Lo scandalo Paragon si arricchisce di nuovi dettagli. L’ombra dello spionaggio si allunga ora anche sulle email di don Mattia Ferrari, cappellano di bordo dell’ong Mediterranea saving humans. Dopo il già noto tentativo di intrusione nel suo telefono emergono ora indizi che anche la sua corrispondenza elettronica sia stata intercettata, come racconta il quotidiano Domani. A rendere il caso ancora più delicato è il fatto che don Ferrari fosse in contatto diretto e frequente con papa Francesco, il pontefice scomparso lo scorso 21 aprile. Se confermata, l’intrusione potrebber aver esposto anche comunicazioni riservate con Bergoglio.
Secondo quanto emerso dai controlli effettuati dai consulenti della ong Mediterranea, le email del sacerdote sarebbero state sistematicamente reindirizzate verso un server esterno, la cui proprietà e localizzazione restano al momento ignote. Questa scoperta solleva interrogativi sulla sicurezza informatica vaticana: come abbiamo raccontato su Wired, in Vaticano manca un’autorità focalizzata sulla cybsersicurezza. A provare a supplire è un gruppo di 90 cybervolontari che quotidianamente monitorano le infrastrutture informatiche della Santa Sede. Senza, peraltro, contatti ufficiali con le gerarchie ecclesiastiche.
L’audizione di Citizen Lab alla commissione Libe
Le implicazioni del caso don Ferrari sono emerse in un contesto istituzionale ben più ampio. Nelle giornate del 13 e 14 maggio, il Working group on democracy, rule of law and fundamental rights (Drfmg) del Parlamento europeo ha dedicato una serie di audizioni allo stato delle libertà fondamentali in Italia, affrontando anche il tema dell’uso degli spyware. In particolare, durante una sessione della commissione Libe, il ricercatore John Scott-Railton di Citizen Lab — il laboratorio che ha condotto le analisi forensi sui dispositivi delle vittime di Paragon — ha descritto la vicenda dello spyware Graphite come “solo la punta dell’iceberg”, attribuendo “grandi responsabilità” ai governi nazionali nella diffusione di questi strumenti di sorveglianza. Ha denunciato inoltre la reticenza con cui molti Stati membri affrontano la questione a livello interno, evitando di chiarire se e come ne facciano uso.
Le rivelazioni sul caso Paragon hanno preso avvio quando Meta ha avvisato un centinaio di persone tra giornalisti e attivisti di essere finite nel mirino del software spia Graphite, prodotto dall’azienda statunitense (ma nata in Israele). Tra le vittime accertate figurano Francesco Cancellato, direttore di Fanpage, Ciro Pellegrino (altro giornalista di Fanpage), e Luca Casarini, storico attivista e cofondatore di Mediterranea saving humans. Quest’ultimo, secondo le analisi di Citizen Lab, sarebbe stato oggetto di sorveglianza già da febbraio 2024, in quello che appare come un monitoraggio sistematico e di lunga durata.