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lunedì, Apr 19

Nft, tutte le domande a cui ancora non sappiamo rispondere



Da Wired.it :

Dalla contraffazione alla proprietà intellettuale, passando per la sicurezza delle piattaforme: implicazioni e rischi sull’uso degli nft ancora da esplorare

(Frammento di ‘The First 5000 Days’ di Beeple. Foto: Christie’s)

Non è tutto oro ciò che è nft. Così si potrebbe sintetizzare la situazione del mercato dei non fungible token (beni non fungibili) andando oltre l’entusiasmo che lo caratterizza da qualche mese. Dietro l’aura delle vendite milionarie e delle infinite opportunità offerte dalla tokenizzazione, si nascondono innumerevoli aspetti non ancora affrontati in modo adeguato che potrebbero portare ad altrettante conseguenze, una volta scoppiata la bolla. Ancora non ci sono regolamenti e standard univoci, non sono stati definiti dei limiti o consolidate delle infrastrutture, per non parlare della scarsa sicurezza delle piattaforme che li custodiscono.

Sia chiaro: le possibilità tecniche grazie alla blockchain possono aprire orizzonti innovativi e finora inesplorati, ma parallelamente devono essere supportate da un’attenta regolamentazione sul piano giuridico. Le attuali lacune potrebbero diventare una minaccia allo stesso mercato degli nft, che, fra l’altro, si porta dietro anche tutte le criticità legate alle criptovalute. Non va dimenticato poi che questo sistema di protocollazione, che ora vive l’età dell’oro nei mercati dell’arte, si sta facendo strada anche in altri ambiti, da quello musicale fino quello immobiliare. Proprio per questo avere delle regole chiare sin da subito appare fondamentale. Ma andiamo con ordine.
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Uno, nessuno, centomila

Nel 1936, il filosofo Walter Banjamin descriveva nel saggio L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica il rapporto tra l’opera e la cultura di massa in cui la tecnologia – in quel caso la fotografia – consentiva la riproduzione volendo infinita degli oggetti. La liberalizzazione dell’arte che avviene oggi con gli Nft non è poi così diversa da allora: il concetto universale alla base è lo stesso, ma le conseguenze sono proprie di un nuovo ecosistema digitale. O meglio: le opere d’arte sono ‘aggredibili’ come prima, ma con aspetti e particolarità diversi. In un certo senso i problemi fisici di un tempo sono transitati sul digitale.

Prima di tutto, negli ambienti digitali si rischia di perdere il concetto di originale, anche se l’opera associata a un nft è a tutti gli effetti tracciabile. Vale la pena ribadire che un nft non è l’opera, bensì il certificato di proprietà. Se quindi, lato tecnico, è facile rappresentare digitalmente il possesso di un’opera tramite nft, e poi vendere il possesso di quest’opera registrata, è più fumosa la situazione che potrebbe crearsi qualora avvenga, per esempio, una doppia registrazione della stessa opera su piattaforme diverse o la certificazione di un’opera con una modifica minima (anche un pixel) rispetto all’originale non da parte dell’autore. La blockchain può solo stabilire la proprietà e non andare ad analizzare il contenuto, che online può teoricamente propagarsi all’infinito.

Il possesso di un oggetto è una relazione particolare ed esclusiva e tramite la blockchain questo è dimostrabile. Il valore, però, non ha a che fare con l’oggetto in sé, ma con la possibilità di dimostrarlo”, spiega a Wired Francesco Bruschi, direttore dell’Osservatorio blockchain & distributed ledger del Politecnico di Milano. E su questo la tecnologia è in bolla. “Ma di fronte alle potenzialità gigantesche degli nft, non vanno dimenticate le criticità. Soprattutto stabilire i limiti del possesso del token: posseggo l’opera, ne posseggo una copia, ne ho i diritti?”, fa eco il collega Vincenzo Rana, anche co-fondatore e consulente scientifico di Knobs e BCode.

Ad oggi non c’è nessuno che vieti la registrazione di un nft della stessa opera in un altro circuito. Se si crea una controversia sull’originale, si potrebbe innescare un meccanismo che premia la tempestività di chi ha registrato prima o dei dibattiti pubblici su chi sia veramente l’autore. “L’autenticità è uno dei problemi principali che hanno portato gli nft nel mondo dell’arte”, specifica Lucia Maggi, ad e partner di 42 LawFirm, società legaltech che ha realizzato una guida sugli aspetti legali dei non fungible token nel mercato dell’arte.

Rispetto al passato, però, delle differenze ci sono: nel digitale non si possono fare perizie tecnico-scientifiche o grafologiche sull’opera. “In questo caso le dinamiche sono off-chain, extra blockchain. La tecnologia è in grado di distinguere due nft diversi, ma non può determinare chi sia il vero autore”, specifica Bruschi. Tuttavia, conoscerlo è fondamentale quando si parla di proprietà intellettuale. “Infatti tramite gli smart contract si possono impostare quali saranno i diritti e come si ripartiranno in tutta la vita degli nft. Così si può tutelare, ad esempio, il diritto di seguito”, continua Maggi.

Anche se oggi è obiettivamente e tecnicamente difficile stabilire l’autore in caso di controversie, si vede all’orizzonte qualche soluzione legaltech. “Si potrebbe incorporare un certificato di proprietà e autentica legato all’opera emesso dall’autore tramite una firma digitale”, prosegue Maggi. Ma oltre la soluzione giuridica potrebbe esserci anche una esclusivamente tech. “Investendo ancora in blockchain – spiega Rana – si potrebbe arrivare a degli strumenti che dirimono eventuali controversie sull’autenticità, per esempio con il sistema degli oracoli (ovvero degli strumenti che la blockchain utilizza per interagire con il mondo fisico creando un ponte fra crittografia e realtà, ndr)”.

Dinamiche off-chain

Anche l’avvocato Marco Tullio Giordano, partner di 42LawFirm, è sulla stessa lunghezza d’onda: “Gli aspetti legali devono essere definiti off-chain. La prima parte del lavoro è creare l’opera e distribuirla, in secondo luogo si crea il certificato di proprietà con gli nft, il terzo tassello è dettagliare i rapporti giuridici sottesi a questi”. Anche perché, oltre la proprietà intellettuale e il copyright, le situazioni che presentano criticità legali non sono poche. “A partire dalla tutela dei consumatori, che non sanno se le piattaforme riconoscono il diritto di recesso e la privacy, fino alle problematiche di antiriciclaggio, ma anche di contraffazione, per non parlare della regolamentazione finanziaria, e della questione fiscale”, dice Giordano.

Off-chain infatti gli orizzonti sono ancora molto opachi: chi compra gli nft pensa di essere possessore di qualcosa, tutti gli altri che trovano il file online sono conviti che il file sia di pubblico dominio e ci possono fare ciò che vogliono. “Sulle piattaforme intravedo un problema di security, visto che sono essenzialmente ancora startup che utilizzano server centralizzati per condividere l’opera”, spiega Giordano. Tecnicamente, sottolinea Rana, “in molte delle piattaforme si usa un sistema custodial, ovvero gli nft non vengono associati a un account, ma è la piattaforma a custodire la chiave privata e gli stessi token”. Questo può causare problemi di sicurezza, se per esempio non si riesce più ad accedere o la piattaforma viene hackerata.

Se si utilizza un wallet non custodial – continua Rana – in una piattaforma decentralizzata, che è in mano dell’utente il rischio è solo di perdere la chiave, ma rimangono tutti i benefici della blockchain perché posso vendere o conservare un nft in questione senza alcun impedimento”. Per ovviare al problema, invece, secondo l’avvocato Giordano “un’alternativa interessante è utilizzare il protocollo Ipfs (interplanetary file system): il file si propaga su tutti i computer delle persone collegate. Anche questa è una modalità decentralizzata e quindi più sicura per la tutela dell’opera”.

Ma la sicurezza delle piattaforme riguarda anche la liceità delle transazioni. Gli nft potrebbero diventare degli strumenti di anonimato e riciclaggio, se si considera che le nuove piattaforme dove avviene lo scambio non rispettano la normativa Kyc come sono tenuti a fare, fra gli altri, diversi enti o le case d’aste (letteralmente Know your costumer, è la normativa che consente di verificare l’identità dei propri clienti e valutare potenziali rischi o intenzioni illegali nel rapporto con il cliente). “Questa lacuna – spiega l’avvocato – potrebbe far sì che il valore venga trasferito senza la compliance necessaria e quindi aggirando le norme”.

Estrarre il valore

Normando questi vulnus si possono creare scenari inediti dove il lato legale e quello tecnologico complementano le potenzialità degli nft. Un esempio è la ridistribuzione del valore nel mondo artistico in modo innovativo rispetto al presente, soprattutto nel settore musicale. “In futuro però si possono immaginare situazioni in cui la tecnologia aiuta ad attribuire del valore ed estrarlo dal possesso di un’opera”, spiega Bruschi. “Si potrebbe comprare un nft – continua – non solo per possederlo, ma anche per godere dei ricavi di una particolare opera in modo automatico grazie alle tecnologia”. In quest’ottica si può immaginare “la tokenizzazione di un’opera e dividerla in più nft, ovvero prendere un oggetto materiale o virtuale e creare più frammenti dello stesso”, fa eco Rana. In questo senso, i due, fra l’altro, stanno accompagnando la creazione, da parte di Knobs e BCode, proprio di una piattaforma di streaming musicale decentralizzata chiamata DeMusic.

Maggi, che ha anche un’esperienza nell’industria musicale, spiega che in questo campo “si tratta di capire quale diritto viene incorporato in un nft“. Se viene data una licenza o, per esempio, ci si orienti verso un uso privato: “il tutto, anche in questo caso, deve essere inserito all’interno dello smart contract”, aggiunge l’avvocata. E precisa che l’aspetto interessante è che “si può mettere una clausola a tempo per un nft e questo muore”. In questo modo si potrebbe dettagliare il contratto di licenza (quello, per intenderci, che si usa per l’uso un determinato brano in una pubblicità in un periodo prestabilito). Un orizzonte che sicuramente ha forti potenzialità. Anche, ad esempio, per il ticketing dei concerti, che si potrebbe fare con nft. Basti pensare, poi, che la Siae ha annunciato la tokenizzazione di più di 4 milioni di opere che sono nel suo repertorio. A tendere “il sistema di tracciamento automatizzato nell’industria musicale sarà la strada”, conclude Maggi. Ma ad oggi c’è ancora molto cammino da fare.

Oltre l’arte

Se a febbraio, più di 20mila acquirenti hanno speso più di 45 milioni di dollari in clip sportive dell’Nba in un solo giorno, a inizio aprile, riporta Bloomberg, i prezzi medi degli nft sono diminuiti del 70% dal loro massimo di inizio 2021. A calare è anche l’entusiasmo attorno i digital collectibles. Secondo Axios, il gap fra valore artistico e finanziario è già superato e gli Nft sono ormai solo pura speculazione. Secondo altri, invece, l’uso della blockchain per creare scarsità di oggetti da collezione digitali è un’innovazione duratura piuttosto che una moda passeggera.

In ogni caso, resta il fatto di un’assenza normativa evidente già in questi campi. Cosa che sarebbe auspicabile prima che l’entusiasmo si sgonfi in altri settori come sta già accadendo.Se oggi l’utilizzo degli nft è soprattutto nel mondo del gaming (basti pensare ai Cryptokitties dove sono nati), e nell’arte, il vero mercato degli nft del domani potrebbe essere la tokenizzazione di asset reali e non digitali, basti pensare al mercato immobiliare, dove ci sono già esempi di vendite come una sorta di multiproprietà. O al fermento nel campo della moda. Insomma, qualunque sarà la strada degli nft appare chiaro la necessità di regole che scongiurino lo spettro di una giungla digitale, dove le implicazioni legali superino i benefici tecnologici.

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[Fonte Wired.it]