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martedì, Dic 24

Perché al governo si discute di Autostrade


C’è un doppio scontro sulla questione delle concessioni statali a Autostrade: mentre la maggioranza è divisa sulla norma che le revocherebbe, la società scrive al governo una lettera per chiederne il ritiro pena la risoluzione del contratto con un indennizzo da 23 miliardi di euro

(foto Valerio Portelli/LaPresse)

Dopo l’approvazione della legge di Bilancio per il 2020, uno dei nodi da sciogliere in seno alla maggioranza resta la questione delle concessioni autostradali. In particolar modo si parla di un articolo sulla revoca ad Autostrade per l’Italia (Aspi) contenuto all’interno del cosiddetto decreto Milleproroghe, un decreto legge del Consiglio dei ministri (Cdm) che ogni anno il governo approva per posticipare l’entrata in vigore o la scadenza di alcune disposizioni normative.

Dopo ben quattro rinvii del Cdm, il governo è riuscito a incontrarsi ieri sera, dopo il sì alla manovra, ma non è arrivato a sciogliere il “salvo intese” con il quale era stato approvato il decreto. Si è parlato, infatti, di altro – dal salvataggio della regione Sicilia e il pacchetto sull’innovazione digitale – ma non dell’eventuale revoca. E la maggioranza resta così a estremità opposte: il Movimento 5 stelle assolutamente favorevole alla revoca e Italia viva fortemente contraria.

Per il capo politico del M5s, Luigi Di Maio, bisogna a tutti i costi “togliere le concessioni a Benetton [Aspi è gestista da Atlantia della famiglia Benetton, ndr] che non ha fatto manutenzione” sottolineando che è la linea del governo e non solo dei 5s. Italia viva, invece, continua a dichiararsi contraria a una revoca in corso d’opera, come aveva fatto mettere a verbale durante l’approvazione del milleproroghe, perché metterebbe a repentaglio migliaia di posti di lavoro “senza considerare l’impatto sugli investimenti e sulla crescita“. Per Matteo Renzi, poi, la norma che punisce i concessionari inadempienti “è roba da azzeccagarbugli di provincia”. Da parte sua il Pd prova a chiedere responsabilità: “Ci sono forze politiche della maggioranza che puntano più alla propria visibilità che a valorizzare ciò che stiamo facendo” dice il senatore Franco Mirabelli, vicepresidente del gruppo dem al senato

La minaccia di Autostrade

Intanto, mentre la maggioranza è lontana da una visione condivisa, con una lettera, riportata dalla Repubblica, Aspi ha chiesto apertamente al governo di ritirare l’articolo del decreto sulla revoca delle concessioni, minacciando la risoluzione del contratto con un indennizzo da 23 miliardi di euro. La norma in questione, infatti, darebbe la possibilità in casi eccezionali di trasferire immediatamente il controllo delle strade e della rete all’Anas. Autostrade chiede il risarcimento del cento per cento del valore della concessionaria in virtù di “molteplici diritti e principi sanciti dalla Costituzione e dal diritto comunitario – si legge nella lettera spedita al governo – incluso il rispetto del principio di affidamento e a tutela del patrimonio della società e di tutti gli stakeholders”.

La risposta di De Micheli

È un vero e proprio muro contro muro se si considera che non tarda la risposta del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti con le parole della ministra Paola De Micheli, intervistata dal Corriere della sera. “La richiesta è inaccettabile“, spiega. “A gennaio si decide sulla proroga della concessione. Nessuna nazionalizzazione o vendetta vogliamo che le regole siano uguali per tutti”, ha poi aggiunto. E sui 7mila posti di lavoro a rischio, sempre secondo quanto riporta Aspi, la ministra chiosa: “Se dovesse accadere non è che le autostrade verranno abbandonate. Il governo valuterà e affronterà anche questo aspetto senza mettere a rischio i posti di lavoro“.

 

Il parere della Corte dei conti

Nella giornata di ieri Atlantia ha perso quasi il 5% in borsa. E sempre ieri si è espressa anche la Corte dei conti in oltre 200 pagine di relazione, invitando a “trovare un equilibrio tra profitto e interesse pubblico”. Il rapporto tra stato e concessionari dovrebbe essere fondato sul principio di “leale collaborazione“, mentre in realtà, dice il rapporto, è “inasprito da conflittualità“, sottolineando più di 400 contenziosi aperti negli ultimi sette anni tra Stato e società che hanno in concessioni tratti della rete autostradale. Le concessionarie, spiega la Corte dei Conti, hanno goduto di grandi rendimenti potendo permettersi “investimenti sottodimensionati ed extraprofitti” grazie a un sistema regolatorio inadeguato.

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