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Perché Google deve cambiare il modo in cui chiede agli italiani di usare i loro dati

by | Nov 21, 2025 | Tecnologia


L’Antitrust italiana l’ha spuntata contro Google. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) ha chiuso lunedì 4 novembre 2025 il procedimento contro il colosso di Mountain View ottenendo quello che chiedeva: modificare il modo in cui l’azienda chiede agli utenti italiani di usare i loro dati personali.

Il caso riguarda la richiesta di consenso legata al Digital Markets Act (Dma), la legge europea entrata in vigore a marzo 2024 che obbliga i giganti del digitale a rispettare regole più stringenti sui dati degli utenti. Google chiedeva il permesso di combinare e incrociare informazioni personali tra diversi servizi come Search, YouTube e Play Store ma secondo l’Agcm non spiegava in modo chiaro cosa avrebbe fatto con quelle informazioni. L’istruttoria era partita giovedì 4 luglio 2024 contro Alphabet Inc. e Google Ireland Limited.

Cosa non andava nella richiesta di Google

L’Agcm aveva trovato diversi problemi nel modo in cui Google presentava la schermata per ottenere il consenso all’utilizzo dei dati degli utenti. La richiesta di consenso è una finestra pop-up – presente da marzo 2024 sugli schermi di chi usa Search, YouTube o Play Store – che appare dopo aver fatto l’accesso al proprio account Google. La schermata chiedeva di accettare o rifiutare il collegamento tra i servizi ma secondo l’autorità italiana lo faceva in modo confuso e poco trasparente. Il Digital Markets Act obbliga infatti le grandi piattaforme digitali, (i gatekeeper) a chiedere esplicitamente il permesso prima di usare i dati degli utenti in modo incrociato tra servizi diversi.

Il primo problema riguardava proprio la chiarezza delle informazioni. La schermata parlava genericamente di “collegamento di servizi” senza spiegare in modo esplicito che si trattava di permettere a Google di prendere i dati personali raccolti su Search e usarli anche su YouTube, o viceversa, combinandoli e incrociandoli.

A rendere la situazione ancora meno trasparente, la richiesta non diceva nemmeno quale legge europea obbligava Google a chiedere questo permesso. Un altro aspetto contestato riguardava la possibilità di scegliere in modo selettivo quali servizi collegare e quali no. La richiesta di consenso di Google presentava tre pulsanti: “Sì, collega“, “No, non collegare” e “Altre opzioni”. Quest’ultimo permetteva di decidere quali servizi collegare uno per uno ma appariva graficamente meno visibile rispetto agli altri due. Chi cliccava su “Altre opzioni” trovava poi come prima scelta “Seleziona tutto”, una formulazione che secondo l’autorità non chiariva abbastanza la possibilità di personalizzare davvero il consenso scegliendo ad esempio di collegare solo Search e YouTube ma non Play Store. L’Agcm ha quindi ritenuto che questo modo di presentare le informazioni potesse confondere i consumatori, violando le norme del Codice del consumo italiano che proteggono i cittadini dalle pratiche commerciali ingannevoli.

Il secondo gruppo di contestazioni riguardava la pressione esercitata sugli utenti per spingerli ad accettare. Google bloccava temporaneamente l’uso di Search finché la persona non sceglieva una delle opzioni disponibili. In pratica chi apriva il motore di ricerca trovava la schermata di consenso e non poteva fare ricerche fino a quando non cliccava su uno dei tre pulsanti. Si poteva rimandare la decisione cliccando “Chiedimelo tra 3 giorni” ma questo pulsante era meno evidente degli altri e il rinvio era possibile solo tre volte su Search e una volta su YouTube e Play Store. Dopo di che l’utente doveva per forza decidere. A rafforzare la pressione, la richiesta di Google avvertiva che rifiutare il collegamento avrebbe limitato alcune funzionalità dei servizi, un messaggio che secondo l’Agcm enfatizzava troppo gli svantaggi del rifiuto. Durante l’istruttoria Google ha ammesso che in realtà tutte le funzioni principali rimanevano disponibili anche senza collegare i servizi.

Le modifiche promesse da Google

Google ha presentato la prima proposta di modifiche lunedì 7 ottobre 2024 e l’ha migliorata più volte nei mesi successivi, arrivando alla versione definitiva depositata martedì 1° ottobre 2025. Le modifiche promesse toccano tutti i punti criticati dall’autorità. La nuova richiesta di consenso dirà chiaramente in alto “Quando i servizi sono collegati, possono condividere dati personali tra loro per combinarli o utilizzarli come descritto di seguito”, usando l’espressione “dati personali” invece del generico “dati”. Ci sarà anche un link cliccabile che porta direttamente alla legge europea che obbliga Google a chiedere questo permesso. La richiesta spiegherà in modo esplicito che tutti i servizi Google non elencati nella lista sono sempre collegati e fornirà un link a una pagina con l’elenco completo. Il pulsante “Altre opzioni” cambierà nome in “Scegli i servizi” per rendere più evidente la possibilità di personalizzare.



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Scritto da Flavio Perrone, consulente informatico e appassionato di tecnologia e lifestyle. Con una carriera che abbraccia più di tre decenni, Flavio offre una prospettiva unica e informata su come la tecnologia può migliorare la nostra vita quotidiana.

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