo by Nicolò Campo/LightRocket via Getty Images)

Prima è stata la volta dell’elemosina. “Già nel settembre 2018 avevo detto di non fare l’elemosina, e lo ribadisco”, l’appello di qualche giorno fa della sindaca alla cittadinanza torinese. Poi è toccato ai cani. Nel nuovo regolamento per la tutela e il benessere degli animali si è camuffata l’ossessione per il decoro con l’animalismo ed è stato fatto divieto a chi vive in strada da avere con sé cani, “indipendentemente da come sono tenuti e accuditi”, a riprova del fatto che non è la loro condizione di salute il problema. Infine, nelle scorse ore, si è passati direttamente ai fatti. Un commando di polizia municipale e camioncini dell’Amiat, la società che si occupa dei rifiuti nel capoluogo piemontese, ha sgomberato i senza dimora che si trovavano sotto i portici delle vie del centro, mentre i loro averi più ingombranti, tra cui le coperte e altro materiale donato dalle associazioni di volontariato, è finito nei cassonetti.

La versione raccontata dagli autori del blitz è che l’operazione sia stata fatta a fin di bene, per spingere i senza dimora ad andare nei dormitori. Ma la cronaca quotidiana racconta che le strutture predisposte riempiono ogni notte tutti i loro letti, dunque il sistema non è in grado di offrire un’alternativa dignitosa a tutti i 2500 senza dimora in città. Al di là di questo, comunque, di fronte a persone che vivono in una condizione di estremo disagio, perse nella giungla urbana, in totale solitudine e senza punti di riferimento, la brutalità dello sgombero non è sicuramente il metodo con cui garantire loro un futuro migliore. Non è cioè con la repressione violenta che si dà una mano a questi invisibili, serve al contrario un lavoro di supporto e accompagnamento che è quello svolto dalle tante associazioni locali di volontariato e che di fatto è stato calpestato dall’amministrazione comunale. Sgomberare e urlare di andarsene nei dormitori è il perfetto manuale di come non gestire la questione di chi una casa non ce l’ha.

La giunta torinese non è nuova a fatti di questo tipo. Le politiche per il decoro e la lotta alla povertà nel senso di nasconderla sotto al tappeto, non di cancellarla, si è vissuta già in passato tra sgomberi dei mercati a prevalente presenza straniera, dissuasori anti-accattoni, ordinanze anti-kebap e via dicendo. L’obiettivo è sempre stato quello di ripulire il centro storico di tutti quegli elementi che ne sporcassero la vetrina, non perché Torino sia effettivamente uno spazio lucido e patinato, ma perché al contrario la povertà e il disagio sono dilaganti e vista l’incapacità di occuparsene realmente, si è scelto di nasconderli. Un tema che è esploso definitivamente nel 2020, quando le conseguenze socio-economiche della pandemia hanno fatto sprofondare migliaia di altre persone nella spirale della povertà. Come sottolinea la Caritas locale, l’aumento delle presenze nelle mense cittadine è stato dell’80%, mentre nei centri di ascolto si sono presentate il 100% delle persone in più.

Sono dati torinesi, ma che ritroviamo identici nel resto del paese. Le file chilometri fuori alla sede del Pane Quotidiano a Milano, la strage di senza dimora che si sta consumando a Roma in questo freddo inverno, sono altri campanelli di allarme delle difficoltà che già c’erano e che oggi si stanno acuendo. Le associazioni nel 2020 hanno registrato un incremento importante negli interventi in strada e i giacigli di fortuna si popolano di facce sempre nuove, come raccontano gli stessi volontari. Per molte amministrazioni comunali la cura dell’immagine della città viene però prima di tutto il resto e anzi, a un incremento della povertà corrisponde un incremento nelle politiche repressive per il decoro. 

Quanto sta avvenendo a Torino non è un caso isolato, sono immagini che abbiamo già visto a Como, Vicenza, Trieste e in altre città italiane. In un momento in cui senza turismo e presenze straniere l’occhio delle amministrazioni locali potrebbe finalmente concentrarsi sui bisogni dei suoi cittadini, soprattutto quelli più vulnerabili, il rischio è che questi vengano ulteriormente messi da parte. Occuparsene significherebbe ammettere di avere un problema e questo, nella logica dilagante delle città-vetrina, non è concesso.

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[Fonte Wired.it]