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venerdì, Ago 16

Perché i cambiamenti climatici colpiscono di più le donne


L’80% degli sfollati per i cambiamenti climatici è di sesso femminile, ma non solo: tutti i motivi per cui il sesso femminile è la prima vittima del climate change

Una donna nigeriana dopo la distruzione del suo villaggio (foto: LUIS TATO/AFP/Getty Images)

Lo scorso giugno Philip Alston relatore speciale delle Nazioni Unite sulla povertà ed i diritti umani, coniando il termine apartheid climatico, aveva sottolineato come il riscaldamento globale rende sempre più nette le disuguaglianze economiche e sociali.

I cambiamenti climatici hanno infatti un impatto maggiore su quelle fasce della popolazione che dipendono maggiormente dalle risorse naturali per i loro mezzi di sussistenza. E la giustizia sociale non si esprime soltanto attraverso la disparità tra ricchi e poveri, ma anche tenendo conto del divario di genere. Di fatto, in quest’ottica a essere più vulnerabile è la popolazione mondiale femminile.

Il cambiamento climatico infatti colpisce gli uomini e le donne in maniera e proporzioni diverse. Come già descritto dall’ultimo rapporto speciale dell’Ipcc, il cambiamento climatico avrà forti ripercussioni sul rendimento del suolo e sul sistema di approvvigionamento delle risorse, acuendo soprattutto le difficoltà delle comunità agricole.

La risoluzione adottata dall’Assemblea delle Nazioni Unite lo scorso marzo ha di fatto riconosciuto l’onere – sproporzionato – dei cambiamenti climatici sulle donne. Le donne in agricoltura producono tra il 45% e l’80% di tutta la produzione alimentare nei paesi in via di sviluppo, a seconda della regione.  La forza lavoro femminile mondiale è circa i due terzi del totale, e va ben oltre il 90% in molti paesi africani.

In tutte le culture del mondo sono le donne ad avere la responsabilità di prendersi cura della proprie famiglie, dovendo far fronte alla sicurezza alimentare del nucleo familiare e sopperendo alla scarsità d’acqua; sono le donne che si occupano di comprare il cibo, raccogliere l’acqua e il carburante necessario da utilizzare nelle proprie dimore. Oltre 16 milioni di ore l’anno vengono trascorse da donne di 25 paesi dell’Africa sub-sahariana per raccogliere l’acqua necessaria (in confronto ai 6 milioni di ore degli uomini). Con l’aumento della siccità e desertificazione, il tempo impiegato potrebbe aumentare vertiginosamente.

E anche cucinare diventa di fatto una minaccia per la salute, poiché nei paesi a basso e medio reddito vengono utilizzate stufe a combustibile solido (come legna, rifiuti agricoli, carbone) che inquinano. I dati dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) parlano di 3,8 milioni di morti all’anno a causa di malattie attribuibili all’inquinamento atmosferico domestico dovuto all’uso inefficiente di questi impianti.

L’esposizione a sostanze chimiche o altre forme di inquinamento ambientale sono inoltre in grado di alternare i tassi di fertilità e di incidere sulla gravidanza, o sui nuovi nati. Nel caso italiano dell’Ilva di Taranto, che rilascia polveri sottili nell’aria, il latte materno delle donne della zona è infatti risultato avere concentrazioni di diossina e Pbc superiori del 28% rispetto a quello delle altre madri che abitano nella provincia pugliese, rivelandosi quasi velenoso per i bambini.

Un fenomeno non ancora ampiamente messo in discussione in relazione al surriscaldamento globale è l’aumento dello sfruttamento sessuale e del fenomeno dei matrimoni infantili, proprio come conseguenza del cambiamento climatico. Negli scorsi anni è stato denunciata la pratica del sex for fish nelle zone centrali dell’Africa: ovvero il sesso come moneta di scambio per le  transazioni di pescato tra pescatori e venditrici di pesce, nel momento in cui le donne non siano in grado di comprarlo.

I dati delle Nazioni Unite indicano che l’80% delle persone sfollate a causa del cambiamento climatico sono donne. La loro migrazione spesso é regionale o intra-nazionale: inondazioni, siccità e catastrofi naturali costringono migliaia di agricoltori a muoversi dalle aree rurali verso i centri urbani.

Gli studi dell’Unicef dimostrano che le ragazze povere hanno 2,5 volte più probabilità di sposarsi durante l’infanzia rispetto a quelle più agiate, poiché le famiglie non sono in grado di farsene carico.
Dalle famiglie il matrimonio viene visto come uno strumento per proteggere le proprie figlie dalle molestie sessuali, comuni nel contesto urbano e nei luoghi di lavoro. Con l’avanzare dell’età infatti i casi sono molto più frequenti e le famiglie, per evitare di compromettere il loro onore, le fanno sposare in età ancora più giovane. Questo anche per evitare che esse possono finire in giri di prostituzione minorile, sebbene molte adolescenti all’indomani di molestie nel contesto lavorativo siano costrette a prostituirsi per garantire la sopravvivenza dei loro cari.

I potenziali contributi che le donne potrebbero offrire per contrastare l’impatto ambientale sono spesso trascurati, e la leadership femminile viene ignorata a causa di ruoli di genere e norme culturali difficili da erodere. Tuttavia la ricerca dimostra che i paesi con un’alta rappresentanza delle donne in parlamento hanno maggiori probabilità di ratificare i trattati internazionali sull’ambiente. Inoltre le donne, essendo le responsabili per così dire ancestrali delle famiglie e dell’agricoltura, sono spesso più inclini ad adottare nuove tecnologie e pratiche per migliorare la condizione di vita della propria  comunità se non famiglia.

Affrontare il problema dell’ingiustizia sociale e con esso la lotta ai cambiamenti climatici, quindi, significa innanzitutto riconoscere la piena uguaglianza delle donne ed il rispetto dei loro diritti. L’Onu ha sottolineato la necessità di incoraggiare la partecipazione delle donne e la leadership nel processo decisionale ambientale per una partecipazione significativa ai processi globali.

Di fatto, la questione di genere è stata discussa negli ultimi anni all’interno dei negoziati climatici Il Gender Action Plan, adottato durante la Cop24, mira a promuovere la piena, equa e significativa partecipazione delle donne e a promuovere una politica climatica sensibile alla questione di genere. Sebbene il collegamento possa sembrare non immediato, investire nell’uguaglianza di genere potrebbe essere una soluzione per contrastare i cambiamenti climatici e preservare l’ambiente.

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