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giovedì, Ott 10

Perché all’Italia conviene “andare” a idrogeno


Snam propone un modello di sviluppo basato sull’idrogeno, che entro il 2050 potrebbe soddisfare fino a un quarto del fabbisogno energetico nazionale

Da sinistra, l'ambasciatore di Israele Dror Eydar, Giuseppe Conte e Marco Alverà, ad Snam
Da sinistra, l’ambasciatore di Israele Dror Eydar, Giuseppe Conte e Marco Alverà, ad Snam

Il consumo di energia in Italia potrebbe essere soddisfatto dall’idrogeno quasi per un quarto entro il 2050, data ultima fissata dalla Commissione europea per un’economia a impatto zero sul clima in Europa. In uno scenario di futura decarbonizzazione al 95%, necessaria per non superare 1,5 gradi di aumento della temperatura indicata dagli accordi di Parigi, l’idrogeno potrebbe fornire fino al 23% del consumo totale di energia.

Lo dice uno studio Snam-McKinsey, presentato in occasione dell’evento The Hydrogen Challenge, dedicato alle potenzialità di questo elemento (il più diffuso nell’universo e presente nel 75% della materia) in Italia. L’incontro ha visto inoltre la firma di due accordi fra Snam con Israele e con il Consiglio nazionale delle ricerche, alla presenza del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Il primo è un memorandum of understanding per la collaborazione con “aziende israeliane, in particolare start-up, nelle tecnologie innovative al servizio della green economy”. Il secondo punta a realizzare progetti e analisi comuni con il Cnr “per lo sviluppo dell’idrogeno e in generale dei gas rinnovabili e della mobilità sostenibile”, che riguardano anche Co2 e biometano.

Le opportunità per l’Italia

Il valore dell’economia dell’idrogeno è destinato ad aumentare dagli attuali 100 miliardi di dollari l’anno a 2.500 miliardi nel 2050 a livello globale, secondo l’Hydrogen Council. In questo scenario l’Italia può essere un mercato attrattivo, secondo lo studio McKinsey, grazie alla presenza diffusa di energia rinnovabile e di una rete capillare per il trasporto di gas. L’idrogeno “verde”, infatti, viene generato tramite elettrolisi dell’acqua a partire da fonte energetica solare o eolica e quindi trasportato, immagazzinato e utilizzato come un gas.

Questa varietà rappresenta solo il 4/5% di quanto idrogeno viene oggi impiegato in totale, ma i suoi costi di produzione potranno scendere di oltre il 70% nei prossimi dieci anni, secondo uno studio di Bloomberg New Energy Finance. L’ grazie all’abbondanza di rinnovabili e ai collegamenti con il Nord Africa, potrebbe quindi raggiungere il punto di pareggio con l’idrogeno “grigio” ben 5-10 anni prima rispetto ad altri paesi, tra cui la Germania, ottenendo un costo competitivo dell’idrogeno già entro il 2030.

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Un dettaglio del sistema di trasporto dell’idrogeno per il rifornimento (Foto: Gianluca Dotti)

Il costo di stoccaggio è inoltre dieci volte inferiore rispetto alle batterie (circa 20 dollari a megawatt/ora contro 200 dollari/MWh). Un kg di questo gas alimenta un’automobile a cella combustibile per 130 chilometri, riscalda un’abitazione per due giorni e serve per produrre 9 kg di acciaio a partire dal ferro grezzo. Trasporto, riscaldamento, raffinazione industriale, siderurgia: sono alcuni settori in cui viene già impiegato l’idrogeno “grigio”, ricavato da gas naturale e con produzione di CO2, attraverso un processo di conversione termochimica. La tecnologia CCS di cattura e stoccaggio della CO2 consente poi di ottenere idrogeno “blu”, ossia decarbonizzato.

Nel 2019 sono state immatricolate in Italia 7 automobili a idrogeno e una nel 2018, secondo i dati Unrae. In totale, si tratta di 6 Toyota Mirai e due Hyundai Nexo, registrate fra Roma (6), Milano e Trento. Ma sarà tuttavia il trasporto pesante su lunga distanza a potersi avvantaggiare di questa energia pulita che non emette Co2. Secondo le stime, infatti, l’idrogeno raggiungerà la parità di costo totale con il diesel entro il 2030, anche senza incentivi di sistema.

La prima pasta all’idrogeno

Prima in Europa, Snam ha avviato in aprile la sperimentazione di una miscela di idrogeno al 5% e gas naturale (H2NG) nella rete di trasmissione servendo due aziende di Contursi (Salerno), un pastificio e un’azienda di imbottigliamento di acque minerali. Entro fine anno la sperimentazione verrà replicata, nel medesimo tratto di rete, portando al 10% il quantitativo di idrogeno nel mix fornito alle due imprese coinvolte. “Proprio le regioni del Sud dalla Campania alla Puglia alla Sicilia, ricche di energia rinnovabile, potrebbero favorire l’affermazione dell’idrogeno come nuovo vettore di energia pulita nonché nuove opportunità di sviluppo e occupazione”, ha detto Marco Alverà, amministratore delegato di Snam.

Certo, è necessaria la verifica della compatibilità delle infrastrutture, ma anche solo un’immissione di idrogeno del 5% sul totale del gas trasportato da Snam sarebbe pari a 3,5 miliardi di metri cubi all’anno, l’equivalente dei consumi di 1,5 milioni di famiglie e consentirebbe di ridurre le emissioni di anidride carbonica di 2,5 milioni di tonnellate, pari all’inquinamento di tutte le auto di una città come Roma o della metà delle auto di una regione come la Campania. Questo genere di miscele, fino a una quota del 10-20%, è un altro potenziale ambito di sviluppo per il riscaldamento domestico, nel breve-medio termine.

Il progetto Snamtec è caratterizzato da 850 milioni di euro di investimenti in transizione energetica e innovazione che riguardano anche l’idrogeno. L’azienda, prima utility del gas in Europa, ha inoltre annunciato l’avvio del programma Snam plastic less, per eliminare l’utilizzo della plastica negli imballaggi industriali entro il 2023 ed eliminare dal 2020 la plastica monouso nei distributori di bevande in tutte le sedi aziendali. Infine, dopo aver avviato a maggio un comitato del cda dedicato ai temi ambientali, sociali e di governance (Esg), ha dato il via a un Osservatorio permanente per definire le best practice coinvolgendo altre società quotate italiane. In collaborazione con Luiss ha già svolto un’indagine campione su 20 gruppi europei sui temi Esg.

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