Nel febbraio 2023, un rilevatore di particelle cosmiche posizionato nelle profondità del Mar Mediterraneo ha registrato l’arrivo di un neutrino con un’energia circa 20-30 volte superiore a quella di qualsiasi altro rilevato nella storia. Per l’esattezza, la particella – che è stata denominata Km3-230213A– aveva un’energia calcolata di 220 petaelettronvolt (PeV), molto superiore ai 10 PeV fatti segnare dal neutrino più energetico documentato fino a quel momento. La scoperta ha suscitato grande entusiasmo tra i fisici, ma ha anche sollevato parecchie domande.
Cosa sono i neutrini
I neutrini sono particelle elementari, il che significa che non possono essere scomposte, e sono le più abbondanti e leggere nell’universo. A differenza di elettroni e protoni, non hanno carica e di conseguenza interagiscono molto raramente con la materia, limitandosi ad attraversarla senza provocare alterazioni. Da quando avete iniziato a leggere questo articolo, migliaia di miliardi di neutrini che viaggiano nello spazio avranno attraversato il vostro corpo. Per via di questa caratteristica, i neutrini sono noti anche come “particelle fantasma”.
Una conferma importante
Per i fisici delle particelle, il rilevamento del 2023 poteva essere spiegato solo in due modi: Km3-230213A era la prova di un processo cosmico probabilmente mai osservato prima, che avrebbe potuto cambiare la nostra comprensione dei neutrini, oppure era il risultato di un errore di misurazione. I ricercatori si sono subito messi al lavoro per scoprire quale delle due ipotesi fosse quella corretta.
Ora sembra finalmente esserci una risposta. Uno studio approfondito pubblicato sulla rivista Physical Review X ha confrontato i dati di Km3-230213A con una serie di database contenenti informazioni su altre particelle fantasma rilevate in passato. Dopo aver analizzato i dati disponibili, gli scienziati sono giunti alla conclusione che lo straordinario neutrino ultraenergetico non fosse un’illusione statistica.
Il mistero dell’origine di Km3-230213A
Ma proprio come una roccia non può descrivere la natura di una montagna, un neutrino da 220 PeV da solo non basta a spiegare il fenomeno che lo ha generato. Come sottolinea la recente ricerca, sulla base delle informazioni disponibili non è possibile “trarre conclusioni definitive sul fatto che l’osservazione suggerisca una nuova componente ad altissima energia nello spettro”.
Rilevare neutrini dotati di energia simile rappresenterebbe un progresso significativo, che ci permetterebbe di teorizzare l’esistenza di altri fenomeni finora sconosciuti. “Potrebbe voler dire che stiamo osservando per la prima volta neutrini cosmogenici, prodotti dall’interazione dei raggi cosmici con la radiazione cosmica di fondo. Oppure potrebbe indicare un nuovo tipo di fonte astrofisica”, afferma lo studio.
L’energia del neutrino del 2023 suggerisce anche che la particella potrebbe essere stata emessa da uno dei potenti acceleratori cosmici noti nell’universo: un lampo di raggi gamma, una supernova o forse un getto relativistico, ovvero una potente emissione di plasma che ha origine nei pressi di un buco nero. Al contrario, molti dei neutrini rilevati sulla Terra sono di tipo atmosferico, in quanto prodotti dall’impatto dei raggi cosmici con gli atomi nell’atmosfera terrestre, e quindi molto meno energetici. Si tratta dello stesso tipo di particelle, ma la loro probabile origine influisce sull’energia di cui sono portatrici.
Diversi rami della scienza utilizzano e studiano i neutrini per motivi diversi. Dal momento che viaggiano nell’universo senza essere deviati o assorbiti, questi elementi possono fornire informazioni preziose su eventi cosmici molto lontani. Per questo, alcuni scienziati li considerano una sorta di “giornalisti dell’universo” che, di tanto in tanto, viaggiano verso la Terra con dati che altrimenti andrebbero persi.
Questo articolo è apparso originariamente su Wired en español.