Seleziona una pagina
venerdì, Set 24

Nirvana: 30 anni di Nevermind, il disco che ha cambiato il rock



Da Wired.it :

“Caricate le pistole e portate gli amici. È buffo perdere e fingere. Lei è arcistufa e sicura di sé. Oh no, conosco una parolaccia”. “Load up your guns and bring your friends. It’s fun to lose and to pretend. She’s over bored and self-assured. Oh no, I know a dirty…

La storica copertina di Nevermind dei Nivrvana.

Caricate le pistole e portate gli amici. È buffo perdere e fingere. Lei è arcistufa e sicura di sé. Oh no, conosco una parolaccia”. “Load up your guns and bring your friends. It’s fun to lose and to pretend. She’s over bored and self-assured. Oh no, I know a dirty word”. 30 anni fa queste parole, quelle di Smells Like Teen Spirit, ci portavano nel mondo di Kurt Cobain e dei Nirvana. Il 24 settembre del 1991 usciva Nevermind, forse l’album più importante degli anni Novanta. Un’intera generazione di ragazzi, appena diciottenni o poco più, li avrebbe scoperti qualche mese dopo, grazie al video di quella canzone che cominciava ad andare in heavy rotation su MTV. Era un video davanti al quale non potevi restare indifferente, dovevi fermarti e guardarlo. Nella palestra di una scuola, ripresa con dei toni caldi e ovattati, un gruppo di ragazzi e alcune cheerleader assistevano a un concerto. E in primo piano, con le immagini sfocate, appariva questo giovane dai capelli biondi che gli coprivano il volto. Cantava a squarciagola, come se non ci fosse un domani, come se fosse il suo ultimo grido. “Mi sento stupido e contagioso. Siamo qui, intratteneteci”. “I feel stupid, and contagious, here we are now, entertain us”. Solo molti anni dopo avremmo capito che, in fondo, a Kurt Cobain quel video non piaceva, e non lo rappresentava affatto. Ma è stato qualcosa che ha rotto ogni argine. Dopo Smells Like Teen Spirit, e Nevermind, chi era ragazzo negli anni Novanta avrebbe visto il rock, e la musica, in modo completamente diverso. Oggi Nevermind è assurto agli onori della cronaca per le polemiche legate alla copertina: il bambino che vi era raffigurato da neonato ha accusato la band di pedopornografia. Una cosa senza senso, come vedremo.

Tra Black Sabbath più estremi e Beatles, ma facendo punk rock

Il suono della chitarra di Kurt Cobain in Nevermind dei Nirvana stabilisce il tono di tutta la musica rock degli anni novanta” aveva scritto a suo tempo Guitar Rock. Nevermind è una di quelle opere in cui una serie di congiunzioni astrali, una serie di fattori diversi uno dall’altro portano a un risultato unico. Il male di vivere di un ragazzo come Kurt Cobain, che vi avevamo raccontato a proposito del loro primo album, Blach, e la rabbia per la fine della relazione con la sua ragazza di quei tempi, Tobi Vail. L’arrivo nella band, accanto a lui e al bassista Krist Novoselic, del nuovo batterista Dave Grohl (non a caso una delle rockstar oggi più influenti, con i suoi Foo Fighters) che ha portato alla band un drumming più preciso e più potente. E la produzione di Butch Vig (anche lui oggi un santone del rock, con la sua band, i Garbage), che è riuscito a rendere il suono dei Nirvana allo stesso tempo più duro, ma anche più pop, un caos organizzato, un muro del suono dove, però, la musica non è un magma indistinto, ma ogni elemento riesce a spiccare e a brillare di luce propria. Certo, dopo la pubblicazione di Nevermind, i Nirvana si dissero insoddisfatti del suono dell’album, troppo pulito e Cobain si disse imbarazzato dalla produzione, più simile, secondo lui, a quella di un disco dei Mötley Crüe che a quella di un disco punk rock. Ma Butch Vig aveva fatto un capolavoro. La musica dei Nirvana era un mix di accattivanti melodie pop e rabbiosi assalti sonori. L’idea di Kurt Cobain era di creare un suono che combinasse i The Knack e i Bay City Rollers ai Black Flag, un suono che mettesse insieme i Black Sabbath più estremi ai Beatles e ai Led Zeppelin, ma facendo punk rock. Cobain aveva descritto così la sua musica al giornalista Michael Azerrad. Quei passaggi tra una musica suonata piano e poi molto forte, una quiete che preparava la tempesta, li avevano già fatti band come gli Hüsker Dü e i Pixies. Ma mai nessuno aveva avuto l’impatto, anche commerciale, dei Nirvana. Tra le loro influenze ci sono anche Queen, Cheap Trick, The Melvins, The Breeders, Mudhoney, David Bowie, R.E.M., Iggy Pop e Butthole Surfers.

Smells Like Teen Spirit

Abbiamo avuto più fortuna perché scriviamo canzoni orecchiabili e la gente le ricorda”. Questo è quello che raccontava, nel suo classico understatement, Cobain ad Azerrad. Ma Smells Like Teen Spirit è molto più di una canzone orecchiabile. E pensare che Krist Novoselic, all’inizio, aveva definito ridicolo quel riff di chitarra, e quella sembrava solo una delle tante canzoni che si provano, si registrano e poi, persa la cassetta, si perdono con questa. Quel giro di accordi però era facile da ricordare, e la canzone continuava a ritornare loro in testa. La prima volta che i Nirvana provano a suonarla dal vivo, all’OK Hotel di Seattle il 17 aprile 1991, è l’apoteosi. Il pubblico impazzisce e la band capisce di avere tra le mani qualcosa di speciale. Smells Like Teen Spirit è anche la prima canzone che la band suona davanti a Butch Vig al momento di registrare il disco. Il produttore pensa che sia un gran pezzo, continua a dire loro di suonarla ancora. In poche take è pronta. Vig suggerisce solo di sovraincidere la chitarra al momento del ritornello. Cobain, all’inizio, è restio: lui vorrebbe registrare tutto live, come se fosse in un concerto. Ma il produttore riesce a convincerlo spiegando che John Lennon, un idolo per Cobain, era solito doppiare le sue parti vocali. E che, sovraincidendo voci e chitarre, il suono sarebbe stato più potente. Il titolo Smells Like Teen Spirit nasce invece da una notte brava nell’appartamento di Cobain, una serata di sbornie e mobili sfasciati. Kathleen Hanna, della band delle Bikini Kill (di cui faceva parte Tobi Vail, la ragazza di Cobain) prima di crollare ubriaca, scrive alcune frasi col pennarello sul muro. Quel “Kurt Smells Like Teen Spirit” vuole essere un’offesa, vuol dire che odora di Teen Spirit, un deodorante in voga in quegli anni. Cobain non ne conosce l’esistenza e, qualche mese dopo, le chiede se può usare quella frase come titolo per la sua canzone.

In Bloom

Eppure la storia sarebbe potuta anche andare in un altro modo. Il primo singolo tratto da Nevermind avrebbe dovuto essere In Bloom, seconda traccia del disco e quarto singolo estratto. Immediata e orecchiabile, è un singolo perfetto, ed è il classico marchio di fabbrica Nirvana, strofa pacata e ritornello esplosivo. Inizialmente la canzone doveva chiamarsi Knows Not What It Means, come ripete ossessivamente Cobain alla fine del ritornello. Il testo può essere interpretato come un attacco ai maschilisti, a chi abusa degli altri. Ma pare che Cobain si rivolga ai fan casuali, che cantano in coro i ritornelli senza sapere di cosa parlino. In Bloom, tra l’altro, per la sua stessa natura è una delle canzoni che dal vivo scatenava sempre il coro del pubblico.

Come As You Are

E il primo singolo sarebbe potuto essere anche Come As You Are. C’era infatti una strategia della Geffen Records secondo cui Come As You Are sarebbe dovuto essere il singolo dedicato a far breccia nelle radio mainstream e Smells Like Teen Spirit quello per le radio alternative rock. Ma, come sappiamo, Teen Spirit fece breccia ovunque e Come As You Are divenne un ottimo secondo singolo. La canzone si basa su un riff molto simile a Eighties, una canzone dei Killing Joke, tanto che Kurt Cobain e la band temevano una causa legale da parte di quel gruppo, che però non è mai arrivata. Come As You Are, brano immediato e irresistibile, è circondato da un’aura ambigua e dolorosa. Tutto sta dentro quel verso, “I don’t have a gun”. È una frase che vuole comunicare amicizia, intenzioni pacifiche, eppure ha assunto un altro significato dopo il suicidio di Cobain. Il leader dei Nirvana, infatti, si uccise proprio usando un fucile.

Lithium

Lithium, il terzo singolo estratto da Nevermind, è uno dei più grandi successi dei Nirvana, una delle loro canzoni simbolo. È probabilmente il brano che, durante le registrazioni, costa il posto al batterista Chad Channing, che viene sostituito in corsa da Dave Grohl. Rischia anche di costare la voce a Cobain, che nelle prime registrazioni la forza così tanto da essere costretto a fermarsi. Quella che oggi ci appare con un perfetto anthem rock, un vero classico, per la band era davvero una brutta bestia. I musicisti in qualche modo acceleravano troppo il ritmo e così veniva a mancare quella pesantezza che è uno dei trademark dei Nirvana di Nevermind. Ma Butch Vig, come il Mr. Wolf di Pulp Fiction, risolve problemi. E propone a Dave Grohl, ormai in sella come batterista, di suonare con il click – un metronomo che aiuta a tenere il tempo – in cuffia. Lithium è la storia di un ragazzo depresso per la morte della sua ragazza che si rifugia nella religione per non abbandonarsi al suicidio. Ma dentro c’è ancora la rottura con Tobi Vail e i giorni passati a casa di un amico, figlio di due cristiani rinati.

Polly

Polly è la canzone più scarna del disco, Ed è anche la più controversa. La canzone è ispirata a un fatto di cronaca accaduto nel 1987: una ragazzina di quattordici anni era stata caricata su un camion da un uomo l’aveva torturata e stuprata. Il fatto è che in Polly la storia viene raccontata dal punto di vista dello stupratore: Cobain ovviamente non sta dalla parte dell’uomo, ne interpreta solo il ruolo. Ma, per un ascoltatore meno attento, la cosa può sembrare discutibile. In Polly ci sono solo la voce di Cobain e la sua chitarra, niente batteria, niente muro del suono. E c’è un errore a metà della canzone, quando Cobain attacca in anticipo a cantare “Polly said”. Ma quella cosa gli piace, decide di lasciare la canzone così e di cantarla in quel modo anche dal vivo.

Quella famosa copertina e quelle accuse senza senso

Spencer Elden posa di nuovo come nella cover di Nevermind.

E poi c’è quella famosa copertina, restata anch’essa nella storia del rock. E tornata alle cronache per le accuse di pedopornografia. Al centro infatti c’è un bambino, Spencer Elden, ritratto a 4 mesi, nudo, immerso in una piscina di Pasadena, California, dal fotografo Kirk Weddle. Nella foto quel bimbo sembra attratto da una banconota da un dollaro agganciata a un amo (che erano stati aggiunti in postproduzione). Cobain aveva visto un documentario sul parto nell’acqua. E il significato di un bambino che, appena nato, è già attratto dal denaro, è molto potente. Ai genitori del bambino fu dato un compenso, e al ragazzino fu regalato il disco di platino. Dopo trent’anni, Elden ha fatto causa per 150 mila dollari contro tutti quelli che erano coinvolti nell’operazione; Dave Grohl, Krist Novoselic, Courtney Love (la vedova di Cobain), il fotografo Weddle, il direttore artistico Robert Fisher, i curatori dell’eredità di Cobain e i discografici. Quella copertina, secondo lui, può essere considerata un contenuto pedopornografico. Qualcosa di assurdo, vista la chiara ironia dell’immagine e l’innocenza di un neonato, per altro stilizzato dal contesto molto particolare. Ma è assurdo anche perché, a 15 anni, Elden era apparso in un documentario sul disco, e al New Musical Express aveva detto di essere felice di aver fatto parte di quell’album. Un paio d’anni dopo Elden aveva posato nuovamente per riprodurre la fotografia dell’album, in bermuda, nella stessa piscina. E si è anche tatuato la scritta Nevermind. Non è proprio l’atteggiamento di chi si sente sfruttato sessualmente. Ma quei dollari, che profeticamente inseguiva in quell’immagine ironica, probabilmente oggi devono interessarlo molto.

Il figlio di un’America viziata

Quella copertina, quel famoso video, il volto da Gesù Cristo di Kurt Cobain. Tutto, nel giro di pochi mesi, è diventato iconico, è esploso, è arrivato ovunque. Il successo, come sappiamo, travolse i Nirvana e soprattutto Cobain. “Non voglio diventare una rockstar, ma non è che non ho abbastanza coraggio per farlo” disse nella famosa intervista ad Azerrad. Cobain aveva già capito tutto, e il suo disincanto si legge tutto in due frasi. “Il rock’n’roll si è già trasformato in una moda, o in qualcosa che la gente usa per scopare”. “Sono il prodotto di un’America viziata” diceva il leader dei Nirvana. E forse in qualche modo lo siamo tutti. Ed è per questo che i Nirvana fanno parte di noi.





[Fonte Wired.it]