Si stima che ci siano circa 44.000 orsi neri asiatici nello Honshu, la più grande delle isole principali del Giappone, e in misura minore sull’isola di Shikoku – il triplo rispetto al 2012. A Hokkaido vivono invece 12mila orsi bruni, più grandi e più aggressivi rispetto a quelli neri, numero che è raddoppiato dagli anni Novanta del secolo scorso al 2020. Per entrambe queste specie “la maggior parte degli attacchi avviene per autodifesa, quando gli umani vengono percepiti come un pericolo”, spiega Yamazaki e sono “estremamente rari” i casi in cui gli orsi aggrediscono le persone come preda.
La risposta delle autorità
Dell’impennata di attacchi si è parlato molto anche sui mezzi d’informazione internazionali dopo la decisione – inedita – del governo giapponese di inviare le Forze di autodifesa, cioè l’esercito, nella prefettura settentrionale di Akita – che, insieme a quella confinante di Iwate, è una delle più colpite dai recenti attacchi – come richiesto dal suo governatore. I militari sono stati mandati come supporto nell’installazione di trappole, ovvero gabbie in cui gli orsi rimangono bloccati e vengono poi uccisi. Il compito di abbatterli non spetta però ai membri dell’esercito, ma a cacciatori con l’apposita licenza o, secondo le più recenti regole, ad agenti della polizia antisommossa.
In questo clima emergenziale, le autorità si stanno concentrando sull’uccisione di esemplari che si avvicinano alle aree residenziali – con orsi che sono entrati persino all’interno di supermercati e scuole. “In periodi di avvistamenti frequenti come quello attuale, l’abbattimento degli orsi in Giappone è la priorità”, dichiara Yoshikazu Sato, professore alla Rakuno Gakuen University di Hokkaido. “Dalla prossima primavera bisognerà poi tornare a focalizzarsi sugli aspetti legati alla gestione ambientale”.
L’anno scorso, il governo aveva già deciso di togliere gli orsi dalla lista di specie protette aggiungendoli a quelle da controllare. A settembre di quest’anno sono state cambiate nuovamente le norme per permettere ai cacciatori di sparare agli animali anche in zone abitate. Il 14 novembre il governo ha inoltre approvato un piano d’emergenza con misure come l’aumento del personale responsabile per gli abbattimenti.
Sebbene alcuni giornali riportino che attacchi così frequenti si siano registrati anche in altri periodi storici, uno dei fattori che spiega l’impennata di questi mesi è la scarsità di ghiande e faggiole, il cibo principale degli orsi, a causa della crisi climatica che ha spinto gli animali sempre più lontano dai loro habitat. Secondo alcuni esperti, la situazione è da attribuirsi anche a una mancata gestione della fauna selvatica nel corso degli anni.
Serve anche prevenzione
Eppure esistono altri metodi oltre all’abbattimento per ridurre gli incontri diretti. Alcuni si basano sulla tecnologia, come telecamere che usano l’intelligenza artificiale per segnalare la presenza degli animali, e droni e “lupi robot”, mostri meccanici con fattezze lupesche, che emettono suoni o luci forti per allontanare gli orsi. Inoltre, “è indispensabile installare reti elettriche intorno ai campi e ai giardini delle case, potare gli alberi da frutto inutilizzati, raccogliere le noci presto nella stagione e gestire i rifiuti in modo adeguato”, dice Sato.



