Non che mi aspettassi un’ammissione di colpa, da parte del primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, uno squarcio del velo, il riconoscimento dello sterminio a Gaza. Eppure il livello disumano di negazionismo con cui ammanta la guerra senza quartiere che ha dichiarato alla popolazione palestinese ha raggiunto nuove vette di dissociazione dalla realtà nelle parole che ha usato per rivolgersi alla Conferenza della International Holocaust Remembrance Alliance (Ihra), un’organizzazione intergovernativa che si occupa di ricerca dell’Olocausto e di cui Israele, quest’anno, ha la presidenza.
Secondo Netanyahu l’accusa di usare la carestia come arma di guerra, peraltro riconosciuta da una speciale commissione delle Nazioni Unite già lo scorso novembre, ben prima degli ultimi, tragici sviluppi della nuova invasione della Striscia di Gaza, è “la menzogna del momento”. Perché, spiega il primo ministro, quando i soldati israeliani catturano prigionieri palestinesi, gli ordinano di togliere la maglietta e “non se ne vede uno – nemmeno uno – emaciato”. Dunque, secondo il sillogismo delirante e abominevole di Netanyahu, siccome i suoi soldati non hanno beccato abbastanza gente pelle e ossa, nessuno muore di fame.
Neanche il più mostruoso dei deepfake sarebbe riuscito a superarlo in questa indecente allucinazione da regime alimentare, in cui di alimentare a Gaza è rimasto poco e niente e molto di regime c’è in Israele. Se stentate a credere che sia vero, il discorso è stato pubblicato per intero sul sito della presidenza israeliana.
Vi riporto il passaggio relativo alla strategia della carestia. Ha detto Netanyahu: “La seconda [bugia, ndr] è: abbiamo una politica basata sulla carestia. L’avete sentita? No? È la moda del momento, la menzogna del momento. Ma anche questa è falsa. Fin dal primo giorno, o dai primissimi giorni della guerra, abbiamo preso una decisione politica: colpiremo Hamas, non la popolazione civile. Questo sia permettendo loro di lasciare le zone di combattimento, sia fornendo ciò che è essenziale: cibo, acqua, medicine. Questo è ciò che richiedono il diritto internazionale e il buon senso. E così abbiamo fatto. Abbiamo fornito 1,8 milioni di tonnellate – sì, 1,8 milioni di tonnellate – di cibo e aiuti. È una quantità enorme. Ed è per questo che non si è verificata una carestia di massa. In effetti, ve ne do un’indicazione semplice. Catturiamo migliaia di prigionieri, li dividiamo tra civili e combattenti e li fotografiamo. Potete vedere quelle fotografie, quei video. Qual è la prima cosa che si fa quando si prende un prigioniero a Gaza? La prima cosa è dirgli: “Togliti la maglietta. Vogliamo essere sicuri che non indossi un giubbotto esplosivo.” Migliaia e migliaia di prigionieri si sono tolti la maglietta e non se ne vede uno – nemmeno uno – emaciato, dall’inizio della guerra fino a oggi. Anzi, vedi il contrario, perché non si fa molto esercizio fisico, di certo non nei tunnel, ma si mangia. E noi siamo accusati di affamare la popolazione”.