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giovedì, Apr 22

Oggi esce Chinatown interiore, vincitore del National Book Award 2020. Intervista all’autore Charles Yu



Da Wired.it :

Edito da La nave di Teseo, mescola prosa e sceneggiatura. Con l’autore, che è stato story editor della prima stagione di Westworld, abbiamo parlato di Asian Lives Matter e di che cosa significhi essere americani di origine asiatica negli Stati Uniti di oggi

Chinatown interiore è un libro che sta facendo molto parlare di sé: ha vinto il National Book Award 2020 ed è stato finalista del prestigioso Prix Médicis étranger francese. In uscita oggi, 22 aprile, per La nave di Teseo, è un romanzo che mescola prosa e sceneggiatura, e che narra l’esistenza e la carriera di Willis Wu, un asiatico non meglio identificato” che tenta di sfondare nel mondo del cinema e al tempo stesso di mantenere in piedi i suoi rapporti famigliari e sentimentali. Willis Wu vive in una Chinatown popolata da asiatici di varie provenienze, in cui rappresentazione di sé e visione esterna stereotipata si incontrano nella quotidianità. Abbiamo parlato l’autore di Chinatown interiore, Charles Yu, della sua esperienza come americano di origine asiatica negli Usa di oggi.

Ci sono due domande importanti che vengono enunciate esplicitamente in Chinatown interiore e che vorrei porre anche a te: “chi ha la possibilità di essere Americano?” e “che aspetto ha un Americano?”.

“C’è qualcosa dell’essere asiatici negli Stati Uniti che porta molti a pensare che alla fine siamo sempre stranieri. In parte si tratta di motivazioni storiche, in parte è anche nostra responsabilità: dobbiamo  interrogarci in prima persona. Che è il tipo di lavoro interiore che compie anche Wills Wu, il protagonista di Chinatown interiore, quando si domanda se non sia egli stesso colpevole o responsabile del fatto di accettare le posizioni proposte all’“asiatico non meglio identificato” nell’industria cinematografica e nella società”.

Vari capitoli di Chinatown interiore sono introdotti da citazioni in esergo de La vita quotidiana come rappresentazione di Erving Goffman, che usa la metafora del teatro per sottolineare l’aspetto di performance della nostra vita sociale. Quanto è importante per te il tema della rappresentazione interiorizzata? 

“Ho scoperto il lavoro di Goffman per caso, in una libreria di Los Angeles. Ho iniziato a sfogliare il libro direttamente in negozio e poi l’ho comprato perché volevo assolutamente continuarlo; solo in seguito ho saputo che si tratta di una pietra miliare in campo sociologico. Nel frattempo ho iniziato a scrivere fiction e ad applicare alcune delle sue idee, che sono ancora molto potenti. In Chinatown interiore credo che uno dei punti fondamentali sia che Willis Wu non agisce le sue performance solo come asiatico o mancato attore, ma anche come padre, figlio e marito. In questo la rappresentazione supera l’aspetto etnico o l’aderenza o meno all’identità asiatico-americana, ma è parte fondamentale di ogni aspetto umano dell’esistenza”.

Senza spoiler, possiamo però dire che ci sono alcuni personaggi che ci fanno ben sperare in un futuro migliore per gli americani di origine asiatica. È così?

“Credo siano stati fatti molti progressi negli ultimi anni. Sicuramente nel corso della mia vita negli Usa [Yu ha 45 anni ed è nato a Los Angeles, NdR] si sono compiuti passi da gigante. Spero vivamente che le nuove generazioni di americani di origine asiatica possano essere veri Americani”.

Sullo stesso tema: che cosa pensi dei recenti attacchi alla popolazione di origine asiatica e del movimento Asian Lives Matter?

“Le ultime ondate di attacchi sono preoccupanti e mi creano molto disagio, ma non posso dire che siano uno shock o una novità. Nella situazione attuale alcune dichiarazioni pubbliche, per esempio il fatto che Donald Trump abbia chiamato il Covid-19 “Chinese virus”, hanno agito da detonatore per far emergere sentimenti forti di xenofobia e discriminazioni. Tuttavia, non è stato l’ex presidente degli Stati Uniti a inventare questi sentimenti o i luoghi comuni come quello in cui si dice che gli immigrati asiatici rubino il lavoro: Trump ha semplicemente premuto un bottone che ha permesso ad altri di esprimere questi pensieri a alta voce. Naturalmente si tratta di attacchi orribili ed è naturale che le persone vogliano protestare contro di essi, ma la vera questione è come far sì che le proteste occasionali divengano la piattaforma per azioni durature a livello politico. E che siano ricche di significato per tutte e tutti, non solo per gli americani di origine asiatica o altri gruppi”.

In Chinatown interiore viene più volte messa in luce la distanza tra la popolazione americana nera (legata al “peccato originale della schiavitù”) e gli americani di origine asiatica. Gli Usa cinematografici del romanzo, per esempio, mostrano un dialogo contrapposto tra bianchi e neri, mentre gli asiatici rimangono sullo sfondo. Politicamente non sarebbe possibile una maggiore alleanza? 

“Sicuramente. Gli americani di origine asiatica e la comunità black hanno molto terreno in comune per quello che riguarda le loro esperienze quotidiane e le proteste in atto. La mia speranza sarebbe quella che ci fosse una coalizione multirazziale che potesse lavorare insieme su questi temi, con persone di origine asiatica, nere, ma anche bianche ovviamente. Personalmente mi sono sempre sentito a favore e a supporto delle rivendicazioni degli americani neri – e viceversa”.

In un tuo recente saggio parli del fatto che nell’industria culturale ti trovi spesso a essere “l’unico Asiatico nella stanza”. È qualcosa di molto simile a quello che ci ha detto Nadeesha Uyangoda rispetto all’essere spesso la sola donna nera nelle stanze italiane di produzione culturale. Anche qui, qualcosa sta cambiando?

“Un paio di anni fa avrei risposto di no. Ma qualcosa sta cambiando rapidamente negli ultimi tempi. L’accesso all’industria culturale del cinema e della tv è ora un pochino più ampio. Questo è fondamentale, perché permette sia di costruire una rete differente sia pian piano di iniziare a raccontare storie diverse, trasformando così progressivamente la percezione di che cosa sia rappresentato o rappresentabile sullo schermo”.

Parlando della tua esperienza con la tv: come è stato scrivere e lavorare come story editor per la prima stagione di Westworld

“È stato incredibile. Era il mio primo vero lavoro con la televisione e non avevo idea di quello in cui mi stavo buttando. Semplicemente non potevo credere che quello fosse il mio vero mestiere!”.

Su che cosa ti stai concentrando adesso?

“Al momento sono molto impegnato con l’adattamento seriale di Chinatown interiore, che verrà prodotto da Hulu. E sto anche lavorando per un film. Insomma, niente libri: ne parleremo più avanti!”.

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[Fonte Wired.it]