L’Osservatorio Vera C. Rubin è situato sulla montagna cilena Cerro Pachón, a più di 2.600 metri di altitudine. Ed è proprio da questo luogo remoto che, secondo gli esperti, rivoluzionerà l’astronomia moderna, realizzando la più estesa mappatura continua del cielo australe mai tentata prima.
Le primissime immagini sono già state svelate, mentre il resto dei dati raccolti finora (in circa dieci ore di osservazioni) verranno mostrati nel corso di diversi eventi che avranno luogo contemporaneamente oggi, lunedì 23 giugno, e che verranno mostrati in live-streaming sul canale Youtube di MediaInaf e su quello dell’Osservatorio Vera C. Rubin stesso.
Una collaborazione internazionale
Frutto di una vasta collaborazione scientifica internazionale, l’Osservatorio Vera C. Rubin è stato progettato per “filmare” letteralmente il cielo nel corso dei prossimi dieci anni, grazie alla Legacy Survey of Space and Time (Lsst). Si tratta di una campagna osservativa che ogni notte raccoglierà una quantità di dati sull’universo senza precedenti (nello specifico circa 20 terabyte a notte). Capofila di questa imponente impresa sono il National Science Foundation (Nsf) e il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti (Doe), in collaborazione con il NoirLab e lo Slac National Accelerator Laboratory.
Dal 2017 l’Italia partecipa attivamente al progetto attraverso l’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), che coordina il contributo italiano all’analisi scientifica dei dati. “L’astrofisica che si potrà fare con Rubin è estremamente diversificata: una singola campagna osservativa ci permetterà di rispondere a temi scientifici molto vasti, che riguardano la nostra Galassia ma anche la materia oscura, il nostro Sistema solare e anche i fenomeni più imprevedibili che si verificano nel cielo”, commenta Sara (Rosaria) Bonito, che rappresenta l’Inaf nel Board of Directors della Lsst Discovery Alliance del Vera C. Rubin Observatory ed è co-chair della Transients and Variable Stars Science Collaboration. “Differenti gruppi di ricerca da tutto il mondo con differenti competenze hanno contribuito all’ottimizzazione della strategia osservativa e allo sviluppo di metodologie di analisi dati interdisciplinari. Il progetto coinvolge modelli teorici, big data e data science per indagare ambiti che vanno dalle esplosioni di supernove ai nuclei galattici attivi, fino alle stelle in formazione”.
La fotocamera astronomica più grande di sempre
Al centro del progetto, spiegano dall’Inaf, c’è la fotocamera astronomica più grande mai costruita: 3.200 megapixel, capace di riprendere ogni notte enormi porzioni del cielo australe con sensibilità e risoluzione eccezionali. Ogni immagine copre un’area del cielo grande come 45 volte la luna piena, e per ammirarla in tutta la sua risoluzione servirebbero 400 monitor televisivi da 4K.
Inoltre, il Rubin Observatory sarà in grado di puntare una nuova porzione di cielo in meno di cinque secondi, osservando l’intero cielo australe in circa 3-4 notti. Nel corso del prossimo decennio, l’Osservatorio Vera C. Rubin sarà dunque in grado di riprendere ogni regione del cielo circa 800 volte, creando così un vero e proprio “lungometraggio” del cosmo ad altissima risoluzione.
Chi era Vera Cooper Rubin
L’astronoma che dà il nome all’osservatorio, nata nel 1928 a Filadelfia (Stati Uniti), è stata una pioniera nello studio della rotazione delle galassie e, insieme al collega Kent Ford, ha fornito le prime prove convincenti dell’esistenza della materia oscura.
Nel 1993, Vera Rubin ha ricevuto la più alta onorificenza scientifica statunitense, la National Medal of Science, e nel 1981 è stata eletta alla National Academy of Sciences. È morta nel 2016 a Princeton (Stati Uniti).