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sabato, Ott 12

Pagamenti digitali, a che punto sono in Italia?


Mentre il governo pensa a incentivarli, ecco un punto sui sistemi che rinunciano al contante: il trend è in costante crescita

Image by Ahmad Ardity from Pixabay

I dettagli, al netto delle ricostruzioni giornalistiche, su come il governo intenda intervenire potrebbero emergere dopo il Consiglio dei ministri convocato per lunedì 14 ottobre. La strada, però, appare segnata: incentivare i pagamenti digitali come misura per la lotta all’evasione fiscale.

Qual è però la base di partenza? Quanto, in altre parole, sono già diffusi nel nostro Paese? Stando ai dati dell’Osservatorio mobile payment del Politecnico di Milano, nel 2018 il 37% dei pagamenti effettuati dalle famiglie italiane è stato completato con una carta di credito o di debito. Un giro d’affari da 240 miliardi di euro, in crescita su base annua del 9%.

Il numero di transazioni pro capite l’anno è salito da 60 euro a 69,6 euro, mentre il valore medio è sceso da 60,5 euro a 57 euro. Segno che la carta si inizia ad usare anche per importi più bassi ovvero, detto altrimenti, che si utilizza più frequentemente anche per le spese quotidiane. La strada da percorrere, però, è ancora lunga.

L’infografica è basata su dati dello Euromonitor international consumer finance 2019 edition forniti a Wired da Nexi. Azienda, è opportuno precisarlo, che si occupa di fornire infrastrutture per i pagamenti digitali e quindi ha tutto l’interesse che il Paese vada in questa direzione.

Secondo questi numeri, in Italia nel 2018 solo il 26% delle transazioni è avvenuto con una carta, una stima inferiore rispetto a quella del Politecnico, contro una media europea del 53,5%. Tra le nazioni considerate fa peggio solo la Germania, che non va oltre il 17%.

Eppure in Italia c’è interesse verso modalità di pagamento che vadano oltre il contante. Lo dimostra la vera e propria esplosione dei cosiddetti new digital payment, ovvero quelli con carta contactless o da mobile, registrata dal Politecnico di Milano. L’aumento nel 2018 è stato del 56%, per transazioni pari a 79 miliardi.

Il 2018 è stato l’anno che ha visto il sorpasso dei new digital payment effettuati in prossimità, ovvero direttamente in negozio, su quelli eseguiti da remoto. Questo significa che anche questo tipo di pagamenti digitali si sta diffondendo anche nella pratica quotidiana. Il Paese sembra insomma aver già intrapreso la strada indicata dal governo.

L’osservatorio del Politecnico consente anche di capire come si suddividano questi pagamenti rispetto alla modalità scelta per effettuarli. La rappresentazione in questa infografica, dove uno spazio più grande indica una maggiore quota di mercato, un colore più scuro un incremento su base annua più significativo.

Come si può notare, la parte del leone la fanno le carte contactless, che da sole hanno visto transazioni per 47 miliardi, con un aumento del 100% rispetto allo scorso anno. Anche se l’incremento più significativo ha riguardato il mobile proximity payment, ovvero il pagamento in negozio tramite smartphone. Per quanto abbia movimentato solo 530 milioni di euro, è cresciuto del 650% rispetto al 2017.

Ora, uno dei temi che emerge quando si parla di incentivo ai pagamenti digitali è quello legato ai costi di commissione. L’argomento utilizzato riguarda la necessità di ridurli nel momento in cui si obbligano i commercianti ad accettare qualsiasi forma diversa dal contante. In realtà, sempre secondo dati forniti a Wired da Nexi, sarebbero tra le più basse in Europa.

Come si può vedere, a fronte di una commissione media dell’1,2%, in Italia su ogni transazione con carta di credito si paga l’1,1% (il dato è aggiornato al 2014). Solo in Belgio (1%), Francia (0,7%) e Spagna (0,6%) si spende meno.

Alla politica il compito di decidere se siano adeguate o se debbano essere riviste per legge. I dati dicono però che, sebbene ancora minoritario, l’interesse verso forme di pagamento digitale sta crescendo nel Paese. Questione di comodità, senza dubbio. Che poi questo possa contribuire a combattere l’evasione fiscale non è che un positivo effetto collaterale.

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