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martedì, Apr 20

Perché i giornali si interessano solo ora di Ciro Grillo?



Da Wired.it :

Non è vero, come sostiene Beppe, che suo figlio è trattato dai media “come uno stupratore seriale”. Anzi, l’informazione è stata fin troppo decorosa su un caso di presunto stupro che coinvolge indirettamente uno dei personaggi che hanno segnato la politica (e anche il registro linguistico della politica) degli ultimi anni

Ormai i deliri di Beppe Grillo sono ordinaria amministrazione e l’ultimo che ci siamo dovuti sorbire è il video-arringa in cui difende il figlio Ciro accusato di stupro per una vicenda in Sardegna del 2019. Per il garante del Movimento Cinque Stelle il ragazzo e i suoi amici quella sera si stavano solo divertendo e la ragazza il giorno dopo era a fare kitesurf, oltre ad averci messo otto giorni per denunciare. Quanto basta dal suo punto di vista per dimostrare che si è trattata di una montatura mediatica dal sapore politico e che è arrivato il momento di assolvere tutti.

beppegrillo
(foto: LaPresse – Guglielmo Mangiapane)

Che un padre voglia tutelare il figlio può essere comprensibile, ma le esternazioni rabbiose e pubbliche di Grillo, la criminalizzazione della vittima e la totale ignoranza su come funzioni temporalmente il processo di presa di consapevolezza da parte di chi subisce violenza, rendono il video dell’ex comico qualcosa di infimo e tossico, perfettamente nel suo stile. L’unica buona notizia connessa al delirio di ieri è che ha svelato però un certo doppio standard nella narrazione che in Italia viene fatta nei confronti dei “figli di” e delle accuse che li riguardano.

Non è la prima volta che ci troviamo davanti a situazioni di questo tipo. Per citare degli esempi più recenti, viene in mente lo scandalo del “Trota”, il figlio di Umberto Bossi che aveva comprato la laurea in Albania, peraltro usando fondi destinati alla Lega. C’è poi il figlio dell’ex ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi, destinatario di doni da parte degli imprenditori nel giro del padre oltre che di una corsia preferenziale in quanto a posti di lavoro. E ancora, il figlio del consigliere torinese del Partito Democratico che lanciava uova per strada e aveva rischiato di rendere cieca l’atleta Daisy Osakue. E poi, per stare ai giorni più nostri, il figlio di Matteo Salvini che in riviera romagnola scorrazzava sulla moto d’acqua della polizia, con tanto di indagine sull’uso improprio dei mezzi dell’amministrazione pubblica.

Ciascuna di queste notizie ha avuto una copertura mediatica differente e il fattore decisivo in questo senso non è stata la gravità dell’accusa, quanto piuttosto il colore politico del padre. Il presunto stupro del figlio di Beppe Grillo è rimasto abbastanza in sordina in questi anni e se oggi ne stiamo parlando è sola per la violenza verbale con cui in queste ore il garante pentastellato è tornato sull’argomento. Al contrario, la vicenda della moto d’acqua del figlio di Salvini ha portato all’esaurimento delle scorte d’inchiostro a livello nazionale e per qualche tempo non si è parlato di altro, come ci trovassimo davanti al più grande scandalo di corruzione della storia repubblicana italiana. Un discorso simile per il Rolex regalato al figlio di Lupi o alla laurea comprata del Trota, per settimane sulle prime pagine dei giornali a differenza di un’aggressione a sfondo razzista o presunta tale a Torino di cui si è molto parlato, ma non nella sua accezione politica dal momento che si è scoperto che il “padre di” si trovava nel campo di centrosinistra.

Vige una sorta di doppio standard in Italia in cui il “figlio di” e il garantismo funzionano a intermittenza, solo quando serve a dare benzina alla narrazione della “cattiva destra”. Un giro in moto d’acqua assume più rilevanza di un presunto stupro e un Rolex stravolge il paese più di un’aggressione presunta razzista, non perché effettivamente sia così ma semplicemente perché a interessare non è l’accusa, ma il colore politico del genitore. Se nel 2019 il figlio di Matteo Salvini fosse stato accusato di stupro di gruppo nei confronti di una giovane ragazza italo-svedese, da due anni non staremmo parlando d’altro, così come oggi ci sarebbe stata una sollevazione popolare che va ben oltre la condanna social se il Capitano avesse usato la violenza e la criminalizzazione della vittima adoperata dall’ex comico nel video delle scorse ore. 

È un ciclo che si autoalimenta e che funge da serbatoio di vittimismo per chi come il centrodestra si trova particolarmente attaccato quando si verificano situazioni di questo tipo e che finisce poi per strumentalizzarle a proprio favore. Non è un caso che mentre Grillo delirava sul figlio, la fanbase di Salvini e lo stesso Capitano abbiano tirato in mezzo storie che non c’entrano nulla, come il processo Open Arms e il garantismo che “vale per tutti, anche per i presunti stupratori, tranne che per lui”. La realtà è che le colpe dei figli non dovrebbero ricadere sui padri o devono farlo solo quando questi ultimi si trovano direttamente coinvolti. Ma questo dovrebbe avvenire senza bias ideologici, attraverso una narrazione super partes e priva di doppi standard che non dia ai Salvini di turno assist di vittimismo da usare anche lì dove invece gli attacchi e le condanne sono necessari.

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[Fonte Wired.it]