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lunedì, Mag 03

Perché la serie Vincenzo è imperdibile



Da Wired.it :

Ha conquistato l’Asia a suon di stereotipi sul Belpaese. Inutile offendersi e snobbarlo: questo k-drama è lo show più divertente che vi capiterà di vedere per lungo tempo. E c’è pure Pippo Inzaghi

In tempi in cui la vita sociale funziona a singhiozzo ed è resa precaria dalla pandemia, a pagarne le conseguenze è il buon umore. Per questo, la serie Vincenzo è la cura ideale. Netflix l’ha servita alla maggior parte dei Paesi dove è presente la piattaforma, come il Regno Unito, al ritmo di due puntate settimanali dal 20 febbraio; mentre da noi è arrivata in blocco il 9 maggio: 20 episodi che compongono una stagione unica, di cui quattro aggiunti in corso d’opera sull’onda del successo. Il k-drama è stato molto apprezzato in patria (varie celebrità, tra cui Jay della boy band degli Enhypen desidera imparare l’italiano) e in tutta l’Asia grazie a un protagonista singolare: l’avvocato Vincenzo Cassano, consigliere della mafia nostrana che si trasferisce temporaneamente a Seoul per arraffare un bottino milionario.

Chi scrive l’ha seguito tramite una visione di gruppo via chat di Telegram (ma vanno benissimo anche Zoom, Discord o Skype) contraddistinta da incontenibili risate generate in particolare dai bizzarri stereotipi assegnati agli italiani. Se sentite la necessità di rincuorarvi con una serie esilarante, Vincenzo è imperdibile e vi spieghiamo perché (no spoiler). Un consiglio: non siate permalosi, l’autoironia è un gran pregio.

1. La “famosa” mafia milanese

Il primo episodio di Vincenzo è ambientato nel nostro Paese (grazie a una buona dose di Cgi imposta dai limiti della pandemia), dove Cassano, coreano adottato da genitori italiani, ha vissuto sin dall’infanzia. Mafioso dal viso d’angelo, è il braccio destro del padre putativo, don Fabio, ma lascia Milano per recarsi a Seoul e recuperare un tesoro murato nelle fondamenta di un palazzo. Curiosamente, i coreani sono convinti che la mafia italiana sia come la yakuza dei film di Kitano: moralmente integerrimi e attenti a non coinvolgere i civili nelle ritorsioni tra famiglie. Molto più onorevoli, quindi, dei politici corrotti e degli imprenditori coreani, considerati più pericolosi di Al Capone. Ancora più ilare, è la convinzione che il cuore della mala siano Milano (tra Brera e Porta Venezia, con sede presso il Monastero di San Benedetto) e Roma (tra Piazza Farnese e Palazzo Baldoca Muccioli in via Giulia e tra Villa Mondragone ai Castelli romani e le campagne di Viterbo). I suoi esponenti sfoggiano un accento nordico e i loro avversari dalla parlata romanesca prediligono una sontuosa e ritirata vita campagnola.

2. Come si parla l’italiano in Corea

Vincenzo è prodotta da Netflix insieme alla Hbo coreana, Tvn, emittente blasonata di Goblin, Mr. Sunshine e Crash Landing on You la quale, come tutti i canali locali, deve rispettare la rigida censura che limita la messa in scena di sesso, violenza e turpiloquio. Tuttavia, Vincenzo non lesina sulle parolacce, sottotitolate in originale con eufemismi: in pratica, solo chi conosce l’italiano è in grado di realizzare quanto sia scatologica questa serie. Gli esilaranti accessi d’ira del protagonista, costantemente alle prese con le incomprensioni culturali, si manifestano con incontenibili fiumi di imprecazioni che per noi risultano ancora più divertenti a causa dell’accento, non proprio perfetto, del suo interprete. Ovviamente, Vincenzo va seguita in lingua originale.

Il protagonista ha l’abitudine di gesticolare, di dispensare perle di saggezza in forma di proverbi (“Un diavolo schiaccia l’altro” è la sua preferita) e di prodursi in monologhi foneticamente impronunciabili anche per noi madrelingua. Indossa solo abiti su misura del migliore sarto milanese, il famigerato “Burarlo” (sic!). Infine, un vero spasso è il testo italiano de “L’adrenalina scorre nelle mie… viscere”, la sigla bondiana creata apposta per lo show.

3. Pippo Inzaghi, la star di Vincenzo

I coreani apprezzano il calcio, tanto che svariate serie citano spesso il giocatore preferito di questa parte dell’Asia, Lionel Messi. Vincenzo, fanatico di questo sport e amico di varie figure di spicco della nazionale, è invece cresciuto con il culto di Filippo “Pippo” Inzaghi. Il suo nome viene ripetuto in continuazione, specialmente quando l’avvocato comincia a essere perseguitato da un piccione invadente che sosta sul suo davanzale quando non si insinua nell’appartamento del protagonista.

Chiunque pensi di non poter essere amico di un piccione dovrebbe leggere il manuale su come coltivare una relazione con un uccello studiato da Vincenzo nel corso della serie; inoltre Inzaghi è amichevole e protettivo nei confronti dei suoi amici umani, membro di un plotone di vendicatori votati al salvataggio degli uomini più spaventosi dei volatili di Hitchcock.

4. Il cast giusto

In Corea del Sud, specialmente di questi tempi, è difficile reperire attori italiani; i pochi raggiungibili sul territorio potrebbero tranquillamente essere comparse de Gli occhi del cuore accanto a Corinna e Stanis di Boris e forse per questo Vincenzo è stato adattato per permettere all’attore Song Joong-ki (The Werewolf Boy, Arthdal ChroniclesSpace Sweepers), 100% coreano, di prestare le sue fattezze delicate al duro malavitoso. Trentacinquenne con il volto da tween, è bravissimo nel conferire al suo personaggio un’aria innocua e minacciosa al tempo stesso. Tuttavia, la rivelazione di Vincenzo è Jeon Yoe-bin, interprete dell’avvocatessa Hong Cha-young, decisa a tutto per denunciare la corruzione della losca azienda Babel. La pandemia ha posticipato di sei mesi l’uscita del noir Night in Paradise (fuori concorso al Festival di Venezia), sbarcato su Netflix a ridosso di Vincenzo, rendendo così ancora più evidente il talento della giovane attrice.

5. Lo sceneggiatore innamorato dell’Italia

Le serie coreane, o k-drama, vantano una struttura più simile a quelle britanniche rispetto, per esempio, alle americane: composte di pochi episodi – solitamente 16 – e da un’unica stagione, sono curate da un unico sceneggiatore che funge da showrunner e scrive tutte le puntate. In questo caso, il responsabile di Vincenzo è Park Jae-bum, il quale dimostra di avere un’idea molto personale dell’ dei suoi abitanti e della sua cultura, venerati fino a generarne una visione idealizzata. Il che appare evidente anche nella sua opera precedente, sempre reperibile su Netflix, intitolata The Fiery Priest: se non l’avete ancora vista, vi consigliamo di curare l’inevitabile astinenza da Vincenzo con questo show incentrato su un prete cattolico coreano che, come il Consigliere, decide di espiare un passato violento schierandosi contro un’organizzazione corrotta.

Questo, con l’aiuto di una manciata di amici strampalati (non vi abbiamo parlato degli inquilini del Geumga-dong plaza di Vincenzo, tra cui Toto, il cuoco “italiano” che somiglia a Marrabbio di Kiss Me Licia), e il Papa, invocato con missive dall’italiano stentato e ridicolo. Il prete esperto di arti marziali Kim Hae-il ricorre, infatti, anche all’aiuto del Vaticano e del Pontefice (il quale parla un impossibile accento milanese-bresciano), con il risultato di risultare ancora più comico per il pubblico nostrano.

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[Fonte Wired.it]