Un passo in avanti verso il riconoscimento della cucina italiana come patrimonio dell’Unesco. A sancirlo è un documento tecnico dell’Organizzazione delle Nazioni unite che si occupa di educazione, scienza e cultura. Il dossier per la candidatura della cucina italiana come patrimonio dell’Unesco (nello specifico, patrimonio culturale immateriale) andrà al voto dell’assemblea dei Paesi componenti tra l’8 e il 13 dicembre a New Delhi, in occasione della ventesima sessione del Comitato intergovernativo dell’Unesco. Ma questo primo via libera tecnico lascia ben sperare sull’esito del voto, che dovrebbe svolgersi il 10 dicembre.
Ma cosa si legge nel testo licenziato il 10 novembre dall’ente culturale dell’Onu? L’Unesco ha deciso di iscrivere il dossier di candidatura del Belpaese, intitolato La cucina italiana, tra sostenibilità e diversità bioculturale, nella lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell’umanità. Il primo passo verso il voto ufficiale. Questo perché il comitato riconosce la cucina italiana come “un insieme di pratiche sociali, rituali e gesti basati sulla produzione, la trasformazione, la condivisione e il consumo del cibo” e che il dossier presentato da Roma rispetta una serie di criteri funzionali al conseguimento del titolo.
Cosa ha deciso l’Unesco finora
L’iscrizione di un bene culturale nella lista del patrimonio immateriale dell’Unesco è un processo che viene sottoposto alla valutazione e al voto dei Paesi che compongono l’organizzazione. Occorre dimostrare che la candidatura risponde a una serie di criteri che ne riconoscono il valore per l’umanità e, dunque, la necessità di tutela. All’Italia ne sono già stati riconosciuti 19 (di cui alcuni in condivisione con altri Stati), tra cui l’Opera dei pupi siciliana e la liuteria cremonese.
Come si può leggere nel documento, il comitato sottolinea che la cucina italiana “riflette la diversità bioculturale, la sostenibilità e la trasmissione delle conoscenze”, affondando le proprie radici “nel contesto rurale” ma capace di “includere interpretazioni moderne che continuano a rispettare i metodi tradizionali”. Agricoltori, produttori, cuochi, famiglie e comunità sono parte integrante di una pratica che “rappresenta un momento fondamentale di socializzazione e un’espressione dell’identità culturale, spesso legata al ritmo delle stagioni e alla biodiversità locale”.
Secondo l’Unesco, la cucina italiana “è una tradizione vivente trasmessa all’interno delle famiglie e delle comunità”, che “promuove pratiche sostenibili come la riduzione degli sprechi alimentari e la conservazione degli ingredienti locali”. I rituali legati alla tavola rafforzano “i legami sociali e il dialogo intergenerazionale”, offrendo al tempo stesso “creatività e ospitalità” come tratti distintivi.
La candidatura italiana, afferma il comitato, dimostra che l’iscrizione “contribuirà ad accrescere la visibilità e la consapevolezza del patrimonio culturale immateriale”, ponendo il cibo al centro del dialogo fra culture e come “veicolo di sostenibilità e diversità culturale”.



