Esattamente come accaduto con Joseph Quinn (l’attore britannico scelto per interpretare Eddie Munson), anche Derek deve il suo successo presso il pubblico al suo interprete, il quasi esordiente Jake Connelly, attore tredicenne al momento delle riprese, alla sua prima esperienza di rilievo in una serie. Tra i precedenti di Connelly non c’è molto: un cortometraggio, uno spot pubblicitario, ma nessuno di questi ruoli gli aveva dato l’opportunità di testare il proprio talento. Ai Duffer il poco che ha fatto è apparso sufficiente, conquistati dalla simpatia e dalla presenza scenica di Jake. Matt e Ross Duffer, infatti, hanno ammesso che Derek era stato inizialmente concepito come un personaggio marginale, un bullo generico, ma dopo aver osservatoJ ake sul set, hanno deciso di ampliarne il ruolo.
Perché ci piace
Il motivo per cui Derek ci piace è che Stranger Things è – e per fortuna sempre sarà – una serie di outsider, di ragazzini strani e diversi. Derek non lo è nel senso migliore, ma in pochi episodi cambia. Un’altra cosa che ci piace vedere è un’evoluzione in positivo, specie se con annessa parabola di redenzione, di una figura più o meno negativa. Il passaggio da Dipshit Derek a Delightful Derek fa parte di una delle linee narrative secondarie della stagione più spassose, e fornisce la dose di sollievo comico necessaria in un contesto che si è fatto particolarmente teso e drammatico in vista dello scontro finale con il supervillain interpretato da Jamie Campbell Bower. La popolarità di Derek è il risultato di un fortunato mix: la bravura del suo interprete, l’effetto nostalgia per la componente infantile della prima stagione, e soprattutto l’evoluzione da bullo a improbabile eroe. Cinico e astuto, dotato di iniziativa e di un insospettabile ascendente sui coetanei, è la nostra seconda sorpresa preferita di questi primi quattro episodi (l’altra, anche se ce l’aspettavamo, resta la rivelazione su Will). Ora non ci resta che sperare che i Duffer decidano di non fare fuori anche lui.
