Seleziona una pagina
domenica, Lug 19

Perché Marte è la destinazione più ambita dalle agenzie spaziali



Da Wired.it :

Presente e futuro dell’esplorazione marziana secondo Francesco Salese, il geologo che ha scoperto l’evidenza di corsi d’acqua sul Pianeta Rosso

Scienziati al lavoro sulla sonda marziana emiratina Hope (foto: Mohammed bin Rashid Space Center)

Hope è sulla rampa di lancio e, se tutto va come previsto nonostante i rinvii per maltempo, partirà tra 20 e 22 luglio verso Marte. Sarà la prima sonda marziana degli Emirati Arabi Uniti, in partenza dal Giappone, raggiungerà il Pianeta rosso in cinque mesi e quindi comincerà a orbitagli attorno per analizzarne l’atmosfera.

Obiettivo primario: raccogliere dati per comprendere se, come e perché il Pianeta rosso sia inaridito. E pensare che tre miliardi di anni fa Marte avrebbe riservato un colpo d’occhio del tutto diverso a un eventuale visitatore: fiumi gonfi come il Po, laghi, almeno 24 nel solo emisfero nord, estesi per decine di chilometri. E là, poco distante, un oceano. Forse straripante di vita.

Marte era così, un mondo più simile alla Terra che al deserto verso il quale, nei prossimi giorni, partiranno anche la missione cinese, Tianwen -1, e quella statunitense, Mars 2020.

A confermarlo è uno studio, pubblicato a maggio su Nature Communications, di Francesco Salese, geologo italiano di 32 anni, già senior scientist dell’International Research School of Planetary Sciences dell’università d’Annunzio di Pescara, borsista Marie Curie alla facoltà di geoscienze dell’università di Utrecht e parte del team di Cassis-ExoMars, la missione dell’Agenzia spaziale europea che da un paio d’anni spedisce immagini da Marte capaci di stravolgerne la conoscenza.

La sonda Hope prima di essere spedita al Tanegashima Space Center (foto: MBRSC)

Salese, perché le agenzie spaziali più importanti puntano a Marte?

“È il segnale di come vari Stati stiano investendo e stiano preparandosi all’esplorazione umana del Pianeta rosso. Il rover Perseverance è costato alla Nasa circa due miliardi di dollari, briciole se pensiamo alle ricadute che le missioni spaziali hanno nel lungo periodo sulla nostra vita quotidiana. L’alto numero di spedizioni che partiranno quest’anno – e sarebbero state quattro se l’europea ExoMars non fosse stata rinviata dimostra che in questa fase dell’esplorazione extraterrestre i Paesi si organizzano ancora in modo indipendente. Portare l’essere umano su Marte, però, non potrà prescindere da una forte cooperazione internazionale”.

Che cosa può dirci di Hope, di Mars 2020 e di Tianwen-1?

“Hope studierà le dinamiche dell’atmosfera marziana e la sua interazione con lo spazio e il vento solare. Gli obiettivi primari della missione sono la ricerca del nesso tra l’attuale clima e il paleoclima marziano, capire come Marte abbia perso l’atmosfera monitorando l’andamento e la perdita attuale di idrogeno e ossigeno, e indagando come gli strati inferiore e superiore dell’atmosfera sono collegati. Si cercherà di avere una panoramica sulle variazioni del comportamento atmosferico durante il giorno e l’intero anno.

Perseverance è tra le missioni rover più interessanti e quella a più alto sviluppo tecnologico. Forte del successo di Curiosity, che dal 2012 continua a investigare Gale Crater, Perseverance rappresenta una versione con una tecnologia avanzata, che oltretutto permetterà di contenere rischi e costi. Cercherà evidenze di condizioni abitabili nel passato di Marte, ma anche segni di vita microbica sul Pianeta. È dotato di una mini trivella per la raccolta delle rocce più significative, che metterà da parte per il recupero previsto dalla futura missione Mars Sample Return [di Nasa ed Esa, ndr]. Con sé, il rover ha anche Ingenuity, un drone che, salvo imprevisti, decollerà cinque volte divenendo il primo oggetto umano a volare su un altro corpo celeste”.

Perseverance, il rover della missione Nasa “Mars 2020” (foto: Nasa)

E Tianwen-1?

“La Cina porterà su Marte un satellite, un lander e un rover  anche per accrescere, a 50 anni dal lancio del suo primo satellite, il Dong Fang Hong-1, la propria centralità nel settore spaziale. Mentre da un punto di vista ingegneristico la missione sfrutterà molte tecnologie già viste nel programma lunare Chang’e, da quello scientifico esplorerà l’atmosfera,  la superficie e anche il sottosuolo marziano. Sebbene a guida cinese, ci sono state collaborazioni sia con la Russia che con l’Austrian Space Research Institute”.

A proposito, lei che cos’ha scoperto? 

“La prima evidenza di rocce sedimentarie esposte in falesia: mostra canali formati da grandi fiumi attivi circa tre miliardi e 700 milioni di anni fa. I sedimenti ci dicono che su Marte c’erano condizioni ambientali adatte alla presenza di corsi d’acqua di grande portata e a un ciclo idrico con precipitazioni importanti. Evidenze geologiche di questo tipo sono cruciali per cercare forme di vita: in uno studio precedente avevo già individuato 24 paleolaghi a 4000 metri di profondità nell’emisfero nord, dove molto probabilmente in passato c’è stato un oceano. Sul fondo di alcuni laghi sono presenti tracce ben conservate di delta fluviali e sedimenti ricchi di minerali compatibili con l’ipotesi della vita: smectiti ad alto contenuto di magnesio, serpentino e minerali di ferro-idrato, cioè elementi che potrebbero avere a che fare con processi all’origine biologici”.

Cerchiamo questo su Marte, la vita?

“Quanto a obbiettivi scientifici, andiamo su Marte per comprenderne la geologia, l’evoluzione e sì, per cercare la vita. Capire se altrove nell’Universo la vita esista, o sia esistita, è la domanda dell’umanità. Marte è il posto ideale per iniziare a rispondere, perché è il pianeta più simile alla Terra che conosciamo. Le evidenze suggeriscono che una volta fosse ricco d’acqua, con temperature più elevate e un’atmosfera più densa, quindi potenzialmente abitabile“.

Illustrazione artistica di un’alba marziana (immagine: Getty Images)

Com’è arrivato alle sue scoperte?

“Utilizzando dati acquisiti diversi anni fa da Mars Express e da Mars Reconnaissance Orbiter, due sonde che hanno fatto la storia dell’evoluzione marziana. Grazie a Mars Express e ai due rover americani nel 2004, e al Mars Reconnaissance Orbiter della Nasa nel 2006, l’esplorazione marziana ha subito un’accelerazione senza precedenti. Oggi abbiamo per fortuna immagini satellitari di Marte a una risoluzione di 25 centimetri per pixel (Google Earth ha una risoluzione di 1 metro per pixel), che permettono ai geologi di osservare le rocce come fossero davvero vicine. Il tutto usando la stessa chiave di lettura terrestre per ricostruirne l’evoluzione geologica”.

A proposito, che cosa è successo a Marte?

“È diventato arido e ha perso gran parte dell’atmosfera. Su come e perché ci sono diverse ipotesi. La missione emiratina Hope ha proprio lo scopo di integrare le analisi atmosferiche iniziate dalla sonda Nasa Maven nel 2014″.

Perché la geologia planetaria sta acquisendo una importanza sempre maggiore?

“Tra qualche secolo, quando nelle scuole marziane i ragazzi studieranno la storia, ci guarderanno come noi guardiamo i nostri antenati preistorici che per la prima volta lasciarono l’Africa. Siamo usciti dalla Terra solo 59 anni fa: viviamo gli albori dell’esplorazione spaziale, una grande opportunità per i futuri geologi. Marte è come un esperimento di cui abbiamo i risultati: i geologi cercano di ricostruirne le condizioni iniziali. Lo studio delle rocce e dei paleoambienti è la chiave per decifrare l’evoluzione marziana, ma anche per capire come proteggere il nostro Pianeta evitando di accelerare fenomeni naturali con le attività antropiche».

Sta dicendo che Marte può essere un modello della futura evoluzione terrestre?

“Marte può aiutarci a capire meglio il pianeta che temporaneamente abitiamo e la sua possibile evoluzione, ma non potremo sicuramente rallentare il processo di invecchiamento di Gaia. La Terra ci è indispensabile ma non vale il contrario; è un posto meraviglioso, ma non resterà così per sempre“.

Il primo pellegrinaggio umano su Marte è previsto fra il 2037 e il 2042 (illustrazione: Getty Images)

E a che punto è, oggi, la ricerca dedicata a Marte?

“Procede da quasi vent’anni ad alti livelli, ma serve un nuovo impulso che potrà arrivare solo dall’esplorazione umana”.

Quando metteremo per la prima volta piede su Marte?

“Non credo prima della seconda metà degli  anni 30, ma sarei felice di sbagliarmi”.

A chi contrappone le missioni spaziali all’urgenza dei problemi terrestri che cosa risponde?

“Nasciamo e ci evolviamo esplorando, è la nostra missione in quanto esseri umani. Il nodo cruciale è se l’esplorazione spaziale sia una priorità per la nostra specie o no. Se ci limitassimo anche solo ad analizzare le ricadute dell’esplorazione spaziale in campo medico o nelle telecomunicazioni, capiremmo che vale la pena investire nello spazio. In termini più generali, ogni euro dato al settore ne restituisce sette. Purtroppo c’è ancora troppo poco spazio nelle scuole e nelle università italiane, basti pensare che l’unico corso di laurea magistrale in Scienze planetarie si tiene alla d’Annunzio di Pescara. Per un Paese come l’Italia è fondamentale investire in istruzione e ricerca di base se non vogliamo perdere terreno rispetto agli altri.

“Perché come tutti gli ambienti estremi, lo spazio pone obiettivi impegnativi, per raggiungere i quali sono fondamentali competenza e creatività. È necessario inventare cose che non esistono e che ci permettano di superare le colonne d’Ercole dell’epoca moderna. Lo spazio è uno dei principali motori economici in cui investire conviene, sebbene le ricadute si manifestino spesso nel medio o nel lungo periodo. Si tratta solo di scegliere se vogliamo essere cicale o formiche”.

Potrebbe interessarti anche





[Fonte Wired.it]