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sabato, Gen 30

Per capire l’efficacia della vaccinazione anti-Covid bisogna guardare verso Israele



Da Wired.it :

È il paese in cima alla classifica per numero di vaccinazioni per unità di popolazione, grazie a un efficiente sistema di arruolamento e somministrazione. Ma ancora i dati che arrivano da lì possono dirci per ora poco

(foto: Sander Crombach on Unsplash)

Il record di Israele. Come ha fatto Israele? Israele leader nelle vaccinazioni. Nelle ultime settimane sulle pagine dei quotidiani di tutto il mondo si è parlato molto di Israele. Il motivo, appunto, ha a che fare con la campagna vaccinale implementata nel paese. Al momento infatti Israele è davvero leader indiscusso nelle campagne di vaccinazione mondiali avviate con i primi vaccini: secondo i dati riportati da Our World in Data il paese ha un tasso di vaccinazioni – per singola dose – oltre 50 per 100 persone, davanti a Emirati Arabi e Regno Unito. Per un totale di oltre 4,5 milioni di vaccinati, quasi metà della popolazione del paese, poco più di 9 milioni di persone.

Prima si vaccina, prima arrivano i risultati

Questa velocità ha catapultato il paese al centro dell’interesse mondiale. Ci si è chiesti, infatti, cosa abbia reso possibile una campagna vaccinale così veloce (seppur non senza ombre e criticità, tra timori di esitanza vaccinale in alcune fasce della popolazione e categorie precluse per ora, come i palestinesi). Di fatto finora il piccolo paese si è distinto per un efficiente sistema di organizzazione, programmazione e somministrazione dei vaccini. E, prima si riesce a vaccinare, prima si dovrebbero vedere i risultati della vaccinazione. Motivo per cui gli scienziati – come il virologo dell’Università del San Raffaele di Milano Roberto Burioni o il neurobiologo Giorgio Gilestro dell’Imperial College London, tra gli altri – hanno sottolineato nei giorni scorsi l’importanza di seguire da vicino i dati che arriveranno dal paese, ancora sotto un lockdown che rischia di essere esteso. Perché molto potrebbero dirci sull’efficacia della vaccinazione.

Qualche indizio comincia già ad arrivare e potrebbe aiutare anche a comprendere meglio l’efficacia di programmi diversi da quelli testati nelle sperimentazioni, come quello adottato dal Regno Unito, indirizzato verso il ritardo nella somministrazione della seconda dose di vaccino, così da distribuire il farmaco agli inizi più persone possibili. Quanto preziosi siano questi dati è ben chiaro, come ha sottolineato anche l’accordo tra Pfizer e Israele proprio per la loro condivisione.

Strategie vaccinali e dati di efficacia

Proviamo a rimettere il fila dunque i primi risultati che arrivano da Israele. La scorsa settimana erano arrivati i risultati dell’analisi del tasso di positività sulla popolazione over 60 vaccinata o meno dopo una sola dose di vaccino. I dati mostravano che una singola dose riduceva di circa un terzo le infezioni dopo 14 giorni dall’iniezione. Circa il doppio invece aspettando qualche giorno in più. E sul momento tra chi vedeva il bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto, ha prevalso il sentimento dell‘attesa, come sottolineato soprattutto dalle voci che arrivavano dal Regno Unito, paese appunto che per scelta ha deciso di ritardare la somministrazione della seconda dose.

“I dati che arrivano da Israele sono insufficienti a dimostrare che l’attuale strategia del Regno Unito di ritardare la seconda dose sia in qualche modo sbagliata”, aveva commentato proprio in proposito Stephen Evans, della London School of Hygiene and Tropical Medicine, come riporta la Bbc. In effetti i dati erano (e sono) fin troppo preliminari e potevano raccontare poco sull’efficacia di una singola dose nel mondo reale e a maggior ragione del vaccino somministrato secondo programma. Nei giorni successivi altri però se ne sarebbero aggiunti, seppur, va detto ancora preliminari e facevano pensare a una protezione piuttosto elevata con due somministrazioni del vaccino, riassume il New York Times citando i dati diffusi dal ministero della salute e dal Maccabi Health Services, che parlavano di percentuali bassissime di positivi tra centinaia di migliaia di vaccinati, dal 0,01% allo 0,014%.

Nei giorni successivi i dati rilasciati dal ministero avrebbero sottolineato di nuovo l’efficacia, con lo 0,04% di positivi tra oltre 700mila vaccinati, e nuovi arrivati dal Maccabi Health Service parlano di un’efficacia del 92% secondo il Times of Israel. Indizi a favore dell‘efficacia del vaccino sembrano arrivare anche indirettamente, per esempio analizzando i dati sulla perdita delle giornate lavoro del personale sanitario, tra i primi a ricevere il vaccino, come ha raccontato Burioni su Medical Facts.

Quali saranno i primi effetti delle vaccinazioni?

Ma serve aspettare, ancora, almeno qualche altra settimana. È troppo presto per prendere per buoni i risultati che arrivano da Israele. Se i vaccini stanno avendo i risultati sperati, è ancora troppo presto per separarli dalle altre misure messe in campo contro il coronavirus e apprezzarli sistematicamente sull’andamento generale dell’epidemia nel paese. Che serva tempo lo ha ribadito anche Ran Balicer epidemiologo del Clalit Health Services, di Tel Aviv, come riporta Nature. Non solo per estrapolare delle stime sull’efficacia dei vaccini nel ridurre il tasso di infezioni tra chi riceve le iniezioni, o sulla capacità di ridurre le ospedalizzazioni e le forme gravi della malattia (come pure sembrerebbe), ma soprattutto per capire gli effetti indiretti che la vaccinazione può avere sulla popolazione, proteggendo le persone non vaccinate. Se presente questo sarà probabilmente tra gli ultimi effetti a manifestarsi, spiegano gli esperti.

 

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[Fonte Wired.it]