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martedì, Ago 18

Perché anche Salvini dovrebbe scaricare Immuni



Da Wired.it :

In tv torna sui suoi cavalli di battaglia e contesta il dovere civico di utilizzare l’app: dal ritorno alla normalità alle scuole fino alla salute pubblica, non serve un obbligo di legge per dare il buon esempio a milioni di cittadini

(Foto: Salvini ospite a In Onda il 17 agosto 2020)

I danni che producono le parole di Matteo Salvini in tv sono enormi. Anche ieri sera, intervistato da Luca Telese e David Parenzo a In Onda su La7, ha sfoderato il suo solito repertorio di epoca Covid-19. Un copione al quale non sembra credere più neanche lui, interpretato con irritazione e senz’anima, accartocciato in una camicia blu notte: un’interpretazione che un critico teatrale definirebbe spenta e incolore. Eppure sempre velenosa per le conseguenze che può produrre fra chi lo segue, chi si fida di lui, chi lo vota e lo apprezza. Elettori, follower, simpatizzanti: milioni di persone che prendono le sue parole e le sue posizioni come riferimento per le proprie azioni e scelte quotidiane.

Come al solito, Salvini non ha perso l’occasione per strizzare l’occhio ai dietrologismi, ha paventato non si sa quali interessi nella prosecuzione dello stato d’emergenza, ha ingigantito il ruolo dei migranti nella diffusione dell’infezione e ha scartato ogni evidenza scientifica sottoposta dall’altro ospite, l’infettivologo Andrea Crisanti. In particolare, però, uno dei passaggi più caldi è stato quello sull’app Immuni, la piattaforma di notifiche d’esposizione disponibile dallo scorso giugno e ferma intorno ai 4,5 milioni di download. Soglia entro la quale la sua efficacia è evidentemente relativa. Ma Immuni è lì, negli store digitali: pronta, sicura, disponibile e forse ancora più utile proprio per scongiurare una seconda ondata di contagi.

Alla domanda di Parenzo (“Ha scaricato Immuni?”) il leader della Lega ha ovviamente risposto picche. Il conduttore lo ha quindi incalzato su un punto fondamentale: quello del dovere civico. “Perché non l’ha scaricata? Sarebbe un dovere civico scaricarla”. Parenzo ha ragione: assodata la massima sicurezza in termini di riservatezza nell’architettura dell’app e nella gestione dei pochi dati condivisi, non c’è motivo perché una figura pubblica di rilevanza nazionale e con grandi responsabilità politiche passate e presenti non scarichi l’applicazione. Se non i dubbi, legittimi, sulla tempestività dei tamponi in caso di esposizione. Ma la reazione dell’ex ministro dell’Interno non ha minimamente sfiorato quel punto, preferendo al contrario il solito alambicco retorico. Se fosse un incontro di pugilato, Salvini starebbe sempre abbracciato all’avversario.

Ma perché è obbligatorio? Perché è un dovere civico? Decide lei qual è il dovere civico? Il dovere civico è rispettare le leggi, rispettare gli obblighi, pagare le tasse, mandare i figli a scuola… scaricare un’app non è un dovere, non è obbligatorio”. Forse non lo è per un cittadino comune, e non ne siamo comunque sicuri. Senz’altro lo è per un leader di partito, il più popolare e seguito del paese. Non sapendo come sfuggire a un argomento logico ancora prima che morale, alla fine Salvini l’ha girata sui soliti due temi: accusare il conduttore, e con lui chiunque svolga un lavoro intellettuale, di non vivere nel mondo reale perché “se stesse in mezzo alla gente vedrebbe che il problema è il lavoro, la pensione, quota 100, legge Fornero“. Che c’entra con Immuni? Niente. Una via di fuga raffazzonata.

La realtà, se proprio vogliamo parlare di realtà, è invece un’altra: se sei il capo del partito più votato alle ultime elezioni e da mesi se non anni al primo posto nei sondaggi, e se non hai elementi concreti e di merito per contestare un sistema di sicurezza pubblica come Immuni, dovresti promuoverne l’adozione. O almeno non scoraggiarla. Nient’altro. Proprio perché è un dovere civico, al netto di quel che pensi la tua base possa immaginare di quella piattaforma. Altrimenti, cosa ti distingue dalla tua base? In che modo la guidi e in quale misura, invece, ne sei costantemente guidato?

Dovresti farlo per tre ragioni: la prima è che dal momento che non si può e non si deve obbligare nessuno a scaricare un’applicazione – non siamo in Cina – ogni misura orientata a migliorare la salute pubblica dovrebbe essere al centro dei tuoi interessi, in una situazione di pandemia globale che torna a turbarci i sonni dopo due mesi di Papeete senza pietà e 35mila morti fra inverno e primavera.

La seconda è che un’app come Immuni in realtà velocizza il ritorno alla normalità, non lo rallenta: ci rende tutti un po’ più sicuri e se per esempio molti dei ragazzi romani che hanno partecipato al maxiparty di Porto Cervo nei giorni scorsi l’avessero scaricata e attivata, oggi non vivrebbero nell’incertezza. Darebbero un senso e una concretezza alle dinamiche del contagio, che non cala dal cielo ma è più probabile che avvenga in determinati contesti. In questo senso, Immuni è anche formativa.

L’app, insomma, ci avvicina un po’ di più alla normalità: sì, anche quella degli amici gestori delle discoteche che stanno per ricorrere al Tar contro la chiusura dei luoghi dove si balla. Il terzo elemento è che la ripresa della scuola è alle porte: il Comitato tecnico-scientifico ne ha infatti consigliato l’uso agli studenti delle scuole superiori. Uno che tira in ballo il ruolo di padre ogni due minuti, forse dovrebbe pensarci un po’ di più alla salute di tutti, inclusi i ragazzi. Salute che passa anche dal buon lavoro fatto con Immuni.

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[Fonte Wired.it]