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sabato, Feb 08

Oltre Sanremo: la canzone italiana raccontata dai libri



Da Wired :

7 libri per 7 giorni, e inevitabilmente sono i giorni di Sanremo: qualche titolo che ha raccontato la sua atmosfera, i suoi protagonisti, le sue liturgie e la metafisica inarrivabile della “canzone italiana”

Volenti o nolenti, febbraio è anche il mese del Festival di Sanremo. Oggetto di adoratori o detrattori, la kermesse dell’Ariston rappresenta ogni anno un interessante incrocio attorno al quale ci si interroga sul passato e il presente della musica italiana (e non solo), da quella pop al cantautorato. Sanremo è uno strano ibrido: da un lato ammaliato dalle mode del momento (vedasi oggi alla voce trap o twerking stile Elettra Lamborghini), dall’altro a tratti forzatamente spinto verso un impegno civile che si manifesta in monologhi scontati, lacerti di teatro e cover in memoriam. Sanremo dunque è altare o tomba della musica italiana? Proviamo a interrogarci sullo stato della canzone italiana, attraverso un percorso di saggi, romanzi e poesie che con Sanremo hanno a che fare in vari modi. 

Il primo libro da poter prendere in considerazione è sicuramente Storia culturale della canzone italiana uscito per il Saggiatore nel 2019 e scritto dall’esperto di musica pop Jacopo Tomatis. Il saggio si interroga sulla categoria di “canzone italiana” (o, dovremmo dire, all’italiana) ovvero su come si considerino – e si parli pubblicamente e storicamente – certe canzoni, per tematiche e tipologie, come autenticamente italiane (spesso grazie al viatico di Sanremo) a discapito di altre: si fa l’esempio lampante di Vieni via con me di Paolo Conte, canzone di qualità ma di scarso successo popolare.

Per Tomatis, questo ragionamento necessita di un cambio di prospettiva: non è tanto la canzone italiana come ad esempio Felicità di Al Bano e Romina a influenzare la cultura, ma viceversa, perché è piuttosto nell’idea dell’Italia come naturale “paese della melodia, fin dall’Ottocento, che canzoni come quelle trovano ragione, piuttosto che altre. “Così come la canzone non è la musica di sottofondo di un’epoca, anche i discorsi sulla canzone significano solo in relazione al contesto in cui avvengono”, scrive subito Tomatis. Ma attenzione, il libro non si dedica solo ai più melensi successi sanremesi: potenti solo le riflessioni sul mondo della musica progressive, sul beat, o la scena indie fiorentina degli anni Ottanta (Diaframma, Litfiba, eccetera), oppure sulla ricezione della musica rock in con interessanti riflessioni sul mercato discografico, la stampa e i supporti usati per la diffusione dei generi all’italiana.

Seguendo questa linea, possiamo segnalare Il romanzo della canzone italiana di Gino Castaldo (Einaudi) che parte da un evento magico: “All’inizio del 1958 tutto è pronto per cambiare, e tutto cambia. Ma gli italiani non ne hanno ancora la precisa percezione. Nell’aria c’è odore di miracolo economico, s’intravede un’inedita promessa di sviluppo. In fondo nessuno l’ha detto a chiare lettere, e per una di quelle sincroniche e stupefacenti coincidenze della storia, il compito di questa esplosiva rivelazione spetta a una canzone”. Sarà l’arcinota Nel blu dipinto di blu di Modugno che rappresenterà l’Italia nel Bel Paese e all’estero come un manifesto di speranza nel momento del boom economico. Anche per Castaldo canzone italiana e italianità sono termini che si parlano profondamente. È anche profondamente vero quanto dice: “Gli italiani non so come gli altri, gli italiani le canzoni le coltivano come pianticelle nei loro giardini sentimentali”. Il saggio parte dal cuore del canzone italiana stessa: quella napoletana, autentica e popolare ad un tempo. Passando più volte da Sanremo, costruisce una carrellata vivace tra figure note e meno note della canzone italiana (segnaliamo il capitolo su il compagno Sergio Endrigo, il ricordo di figure tragiche come quella di Bindi), tocca i topoi delle canzoni stesse per raccontare la storia italiana (come quando analizza il concetto stesso di “Estate”) fino ai giorni nostri. 

Non possiamo poi non menzionare, partendo anch’essa tra l’altro da Nel blu dipinto di blu, la vera e propria compilation di canzoni romantiche italiane scritta da Giulia Cavaliere per minimum fax in Romantic Italia. Di cosa parliamo quando cantiamo d’amore. Dai noti (Battisti, De Gregori) ai meno noti o giustamente da riscoprire e portare all’attenzione anche del pubblico meno attento (in particolare segnaliamo i già citati Endrigo e Bindi, e la stella scura del cantautorato italiano Piero Ciampi), passando da Sanremo fino a YouTube, per approdare anche agli odierni indie come Baustelle o alla dance alternativa di Cosmo, oppure ancora a Iosonouncane o i TheGiornalisti, il libro della Cavaliere dimostra come parlare d’amore non significa sempre e solo parlare di un amore borghese o nazionalpopolare à la Pizzi, nel “tentativo di ragionare/raccontare alcuni brani che.. hanno avuto una grande importanza nella narrazione del sentimento amoroso italiano”, per stili, tematiche, episodi, diversissimi tra loro e, cosa importante, stando sempre, dice l’autrice, “dalla parte dell’ascoltatore”. 

Se i precedenti volumi approfondivano in modo studiato e originale la passioni della canzone italiana nel Novecento o lo stesso concetto di canzone italiana, come forma e cuore sentimentale (in senso lato) dell’italianità almeno dal secondo dopoguerra in poi, il volume del 2016 di Valerio Mattioli, Superonda. Storia segreta della musica italiana (Baldini&Castoldi) pare di primo acchito muoversi sul lato apparentemente opposto, pur dedicandosi a un’eccellenza italica d’avanguardia in un determinato periodo storico (dal 1964 al 1976). Si concentra cioè sui lati diremmo quasi freak, colti e sperimentali della tradizione musicale italiana, dimostrando come, in parallelo all’epopea sanremese, si debba indicare un fiume carsico di grandi innovatori, da Morricone, Battiati agli Area, dai Goblin al free jazz, che hanno saputo esportare genio e fare grande l’Italia all’estero, attraverso anche prodotti quali lo spaghetti western o i film horror di Dario Argento, e anzi proprio diffondendosi nella costante relazione con il cinema e l’arte in primis: puntuali e interessanti sono i riferimenti proprio a questi due mondi, gli incroci e gli aneddoti, nonché le date, i festival underground e gli eventi significativi di questa relazione a tre musica-cinema-arte. Come opera questa onda occulta della musica italiana? Certo anche in contrasto con la musica popolare e romantica: “All’iperbolico melodismo marchio di fabbrica della patria di Verdi e di O’ sole mio”, scrive Mattioli, “sostituirono traiettorie inquiete che suggerivano un’idea di italianità enigmatica e per nulla agiografica”. Mattioli lo chiama da subito spaghetti-sound, coniando un termine che mette in parallelo al kraut rock tedesco, ma è importante sottolineare che questa linea, che nel libro si focalizza soprattutto sul rock – come genere in fondo di confine tra melodia e cacofonia sperimentale – nelle sue varie forme, pur negando apparentemente il formato-Sanremo, mai vi prescinde totalmente quanto vi interagisce, prova a dialogare. 

La musica italiana è fatta così non solo di pop ma di tante eccezionalità-nella-norma, e i libri di Cavaliere e Mattioli ce ne parlano abbondantemente. Uno di questi è, per mito e tragedia, sicuramente Luigi Tenco. Tanti i volumi dedicati alla sua musica, ma soprattutto al suo tragico epilogo denso di mistero in quella notte all’Hotel Savoy dove fu trovato senza vita per le conseguenze di un colpo di pistola alla testa. L’ultimo da segnalare è Vita di Luigi Tenco di Aldo Colonna (Bompiani). Raccontando vita, morte e miracoli del cantautore genovese, Colonna si sofferma su alcune delle sue più celebri canzoni oppure su quella notte dell’ipotizzato suicidio, cercando di sfatare ogni mitologia, ma con occhi nuovi. “Quella di Tenco è una saga distopica”, scrive, “noi proveremo a narrare come più o meno sono andate le cose”. Sarà possibile prescindere dall’unicità e complessità di uno come Tenco? Sta al lettore del libro di Colonna decidere. 

E gli scrittori italiani, in tutto questo? Come reagiscono ai miti di Sanremo, della canzone italiana e dei grandi cantautori (spesso loro stessi prestati alla scrittura, come di recente, nei casi migliori, Francesco Guccini e Roberto Vecchioni)? L’elenco di opere che trattano il tema non è, in realtà, nutritissimo. Conta però un romanzo di un autore italiano tra i più bravi e versatili, Alessandro Zaccuri che, attorno a Sanremo, ai suoi misteri e ossessioni, ha scritto Infinita notte (Mondadori). Ambientando una serie di intrecci amorosi ed esistenziali nella settimana del festival, più che interessarsi al palco stesso – l’eco delle canzoni pop rimbalza qua e là nel romanzo anche per i titoli dei capitoli, vere e proprie citazioni da canzoni note – Zaccuri pare voler esplorare i bassifondi e l’elemento notturno della settimana sanremese, fino a toccare elementi quasi angelici in alcuni personaggi. Manager in attesa di concupire femmes fatales, figli in attesa di una resa dei conti col padre, e una selva di giornalisti che rappresentano le bolge sanremesi paiono tutti personaggi in attesa di redenzione. Un romanzo corale che racconta Sanremo in negativo e che l’autore non ha avuto paura di definire un romanzo cattolico sul festival e la sua via crucis esistenziale (si pensi ancora alla vicenda Tenco, d’altronde). 

A conclusione, non proprio un repechage, ma un esperimento che a suo tempo ebbe un senso e che portò anche una ventata di novità nella collana di poesia Einaudi. Tre scrittori italiani esplosi dalla Generazione dei Cannibali, Raul Montanari, Tiziano Scarpa e Aldo Nove si divertirono sapientemente a coverizzare in versi alcuni dei classici del rock e del pop straniero in Nelle galassie oggi come oggi. Covers. Il risultato fu non solo poeticamente convincente, ma anche piacevolmente reso in uno spettacolo che girò un po’ per l’Italia. Dai Police ai Kraftwerk, dai Pink FLoyd ai Nirvana fino a Björk e i The Cure, tanti classici sui generis, alcuni orecchiabili altri meno, resi sonetto per riascoltare il modo diverso – magari prescindendo dalla noiosa serata delle cover sanremese – voci e atmosfere per anni canticchiate o mimate a suon di air guitar. E dove però, in modo a volte ironico, a volte violento, il sentimento non era di certo bandito, come da tradizione stilnovistica tutta italiana, alla quale la canzone d’amore italiana pare pur sempre richiamarsi. 

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[Fonte Wired.it]