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Verso la fine degli anni 90 non c’era praticamente un adolescente che non ne avesse almeno uno. Per diversi anni hanno rappresentato il sogno di molti ragazzini, l’incubo di altrettanti genitori e un fenomeno di massa che ha travalicato i confini del proprio Paese d’origine, il Giappone, per approdare nelle case di tutto il mondo, anche le nostre. Un piccolo dispositivo che ha dato vita a un filone di videogiochi basati su cura, virtual pets e tanto altro: stiamo parlando dei Tamagotchi.

Il giocattolo dalla forma a uovo sembra essere tornato di moda. Secondo quanto riporta la Bbc, le vendite sono più che raddoppiate tra il 2022 e il 2023 tanto che nel Regno Unito ha recentemente aperto un negozio dedicato a questa reliquia della cultura pop anni 90, una cosa che non era mai avvenuta nemmeno nel suo periodo di massimo boom.

Ovviamente non si vendono più vecchi dispositivi ormai obsoleti, ma nuovi modelli dalle molte funzionalità: si può giocare online, connettersi con gli amici e addirittura scaricare diversi oggetti utili per i nostri animaletti virtuali.

 

Una storia, un percorso, un mercato

Bandai Namco, una delle principali compagnie di videogiochi giapponesi e madre dei Tamagotchi, non ha mai smesso di puntare su una delle sue icone di maggior successo. Nonostante il declino degli ultimi decenni, Bandai ha continuato a svecchiare il brand producendo nuovi modelli e nuove funzionalità, inserendo i virtual pet in app del telefono, smartwatch dedicati, continuando a sostenere prodotti come Digimon, serie animata che prende a piene mani dal concetto di Tamagotchi per dar vita ai suoi mostriciattoli digitali. E questo perché la cultura del collezionismo, in Giappone, è radicata talmente tanto nel profondo da garantire un successo pressoché inevitabile. Bisognava soltanto aspettare che lo stesso fuoco attecchisse nel resto del mondo.

Che l’idea di curare un proprio virtual pet, nutrendolo, lavandolo e portandolo a spasso, fosse ancora amata da molti era sotto gli occhi di tutti. Sebbene il Tamagotchi in sé avesse perso il suo fascino, il concetto alla base della sua creazione è stato traslato in molti modi nel corso degli anni: prima proprio dai Digimon, con i loro digivice, dei dispositivi molto simili ispirati alla serie animata che hanno continuato a essere rilasciati negli anni e che contengono non un virtual pet, ma un digital monster. Poi c’è stata la volta di Pokèmon con il suo Pokewalker, letteralmente un Tamagotchi a forma di pokeball che permetteva di portare a spasso uno dei compagni catturati nei giochi principali. E con l’esplosione del mercato delle app per smartphone il fenomeno non ha fatto che aumentare, con decine e decine di applicazioni che hanno adoperato il concetto di virtual pets tra cui il famosissimo Pou.

Ad oggi, nel panorama che i Tamagotchi hanno contribuiti a creare, esiste tutto questo e molto altro, perfino altri brand di virtual pets come Punirunes Bitzee




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