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venerdì, Gen 29

Per mettere al sicuro Sanremo ci vorrebbe la DeLorean di Ritorno al futuro



Da Wired.it :

Il 29 gennaio 1951 andava in scena il primo Festival della Canzone Italiana. Poche serate, pochi cantanti, poco pubblico e più distanziato. E se tornare alle origini (e all’essenziale) fosse la soluzione per affrontare l’edizione più difficile di sempre?

      “Il pubblico era scarso, tanto che fu necessario trovare
delle persone da sistemare ai tavolini rimasti vuoti
nella grande sala.” 
Da Non solo canzonette, Leonardo
Campus, Le Monnier, 2015

(Foto: www.rai.it/programmi/sanremo)

Spiace, ma per prepararsi spiritualmente a questa 71esima edizione del Festival della Canzone Italiana non basta ripetere come un mantra “perché Sanremo è Sanremo”, con tanto di parappappapara e santino di Pippo Baudo tra le mani. Non basta nemmeno ascoltare la litania del conduttore e direttore artistico Amadeus, che a ogni piè sospinto garantisce la piena sicurezza: “O così o niente” (da ieri “o compatti o niente”). A circa un mese dall’inizio della kermesse, oggi che è il suo compleanno si hanno poche certezze e già si contano parecchie, troppe polemiche.

Riassunto per chi era distratto fino a ieri. Prima, lo slittamento a marzo (dal 2 al 6), non a maggio che al presentatore fa troppo Festivalbar. Poi, l’idea, affondata ma forse non completamente, di stipare il pubblico su una nave da crociera; così tutti costretti a un avanti e indietro dal foyer dell’Ariston all’ammiraglia di Costa Crociere e viceversa: una cosa divertente da non fare mai più (David Foster Wallace insegna). Dopo ancora, Fiore pronto a prendere il posto di Ama, se quest’ultimo risultasse positivo, e – si scherza! – Morgan quello di Bugo. A seguire, il pubblico pagato invece che pagante, alla C’è posta per te, per dirla alla Fiorello, con la Rai che lancia una sorta di bando per figuranti, o meglio, per coppie di figuranti: cercansi conviventi per poltroncine congiunte e disgiunte dalle altre almeno un metro, in platea (la galleria rimane chiusa); ma i ministri Dario Franceschini e Roberta Speranza bocciano a mezzo Twitter l’idea e Ama & Fiore minacciano le dimissioni. Ancora: la sala stampa ridotta, ché i giornalisti votano nella serata di venerdì e non possono mancare;  il Codacons che chiede al Prefetto, alla Asl e al Comune di valutare la sospensione del Festival; il palco di Piazza Colombo che è già saltato con gli annessi e connessi; la Fimi (la federazione che riunisce le quattro multinazionali del disco: Universal, Sony, Warner e Bmg) che scrive al governo e reclama un protocollo di sicurezza adeguato. Per finire, ci si mette Zlatan Ibrahimovic, tra i primi ospiti annunciati di Sanremo venti-ventuno: nel derby di Coppa Italia Inter contro Milan lui e Romelu Lukaku s’insultano pesantemente e sui social s’invoca l’esclusione del calciatore da Sanremo. 

A ciò si aggiunga un’infilata di questioni tuttora aperte: perché gli altri teatri devono rimanere chiusi in accordo con l’attuale Dpcm, in vigore fino al 5 marzo? Ci si può davvero nascondere dietro al cavillo lessicale che si tratterebbe di uno studio televisivo? Ma poi, è solo un cavillo lessicale o il Festival è uno show punto e a capo?  Se un cantante risulta positivo – per dire – a metà Festival, che cosa succede: resta in gara senza esibirsi, una riserva fa il suo pezzo, suona in quarantena? 

Onde sempre più alte, aria di tempesta, Amadeus naviga a vista, ma resta pronto a lasciare la barca. Perché nemmeno la più sfigata delle edizioni del Festival può indicargli la rotta. Era il 1987, il direttore del palcoscenico veniva ricoverato all’improvviso a pochi minuti dal debutto della prima serata; il conduttore Pippo Baudo aveva una brutta influenza; Romina Power disertava le prove a causa della gravidanza; Patty Pravo sveniva quando scopriva della somiglianza tra il suo brano Pigramente signora e To the Morning di Dan Fogelberg; Patsy Kensit perdeva una spallina dell’abito ritrovandosi a seno nudo; Adriano Celentano doveva essere un ospite e intonare un pezzo sulla pace, ma per le proteste da parte di alcuni concorrenti in gara declinava l’invito; Claudio Villa moriva durante la diretta della finale.

Nilla Pizzi al primo Sanremo (Foto: Mondadori PortfolioMondadori via Getty Images)

Per fare in modo che “Sanremo sia Sanremo” anche alla sua 71esima edizione, forse, a questo punto, ci vorrebbe un miracolo. Oppure una macchina del tempo alla DeLorean di Ritorno al futuro per tirare indietro le lancette dell’orologio quanto basta a prendere una decisione. Quella di tornare alle origini (e all’essenziale). Al primo castigato Festival della Canzone Italiana. Dove tutto comincia. Oggi, 29 gennaio, del 1951. Su idea di Pier Busseti, gestore del Casinò di Sanremo, dietro suggerimento del fioraio e consulente Amilcare Rambaldi, per tre serate alle ore 22 si alzava il sipario del Salone delle feste. Il pubblico, seduto ai tavolini distanti nella grande sala, come in un classico café-chantant, era scarso. Si racconta addirittura, nel bel libro di Leonardo Campus Non solo canzonette (Le Monnier, 2015), che si cercavano delle persone da sistemare nei posti rimasti vuoti. I concorrenti? Soltanto tre: Nilla Pizzi, Achille Togliani e il Duo Fasano, ognuno con 10 brani da presentare nei primi due giorni di kermesse, al termine dei quali ne rimanevano 10 in totale. Proclamata dal conduttore Nunzio Filogamo, pietra miliare della nostra televisione, vinceva Nilla Pizza con Grazie dei fior.

Meno serate, meno cantanti, meno pubblico e più distanziato. E “Sanremo sarebbe stato Sanremo”. Ma, forse, speriamo, riuscirà ad esserlo anche quest’anno. Del resto, come dice Liam Neeson in Love Actually, “non è finita, finché non è finita”.

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[Fonte Wired.it]