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martedì, Gen 12

Per trattare Covid-19 grave si potrebbero usare le staminali?



Da Wired.it :

È questa l’ipotesi di uno studio pubblicato su Stem Cells Translational Medicine, che racconta come le cellule staminali derivate dal cordone ombelicale possano ridurre la mortalità dei pazienti con Covid-19 grave

staminali
(Foto: Pixabay)

Grazie alle infusioni di cellule staminali mesenchimali derivate dal cordone ombelicale si potrebbero ridurre la mortalità e il tempo di guarigione della Covid-19. È questa l’ipotesi del team di ricercatori dell’Università di Miami, secondo cui queste cellule, già note per i loro effetti immuno-regolatori e antinfiammatori, avrebbero benefici anche nel trattare le forme più gravi di Covid-19. Lo studio randomizzato è stato pubblicato sulla rivista Stem Cells Translational Medicine.

Per giungere a questa conclusione, nella sperimentazione clinica autorizzata dalla statunitense Food and Drug Administration (Fda), i ricercatori hanno coinvolto 24 pazienti ricoverati in ospedale, con una grave sindrome da distress respiratorio acuto. Ogni paziente ha ricevuto due infusioni, a distanza di 72 ore l’una dall’altra, o di cellule staminali mesenchimali o di un placebo. “È stato uno studio in doppio cieco. Medici e pazienti non sapevano cosa fosse infuso”, commenta il coordinatore dello studio Camillo Ricordi, direttore del Diabetes Research Institute (Dri) e del Cell Transplant Center all’Università di Miami. “Sono state somministrate due infusioni di 100 milioni di cellule staminali entro tre giorni, per un totale di 200 milioni di cellule in ciascun individuo del gruppo di trattamento”.

Dopo un mese, i ricercatori hanno osservato che il trattamento con le cellule staminali era sicuro, senza eventi avversi gravi correlati all’infusione. Ma non solo: sempre a distanza di un mese, la sopravvivenza dei pazienti che veva ricevuto le infusioni con le cellule staminali dal cordone ombelicale è stata del 91%, rispetto al 42% nel gruppo di controllo, e tra i pazienti di età inferiore agli 85 anni è salita al 100%. Anche il tempo di guarigione è migliorato ed è risultato più veloce: più della metà dei pazienti trattati con le cellule staminali mesenchimali si è ripresa ed è tornata a casa dall’ospedale entro due settimane dall’ultimo trattamento. Mentre oltre l’80% del gruppo di trattamento si è ripreso entro il giorno 30, rispetto al 37% del gruppo che ha ricevuto il placebo.

Come raccontano i ricercatori, quando vengono somministrate per via endovenosa, le cellule staminali mesenchimali migrano naturalmente nei polmoni, proprio dove è necessaria la terapia nei pazienti Covid-19 con sindrome da distress respiratorio acuto, una complicanza pericolosa associata a una grave infiammazione e accumulo di liquidi nei polmoni. “È come la tecnologia della ‘bomba intelligente’, ma nel polmone, in grado di ripristinare la normale risposta immunitaria e invertire le complicazioni potenzialmente letali”, spiega Ricordi. Da un singolo cordone ombelicale, aggiunge l’esperto, si possono ottenere dosi terapeutiche per oltre 10mila pazienti. “È una risorsa unica di cellule che sono oggetto di indagine per il loro possibile utilizzo nelle applicazioni di terapia cellulare, ogni volta che devi modulare la risposta immunitaria o la risposta infiammatoria”.

Le cellule staminali mesenchimali, studiate anche per il diabete di tipo 1, possono correggere le risposte immunitarie e infiammatorie. “I nostri risultati confermano il loro potente effetto antinfiammatorio e immunomodulatore. Queste cellule hanno chiaramente inibito la tempesta di citochine, un segno distintivo della Covid-19 grave”, aggiunge Giacomo Lanzoni, primo autore dello studio. “I risultati sono di fondamentale importanza non solo per la Covid-19 ma anche per altre malattie caratterizzate da risposte immunitarie anomale e iperinfiammatorie, come il diabete di tipo 1 autoimmune”. Il prossimo passo dei ricercatori sarà ora quello di osservare i potenziali effetti preventivi delle cellule staminali mesenchimali in chi non ha ancora sviluppato una forma grave della malattia.

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[Fonte Wired.it]