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martedì, Giu 23

Perché l’Italia ha bisogno di una legge sull’omotransfobia



Da Wired.it :

La legge Zan propone di inserire l’orientamento sessuale e l’identità di genere all’interno dell’attuale impianto giuridico in materia di reati e discorsi d’odio, intervenendo sul codice penale. Storia di un dibattito che dura da 25 anni

(foto: Getty Images)

In tema diritti lgbti siamo il proverbiale fanalino di coda fra i paesi Ue. La fotografia l’ha scattata la federazione delle sigle lgbt+ Ilga nella mappa Europe Rainbow: l’Italia è 35esima su 49 paesi analizzati. E secondo un altro rapporto pubblicato dell’Agenzia europea dei diritti fondamentali (Fra), l’Italia è fra i primi paesi con indice di discriminazione più alto secondo gli intervistati (19 per cento). Entrambi i report segnalano l’assenza di una legge contro l’odio e la discriminazione in Italia – presente, fra l’altro, in tutti quasi tutti i paesi Ue, dalla Francia alla Spagna alla Germania – una situazione che fa scendere la nostra penisola in fondo alle classifiche. Non a caso Ilga raccomanda “l’introduzione di una normativa sul crimine d’odio e l’hate speech che copra tutti i crimini motivati da pregiudizi che si fondano sull’orientamento sessuale e l’identità di genere”.

Un paradosso se si pensa che, in realtà, a una legge del genere si lavora da quasi 25 anni senza risultati significativi. La prima proposta venne infatti presentata nel 1996 da Nichi Vendola, allora deputato di Rifondazione comunista. Dieci anni dopo arrivarono anche le raccomandazioni dal Parlamento europeo, ma in Italia fu un nulla di fatto. Un piccolo passo in avanti nella legislatura precedente quando il testo era stato approvato alla camera per poi, però, arenarsi al senato. Adesso a riprovarci è il deputato Alessandro Zan (del Partito democratico), primo firmatario del disegno di legge che, secondo una prima bozza del testo, ha l’obiettivo di uniformare e unificare cinque proposte precedenti sullo stesso tema (Boldrini, Zan, Scalfarotto, Perantoni, Bartolozzi). Indice dell’urgenza di approvare questa legge è il fatto che lo stesso Zan ha ricevuto nei giorni scorsi pensanti insulti sui social network, che gli intimavano il ritiro dello stessa.

Per comprendere la necessità e l’urgenza di una buona legge su misoginia e omotransfobia è sufficiente guardarsi attorno, aprire le pagine di un giornale, o semplicemente parlare con le vittime della discriminazione e dell’odio, come a me capita spessissimo”, racconta a Wired Monica Cirinnà, senatrice Pd e paladina di un’altra legge cardine in tema di diritti lgbt, ovvero quella delle unioni civili del 2016. Per questo, “una legge è necessaria e urgente” – prosegue la senatrice – “perché l’Italia ha bisogno di rafforzare la cultura dell’eguaglianza e del rispetto per l’altro: e questo può avvenire punendo l’odio e la violenza, ma anche promuovendo concrete azioni sul piano culturale e per il sostegno delle vittime. Ed è esattamente questo che fa la bozza Zan: prevenire, contrastare, sostenere”.

Cosa prevede il ddl

In sintesi, la bozza del testo – anticipata da L’Espresso – agisce in due direzioni: da un lato la modifica del codice penale e dall’altro interviene sulla legge Mancino (ovvero il decreto legge n. 122 del 26 aprile 1993 che modificò l’impianto della cosiddetta legge Reale del 1975). Nel dettaglio, sul codice penale “si agisce sugli articoli 604-bis e 604-ter, ovvero le vecchie disposizioni che si ritrovano all’articolo 3 della legge Mancino-Reale e che da pochissimo tempo sono stati riportarti all’interno del codice in un’ottica di ‘riserva di codice’ e cioè per avere tutte le normative riunite in maniera organica”, spiega a Wired Francesca Rupalti, vicepresidente di Rete Lanford – avvocatura per i diritti lgbti. In questi articoli, continua l’avvocato, si aggiunge alla discriminazione “razziale, etnica e religiosa” quella fondata “sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere”. Si tratta, quindi, di un’estensione dell’incriminazione per queste tre tipologie di odio.

Sempre stando al testo finora circolato, anche sul lato della legge Mancino si andrebbe a estendere il campo d’azione ai reati motivati da omofobia, transfobia e misoginia oltre a quelli che già punisce, ovvero gesti, azioni, aventi per scopo l’incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali. Di fronte a un episodio di odio ai danni di una persona, sarà comminata una pena maggiore a chi lo ha commesso per ragioni legate al genere, all’orientamento sessuale o all’identità di genere. Va appunto notato che questo ddl, se approvato, interverrebbe solo contro chi “istiga a commettere o commette” atti di discriminazione o di violenza. “Siamo l’ultimo paese dei fondatori dell’Unione a non avere una normativa penale in tal senso” continua Rupalti, sottolineando l’urgenza dell’approvazione.

C’è necessità” – prosegue – “e c’è un’attenzione sempre crescente anche dal punto di vista penale a tutelare la vittima. Il che è un fenomeno nuovo, non proprio del nostro ordinamento, che arriva dalla spinta dell’Unione europea”. Negli altri articoli del testo, infatti, si prevede anche un recupero di chi commette il reato tramite vari percorsi all’interno di organizzazioni di volontariato: in questo senso la sanzione sarà rieducativa, come previsto dall’art. 27 della Costituzione. Inoltre, si mettono anche in campo iniziative di formazione nelle scuole per combattere il bullismo omotransfobico e l’istituzione della Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia il 17 maggio (data, di fatto, già celebrata a livello europeo e internazionale).

La rete Lanford – spiega ancora Rupalti – ha partecipato attivamente al dibattito sulla nuova legge portando un contributo tecnico-giuridico, in quanto è stata audita con due relazioni, una scritta e una orale, in commissione giustizia, dove è il ddl è stato depositato lo scorso 16 giugno. Proprio qui inizierà l’iter formale della legge proprio questa settimana. Non saranno però più previste audizioni, ma solo memorie scritte, in un’ottica di accelerare e arrivare a una calendarizzazione della legge a luglio alla Camera, come era previsto.

Un paese di odiatori

Il fenomeno, quindi, non si può più nascondere anche se non ci sono dei dati ufficiali sui crimini omotransfobici proprio in virtù della mancanza di una legge, che rende impossibile un monitoraggio normativo. Per questo le cifre che abbiamo sono quelle che provengono dai fatti di cronaca e dai dati raccolti dalle associazioni. “Soltanto nel 2019 in Italia i casi di omotransfobia sono arrivati a 212 e due morti”, racconta a Wired Simone Alliva, giornalista e autore del libro-inchiesta Caccia all’Omo, viaggio nel paese dell’omofobia (Fandango) che ha raccolto testimonianze sul tema. In tre anni i casi di intolleranza sono raddoppiati in Italia.

Questo aumento era stato confermato anche dai dati del numero verde contro l’omofobia di Gay Center, in occasione dell’ultima giornata contro l’omotransfobia. Il dato sulle violenze e gli abusi aveva registrato un incremento del 9 per cento rispetto all’anno precedente, con una crescita soprattutto durante l’emergenza Covid-19. Secondo quanto riportato dall’agenzia europea dei diritti umani, in Italia circa il 92 per cento delle persone lgbti considera che il proprio paese non si impegni per niente o quasi per niente “in una lotta efficace ed effettiva contro l’intolleranza e il pregiudizio” nei confronti di questa comunità. Un dato altissimo che ha conseguenze dirette: il 38 per cento dichiara di evitare di tenere per mano il o la partner dello stesso genere in pubblico, per paura di aggressioni, il 41 per cento dichiara che sono aumentati pregiudizio e intolleranze.

Registrare tutto queste violenze e questo odio non è facile: “c’è anche un fenomeno di under reporting di questi situazioni – precisa Rupalti – Sono in crescita perché ne è cresciuta l’evidenza, questo non significa che prima non ci fossero”. La difficile categorizzazione avviene, oltre che per la mancanza della legge, “un po’ perché c’è scarsa preparazione nelle forze dell’ordine e un po’ perché con questi tipi di reato le persone si vergognano a denunciare”, spiega ancora l’avvocato.

La giusta occasione per cambiare le cose?

Lo scorso maggio in occasione della giornata Idahot anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella aveva sostenuto in una nota che “le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale costituiscono una violazione del principio di eguaglianza e ledono i diritti umani necessari a un pieno sviluppo della personalità umana. È compito dello stato garantire la promozione dell’individuo non solo come singolo, ma anche nelle relazioni interpersonali e affettive”. Sulla stessa lunghezza d’onda era anche il presidente del consiglio Giuseppe Conte, che aveva invitato i partiti a “convergere sulla legge”.

Eppure, nonostante lo scenario sembri propizio, non va dimenticata la delicata situazione attuale. “Sappiamo quanto il quadro politico sia complesso in questa fase” – spiega infatti Cirinnà – “Tuttavia, vedo un buon livello di coesione nella maggioranza: nei lavori della bicamerale informale degli ultimi mesi (con deputati e senatori di maggioranza, membri delle Commissioni Giustizia di Camera e Senato) la collaborazione è stata intensa. C’è la consapevolezza che l’attesa di tante e tanti non può essere tradita“. Per la senatrice, poi, “bisogna vincere timidezze e paure, e avere coraggio. Questa legge non danneggia nessuno e non toglie diritti, semmai aggiunge un tassello in più al mosaico dell’uguaglianza nel nostro paese. Possiamo e dobbiamo farcela: come responsabile diritti del Partito democratico avverto una forte responsabilità, che è anzitutto quella di dare coraggio, a partire dall’ascolto e dal dialogo”.

Chi si oppone alla legge

Ma c’è chi ovviamente non la pensa così ed è pronto a un’intensa battaglia sin dai primi passi del ddl. Fra questi c’è in primis la Cei (conferenza episcopale italiana) che parla di “deriva liberticida”, sottolineando che la legge Zan limiterebbe la libertà di espressione. Anzi, sostiene che in realtà non ci sia alcun vuoto normativo da colmare sottolineando che “un’eventuale introduzione di ulteriori norme incriminatrici rischierebbe di aprire a derive liberticide, per cui – più che sanzionare la discriminazione – si finirebbe col colpire l’espressione di una legittima opinione”.

Anche la nota associazione pro-life Pro Vita si è scagliata contro la legge sull’omotransfobia, sostenendo che non sostenendo che in realtà i dati Ue dicono il contrario e affermando che “con una legge come quella che hanno in mente Zan e i suoi amici si contribuirà a rendere sempre più “invisibili” le associazioni e le persone che come noi vengono intimidite giornalmente“. Poi, c’è anche chi mette in circolazione vere e proprie bufale, che sostengono, fra le altre cose, che il ddl Zan vieterebbe nientemeno che il vecchio e il nuovo testamento. Una fake news verificabile in pochi minuti, visto che nel testo finora circolato queste parole neanche compaiono.

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[Fonte Wired.it]