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sabato, Mar 04

Obesità: perché è sempre più importante combattere gli stereotipi



Da Wired.it :

Non è facile parlane, eppure bisogna farlo. A chiederlo più che lo slogan scelto quest’anno in occasione del World Obesity Day, la giornata mondiale dell’obesità (Let’s talk about obesity) sono le dimensioni del fenomeno: si stima che al mondo siano 800 milioni le persone obese, tre volte tanto rispetto agli anni Settanta, e che solo nel 2035 potranno arrivare a sfiorare i due miliardi. È vero, il passo è stato diverso da paese a paese, ma il trend è chiaro ovunque. Senza uscire di casa, in Italia, è obeso circa il 12% della popolazione adulta: se è vero che dal confronto con la media europea il dato è relativamente buono (meno 5 punti), a guardarsi indietro non facciamo eccezione. Negli ultimi venti anni, come mostra l’Italian Obesity Barometer Report 2022, l’obesità è cresciuta del 40%. Se poi guardiamo ai bambini i dati, pur rimanendo sostanzialmente stabili negli ultimi dieci anni, sono ancora più preoccupanti e oggi si stima che circa il 27% sia in eccesso di peso. Se le percentuali rimangono astratte e difficile da cogliere, e volendo tradurre in numeri, oggi in Italia si contano circa 25 milioni di persone con problemi di peso, più di un terzo di tutta la popolazione (e tendenzialmente più al sud del paese). Parlarne, oggi più che mai, serve a far luce sul problema, a conoscerlo, e magari a combatterlo. Ma snocciolare i numeri non basta. 

Non esiste una sola causa di obesità

Che sia un problema, in termini di salute è infatti innegabile: l’eccesso di peso è infatti noto come una delle singole condizioni, da sola, capace di far impennare il rischio di diverse malattie – diabete e malattie cardiovascolari in primis, ma anche alcuni tipi di cancro – e responsabile di circa 2,8 milioni di morti l’anno. Ma parlare di obesità è un discorso solo in parte medico e decisamente più sociale: il basso livello di istruzione, così come il basso reddito, sono infatti entrambi fattori associati all’eccesso di peso, e a volte legati tra loro. Bassi livelli di istruzione e reddito influenzano gli stili di vita, le scelte alimentari, le possibilità di cura, contribuendo a gettare le basi per tutti quei comportamenti identificati come fattori di rischio – o preventivi – per l’aumento di peso. Anche se c’è chi sostiene che la relazione tra basso reddito e obesità potrebbe avere una direzione opposta, con il reddito come una conseguenza dell’obesità, in primis per effetto dello stigma associato alle persone in sovrappeso. 

Un discorso onesto sulle cause dell’obesità deve necessariamente tenere conto di questi fattori, accanto agli stili di vita e ai fattori biologici, come la predisposizione genetica. Serve parlarne, per contribuire anche a cambiare lo sguardo sull’obesità e, con questo, le strategie per contrastarla. E considerati numeri, trend e previsioni, dobbiamo quanto mai farlo. Ecco perché farlo, ecco perché serve superare luoghi comuni, ripetono oggi a gran voce i promotori del World Obesity Day. Cominciando proprio dal mostrare che non esiste una sola causa dell’obesità, e non esiste pertanto una sola soluzione e che per farlo serve superare la retorica del te lo sei cercato

Ambiente obesogenici

Così, se è vero ed è innegabile che la mancanza di equilibrio tra entrate ed uscite – in termine di calorie – è il motivo principale all’origine dell’obesità, come riconosce la stessa Organizzazione mondiale della sanità, entrate ed uscite sono in gran parte il prodotto di condizioni sociali e ambientali. Ovvero: non sono solo scelte personali, e arrivano da lontano. D’altronde la stessa epidemia di obesità è stata più volte rappresentata come il prodotto del benessere: il miglioramento delle condizioni sociali, igieniche, e delle possibilità economiche ha cambiato il nostro modo di vivere, compreso quello di mangiare. Sono cambiati gli spazi che abitiamo e sono cambiate anche le offerte sul mercato. Il mondo là fuori è diventato non di rado obesogenico, ripetono ormai da anni gli esperti: ci spinge a magiare di più, peggio, e a muoverci meno. Ma ce ne ricordiamo? L’arrivo di cibi ultra-processati, ricchi di sale, grassi e zucchero, e ad elevato contenuto calorico, più volte sotto accusa, è l’esempio più classico di come l’offerta – e il marketing – possano plasmare i consumi e influenzare gli esiti di salute. È particolarmente degno di nota, in questo campo, il caso della Repubblica di Nauru, in Micronesia, famosa per essere schizzata in cima alle classifiche dei paesi più obesi al mondo, complice appunto un cambiamento nelle abitudini alimentari che avrebbe favorito il consumo di cibi ultraprocessati. Non potendo coltivare cibi localmente, il paese è stato costretto a puntare sui cibi da importazione, specialmente quello meno costosi, come quelli lavorati. 

Fuori dal controllo della persona

Ai fattori sociali, ambientali e genetici si aggiungono poi quelli biologici – come predisposizione genetiche all’obesità – stress, cattivo sonno e terapie che possono favorire l’accumulo di peso, sfalsando il metabolismo, il funzionamento di ormoni e con questi la sensazione di appetito. Ricordare le cause dell’obesità serve più che mai, perché può aiutare a guardare alla condizione in modo diverso. Riconoscendone la natura multifattoriale con diverse componenti – ripetono da tempo organizzazioni e oggi di nuovo i promotori della giornata – fuori dal controllo della persona”, si solleva la persona dalla responsabilità della malattia. Senza per questo negare l’importanza delle azioni a contrasto che possono comunque essere intraprese per affrontare e prevenire il problema. 

Parlarne è necessario per mettere un freno allo stigma e agli stereotipi che colpiscono le persone con problemi di peso, che porta discriminazione, ma anche depressione, ansia, perdita di autostima, rifiuto del supporto clinico, disordini alimentari, ridotta attività fisica, alimentando il problema alla radice. La sensibilità al tema, almeno tra gran parte degli attivisti e degli esperti, è cresciuta negli anni, e il 4 marzo di tre anni fa sulle pagine di Nature Medicine, appariva un consensus statement che stilava una serie di raccomandazioni per incentivare una discussione onesta sul tema obesità. L’impegno, ieri come oggi, è a incentivare un dialogo che liberi le persone con obesità dalla narrativa di persone pigre, senza forza di volontà, che potrebbero solo seguire una dieta e fare più esercizio fisico. L’evidenza scientifica lo smentisce, ed è tempo che a tutti i livelli – personale sanitario, media, pazienti, politici – comincino a farlo, auspicavano gli autori. 



[Fonte Wired.it]