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lunedì, Mar 27

Oceani, e se l’idea per eliminare la CO2 peggiorasse il problema?



Da Wired.it :

Gli oceani si stanno acidificando: una minaccia che rientra tra i nove confini planetari da non superare. E che, appunto, stiamo superando: la CO2 prodotta dall’uomo contamina i mari del mondo a un tasso di 24 milioni di tonnellate al giorno. Così da tempo si pensa ad una soluzione semplice: e se oltre ad eliminare l’anidride carbonica dall’atmosfera, potessimo farlo anche dal mare? Dopo alcuni tentativi, un gruppo di ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (Mit) ha presentato recentemente una soluzione per questa crisi climatica, dichiarando di aver scoperto come rimuovere la CO2 dal mare in maniera efficace e perfino economica, attraverso un sistema elettrochimico. Una scoperta davvero rivoluzionaria che è però finita subito alla sbarra: sulla rivista Science un gruppo di 13 biologi marini di fama internazionale si è schierata contro questo tipo di innovazioni. Il motivo? Potrebbero alterare l’equilibrio biologico degli ecosistemi marini più profondi e innescare conseguenze perfino peggiori del problema che intendono risolvere. 

Impedire l’acidificazione degli oceani

L’anidride carbonica prodotta dalle emissioni antropiche sta condannando a morte anche le specie marine. Si stima che oggi gli oceani assorbano almeno il 30% di tutte le emissioni annuali di CO2 prodotte dall’uomo. 

A rischio sono plancton e mitili, fonte di approvvigionamento alimentare per molte specie marine e di equilibrio ambientale per la vita sott’acqua, ma l’acidificazione attenta anche alla produzione dei gusci dei molluschi e alla formazione degli scheletri dei coralli. Una questione così grave da rientrare tra i nove confini che non vanno sorpassati a livello planetario per consentire la vita umana così come oggi la conosciamo nel prossimo futuro. Per affrontare questo problema, da tempo i ricercatori si stanno misurando sulle soluzioni. Adesso, un pool di scienziati del Mit ha realizzato un sistema elettrochimico a doppia cella che sembra davvero promettente.

Ridurre la CO2 marina: la soluzione del Mit

Ecco come funziona l’invenzione dei ricercatori del Mit. Il sistema elettrochimico in oggetto, dotato di una doppia cella, rilascia protoni nell’acqua marina che trasformano i bicarbonati inorganici disciolti in anidride carbonica gassosa. La CO2 prodotta viene messa sotto vuoto, mentre l’acqua così depurata è spinta in una seconda cella dove la tensione inversa riesce a reintrodurre i protoni. Le due celle invertono periodicamente i propri ruoli, in modo che non ci sia mai carenza di protoni. Quest’invenzione promette di essere in assoluto più efficace anche dei sistemi Direct Air Capture (Dac) per affrontare la crisi climatica. Oggi i Dac sono impiegati per assorbire la CO2 presente nell’aria in superficie, ma data la grande concentrazione di questo gas nell’acqua marina rispetto a quanto è registrato nell’atmosfera l’invenzione del Mit sarebbe un grande punto di svolta nella lotta al riscaldamento globale.

Invenzioni pericolose per la vita sottomarina?

Se sembra davvero utile per assorbire la CO2, che attenta alla vita marina, secondo altri ricercatori questa invenzione finirebbe per danneggiare gravemente proprio fauna e flora oceanica. Lo affermano 13 biologi marini di fama mondiale, tra cui l’italiano Roberto Danovaro, che su Science hanno pubblicato un appello alla cautela: indispensabile da adottare quando si introducono nei grandi mari progetti di geoingeneria che potrebbero causare effetti devastanti. La critica degli scienziati non è circostanziata a quest’invenzione specifica del Mit ma si riferisce in generale ai progetti di ingegneria climatica applicati agli oceani. Ecco qual è la posizione del pool di ricercatori nell’appello pubblicato su Science: “Gli sforzi per sviluppare interventi climatici basati sugli oceani (Obci) per rimuovere e sequestrare l’anidride carbonica (CO2), gestire la radiazione solare o produrre energia rinnovabile hanno subito un’accelerazione. 

La soluzione migliore? Abbattere le emissioni

La  geoingegneria innesta soluzioni altamente tecnologiche nei nostri ecosistemi per ridurre in modo drastico la presenza di CO2. Si tratta a volte di chimere hi-tech che ricordano il paradosso descritto da Morpheus nel film Matrix, quando racconta al protagonista Neo di come l’umanità avesse deciso di oscurare il Sole per combattere le macchine che avevano preso il potere. Il risultato di questa scelta era stata la drammatica trasformazione del Pianeta in un luogo freddo e oscuro. 

Ecco, senza immaginare conseguenze così devastanti, molte soluzioni geoingegneristiche pensate per ridurre la CO2 negli oceani come quella proposta dal Mit sono fonte di grande preoccupazione per la comunità scientifica per gli effetti indesiderati (e spesso imponderabili) che potrebbero innescare. Per esempio, per ridurre l’acidificazione degli oceani è stato proposto di spargere in mare l’idrossido di calcio (calce idrata), per aumentarne il pH marino e ridurne l’acidità. Oppure coltivare macroalghe in piattaforme off-shore che possano supportare processi di fotosintesi. 

Di riflesso, si è pensato a diffondere nutrienti nelle acque oceaniche per creare microalghe capaci di catturare CO2, sempre attraverso il meccanismo di fotosintesi. In questi come in altri casi, il timore di biologi marini e di una buona parte della comunità scientifica risiede negli effetti: cosa potrebbe succedere, che non è stato considerato? Diffondere calce idrata, coltivare macroalghe e spargere nutrienti per creare microalghe potrebbe creare effetti indesiderati devastanti per fauna e flora oceanica, soprattutto sui fondali più profondi di cui ancora abbiamo una scarsa conoscenza in termini di equilibri biologici. Con l’aggravante di innescare processi difficili da frenare una volta avviati. La sola soluzione su cui concorda tutta la comunità scientifica per affrontare la stragrande presenza di CO2 negli oceani è usare le acque marine per produrre energia pulita: dalle onde, ad esempio, come attraverso piattaforme off-shore con pale eoliche o sistemi di sfruttamento dell’energia geotermica. Insomma, riducendo la dipendenza energetica dalle energie di derivazione fossile a favore dell’energia pulita: un modo diretto per ridurre la CO2 nei mari come nell’atmosfera. Meno affascinante di un’innovazione (apparentemente) rapida ed economica, ma di certo più sicura: in attesa di una soluzione che metta davvero d’accordo la comunità scientifica nella sua applicazione. La vita negli oceani sta soffrendo, ma decimarla per un errore di valutazione sarebbe un danno irreparabile.



[Fonte Wired.it]