Harry Potter e il Calice di Fuoco per chi lo vide in sala da quel 18 novembre del 2005, occupa un posto speciale all’interno della saga di Harry Potter. Fu forse il più difficile a livello produttivo, ma rimane anche quello dove i personaggi si evolvevano maggiormente, tramite un interesante mix di genere che dopo vent’anni continua ad essere un punto di riferimento assoluto per i fan.
Un torneo che cambierà la saga per sempre
Harry Potter e il Calice di Fuoco usciva in sala esattamente vent’anni fa, per la gioia dei fan di J. K. Rowling e di quella saga cinematografica che, cominciata quattro anni prima con Harry Potter e la Pietra Filosofale, aveva ogni volta sbancato i botteghini, diventando sempre di più un fenomeno generazionale assoluto. Per la Warner Bros. e per il produttore David Heyman, il quarto capitolo avrebbe dovuto portare la firma di Chris Columbus, colui che aveva girato il primo e il secondo film della saga, Harry Potter e la camera dei segreti. Columbus però decise di declinare, nonostante avesse avuto tra le mani ben prima dei lettori ciò che la Rowling aveva ideato per il quarto libro, dando modo a lui, a Heyman e allo sceneggiatore Steve Kloves di partire con un discreto vantaggio. Ma alla fine decise di lasciare, per motivi famigliari e la palla tornò in mano ad Heyden. Si pensò di reclutare M. Night. Shyamalan, ma questi declinò l’offerta, era interessato a girare Vita di Pi. Lo stesso fece Alfonso Cuaròn, una delusione enorme per Heyman, visto il successo ottenuto con Harry Potter e il prigioniero di Azkaban.
Ma Cuaròn disse che gli interessava dirigere solo un film della saga. Fu così che la scelta cadde su Mike Newell, regista poliedrico e versatile, passato alla storia per hit clamorose come Quattro matrimoni e un funerale e Donnie Brasco. Ma tirare fuori qualcosa di adatto al grande schermo dalle oltre 630 pagine del libro, si rivelò un lavoro incredibilmente complicato, senza contare la necessità di fare un salto di qualità assoluto per gli effetti speciali, per non parlare delle scenografie, la scelta delle location, i costumi e soprattutto il diverso tono. Harry Potter e il Calice di Fuoco diventò un film completamente diverso dagli altri della saga, per due motivi principali. Il primo era la maturazione dei protagonisti, nel pieno dell’esplosione ormonale e chiamati a guardare l’età adulta che sopraggiungeva, per così dire. Il secondo, direttamente connesso al primo, era per l’atmosfera con venature horror e thriller. Newell confesserà infatti di aver guardato a lungo I tre giorni del Condor, nonché il meglio della cinematografia di Alfred Hitchcock, John Huston e Alan J. Pakula.
Furono per lui fondamentali per capire con che angolazione creare Harry Potter e il Calice di Fuoco, legato ad un mix di generi e tono molto intrigante, dove al fantasy molto più cupo e dark dei capitoli precedenti, si legano anche l’horror paranormale, il film di formazione e la commedia, un po’ di tutto insomma. Alla fine, siamo lì al fianco di Harry (Daniel Radcliffe), Hermione (Emma Watson) e Ron (Rupert Grint), impegnati a comprendere a causa di chi, come e perché Harry sia diventato il quarto, inedito contendente del Torneo Tre Maghi. Dovrebbero parteciparvi solo i Campioni di Hogwarts, di Durmstrang e Beauxbatons. Allora perché il Calice ha vomitato anche il nome di Harry? Per lui e i suoi amici quello è il quarto anno ad Hogwarts, e tutto sta cambiando. Hanno quell’età in cui si comincia a voler andare oltre le regole, guardare l’altro sesso in modo molto diverso. Il che darà modo a Newell di donarci alcune delle sequenze più memorabili della saga. Dal torneo di Quidditch (funestato dall’attacco dei Mangiamorte) poi ecco il Ballo del Ceppo, dove la saga strizza l’occhio al teen movie all’americana.
Abbiamo la rivalità tra maschietti, la ricerca della controparte sentimentale, il tutto in un clima divertente, ma anche multiculturale, familiare alla Generazione Erasmus. Le tre prove che i Harry, Krum (Stanislav Ianevski), Fleur Delacour (Clémence Poésy) e Cedric Diggory (Robert Pattinson) devono affrontare, si rifanno alla mitologia in senso universale, al percorso dell’eroe come ricerca di risorse interne, di un unione di intelletto e coraggio. Il Drago da sconfiggere, il Lago Nero infestato, il Labirinto magico, sono il volto della paura che, si badi bene, assume ogni volta una connotazione diversa, sia fisica che soprattutto mentale e che riportò in auge certe atmosfere da “Piccoli Brividi”. Brendan Gleeson, attore di razza, fa del suo Malocchio Moody il personaggio più eccentrico e straripante della saga, un vero e proprio mattatore. Insegnante inconsueto, collerico, burino, è colui il quale svela il volto del male della magia agli studenti, i tre incantesimi proibiti. Anche qui, un rito di passaggio, il venir meno dell’innocenza e leggerezza che da quel momento non avrà più spazio nel mondo di Potter.
Un film che seppe unire molteplici atmosfere e tematiche
Come si scoprirà nel finale, grazie alla pozione Polisucco in realtà quello che abbiamo avuto di fronte era il crudele Mangiamorte Barty Crouch Jr. (David Tennant, il miglior Doctor Who di sempre), che ha preso i panni di Moody. Harry Potter e il Calice di Fuoco anche in questo elemento si sposa al concetto di male come trasfigurazione, ma soprattutto inganno, maschera pirandelliana. Una maschera la useranno in realtà non solo Barty e i Mangiamorte, ma anche Harry, Codaliscia (Timothy Spall), tutti. Il Cedric di Pattinson (ancora poco conosciuto), semi-rivale di Harry, verrà infine ucciso proprio da Codaliscia. Sarà una delle sequenze più cupe, inquietanti della saga di Harry Potter. In questa alternanza di tono, tra leggero e inquietante, tra sogno ed incubo, c’è tutto ciò che rende questo film spettacolare e unico. Questo e le meravigliose scene d’azione, l’evoluzione dei protagonisti e non solo, la crescente tensione tra di loro e il gioco di specchi alla Agatha Christie su questo pericolo ad un tempo visibile e nascosto.




