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Perché le proteste in Serbia da nove mesi non si fermano. E perché ora che usa il pugno duro per reprimerle, il governo rischia di giocarsi l’ingresso nell’Unione europea

da | Ago 18, 2025 | Tecnologia


Dallo scorso novembre, le proteste in Serbia non si sono mai sopite. Il movimento guidato dal corpo universitario e nato in seguito alla tragedia di Novi Sad — sedici vittime causate dal crollo di una pensilina della stazione recentemente ristrutturata — per mesi ha manifestato pacificamente contro la corruzione e la cattiva gestione delle opere pubbliche. Le proteste in Serbia non riguardano solo le università, ma coinvolgono l’intera società civile, che invoca responsabilità, trasparenza e nuove elezioni, in sfida aperta contro un sistema percepito come autoritario e colluso con interessi criminali.

Scontri e arresti nelle città serbe

La più recente adunata oceanica risale a fine giugno quando circa centoquarantamila persone, secondo le stime di osservatori internazionali indipendenti, si sono radunate a Belgrado. Solo pochi mesi prima, sempre nella capitale, la grande manifestazione del 15 marzo è stata la più imponente dalle contestazioni contro Slobodan Milošević.

Nonostante la pressione, il presidente serbo Aleksandar Vučić, al potere da tredici anni, ha in più occasioni escluso la convocazione di elezioni anticipate, bollando le proteste come tassello di un complotto orchestrato dall’estero per rovesciarlo.

Fino a luglio il movimento è stato pacifico, e la prerogativa dell’organizzazione studentesca categorica: non rispondere alle provocazioni con la forza. Le cose sono cambiate, e non in meglio, nelle prime due settimane di agosto. Da tempo alcune organizzazioni per i diritti umani denunciano una preoccupante intensificazione della repressione da parte del governo, con episodi di uso eccessivo della forza, intimidazioni e arresti: tutti campanelli di allarme verso una possibile deriva autoritaria.

Il punto di non ritorno a Valjevo e le violenze della polizia

Come si è anticipato, nei primi giorni di agosto la situazione è degenerata. Il 12 agosto a Vrbas, città della multiculturale regione della Voivodina, sono volati petardi e bottiglie contro un gruppo di manifestanti; a lanciarli un gruppo di sostenitori dell’Sns, il Partito Progressista Serbo attualmente al governo. Il giorno seguente, gruppi di ultras di tifoserie calcistiche vicine a al governo hanno affrontato i manifestanti lanciando fumogeni e bastoni nelle strade di Belgrado e Novi Sad; in risposta, la folla si è armata di pietre e oggetti vari, mentre la polizia usava gas lacrimogeni.



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Scritto da Flavio Perrone, consulente informatico e appassionato di tecnologia e lifestyle. Con una carriera che abbraccia più di tre decenni, Flavio offre una prospettiva unica e informata su come la tecnologia può migliorare la nostra vita quotidiana.

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