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mercoledì, Feb 14

Outing a Mahmood e Mengoni: cari Gomez e D’Agostino, è un gesto violento



Da Wired.it :

Lunedì 13 febbraio, nello studio del programma Chesarà… di Serena Bortone su Rai 3, commentando il Festival di Sanremo appena concluso, i giornalisti Peter Gomez e Roberto D’Agostino si sono lasciati andare a dichiarazioni molto problematiche riguardo l’orientamento sessuale di Marco Mengoni, conduttore della prima serata del Festival, e Mahmood, sesto classificato in gara. “Lo scorso anno ci fu lo scandalo per il bacio di Rosa Chemical a Fedez. Quest’anno Mengoni, che è gay dichiarato, con il giochino dell’ammazzamosche ha baciato solo donne”, ha detto D’Agostino. “Anche Alessandro è gay dichiarato”, ha aggiunto poco dopo Peter Gomez riferendosi a Mahmood e raccontando un episodio relativo all’infanzia del cantante.

Quello andato in scena è un (doppio) outing da manuale, ossia la dichiarazione pubblica dell’orientamento sessuale – o dell’identità di genere – di personaggi pubblici senza il consenso dei diretti interessati che, sul tema, non si sono mai espressi. Non hanno cioè mai fatto coming out rispetto alle proprie preferenze, checché ne dicano Gomez e D’Agostino. Le dichiarazioni hanno subito agitato i social network, dove molti utenti hanno fatto notare la sciatteria di queste affermazioni. E sebbene qualcuno sottovaluti la portata dell’episodio, si tratta a tutti gli effetti di una violenza: l’outing rivela qualcosa di molto delicato che attiene all’identità più profonda di un individuo, che dovrebbe essere libero di rivelarsi (se e) quando si sente in grado di farlo. Il fatto che si stia parlando di personaggi pubblici non cambia nulla.

Il rispetto per il coming out

Quella di dichiararsi al mondo è una scelta che è conseguenza di mille contesti, sensibilità e sfumature. Per decenni, “l’uscita dall’armadio” è stata per tantissime persone un passaggio temuto e terrificante, che poteva costare la casa, gli affetti, il lavoro e i legami con la propria famiglia. Tante cose sono cambiate, ma non viviamo certo in una società che ha normalizzato né totalmente accettato tutto ciò che si allontana da una visione binaristica e conservatrice. Nella comunità lgbtqia+ è andato aumentando, nel corso del tempo, il rispetto verso questo passaggio così delicato. E tale rispetto dovrebbe essere esercitato anche al di fuori della comunità.

È facile intuire perché D’Agostino e Gomez si siano avventurati in quelle che sono a tutti gli effetti illazioni: Mahmood e Mengoni rappresentano un tipo di mascolinità non convenzionale. Indossano gonne, maglie trasparenti e non ostentano per nulla machismo e virilità. Nel 2024 questo non può e non deve lasciar presumere che queste persone siano gay. Anche perché esiste uno spettro di orientamenti che i due commentatori neppure considerano: la bisessualità, la pansessualità, l’asessualità. Insomma, che cosa c’entra come uno si veste o si atteggia – la cosiddetta espressione di genere – con l’orientamento sessuale? Se non è l’identità di genere a definire l’orientamento – e su questo, si spera, siamo tutti d’accordo -, come può farlo il colore dello smalto o l’uso di paillettes su un abito?

Normalizzare questo tipo di insinuazioni è inaccettabile e anti-storico. Non solo per Mahmood e Mengoni, che possono sonoramente alzare le spalle e andare oltre, ma per tutte le persone più o meno giovani là fuori, che sono nel pieno di un percorso di accettazione e conoscenza di sé, che sentiranno minata la propria riservatezza, convincendosi che la sessualità altrui sia un tema da dibattito alla macchinetta del caffè. Non è così. Se lo fanno due giornalisti, perché non dovrebbero farlo due colleghi, i parenti o gli amici? Non è accettabile. Mengoni, Mahmood e chiunque là fuori deve sentire una condizione di libertà per affrontare il proprio percorso senza forzature, ma soprattutto senza uno sguardo pronto a inferire e infierire con i tempi e le modalità che reputa più giuste.



[Fonte Wired.it]

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