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La Commissione europea ha accusato Meta, la holding di Facebook, Instagram e Whatsapp, di aver violato le leggi europee. In particolare le autorità di regolamentazione esprimono preoccupazione per quanto riguarda il nuovo modello di gestione dei dati personali adottato recentemente da Meta in Europa, noto come “paga o acconsenti”. Il metodo violerebbe, secondo Bruxelles, il Digital markets act (Dma), ossia la legge europea che mira a garantire una concorrenza leale nel mercato digitale, regolando le pratiche delle grandi piattaforme online che hanno un forte impatto sul mercato. Meta rientra tra le grandi piattaforme soggette al Dma. Ora Meta potrà rispondere alle accuse della Commissione, che intende chiudere la sua indagine entro 12 mesi dall’avvio, risalente allo scorso 25 marzo. Meta ha fatto sapere: “Il modello di abbonamento senza pubblicità è in linea con le direttive della più alta corte europea ed è conforme al Dma. Siamo aperti a un dialogo costruttivo con la Commissione europea per portare a termine questa indagine”

Il modello di business

Secondo queste nuove regole, infatti, le grandi aziende tech devono ottenere il consenso esplicito degli utenti per combinare i loro dati personali tra diverse piattaforme. Per questo motivo lo scorso novembre, Meta ha introdotto un servizio di abbonamento senza pubblicità per Facebook e Instagram nel continente europeo. Questo modello offre agli utenti due opzioni: acconsentire al tracciamento dei dati personali per ricevere un servizio gratuito finanziato dalla pubblicità, oppure pagare per non condividere i propri dati.

I regolatori dell’Unione ritengono che questa scelta, contestata da molte associazioni a difesa dei diritti digitali, possa presentare una falsa alternativa agli utenti. La barriera finanziaria potrebbe di fatto costringere molti utenti ad acconsentire al monitoraggio dei loro dati personali per scopi pubblicitari, non rappresentando quindi una vera scelta libera. Le conclusioni preliminari delle autorità di regolamentazione dovrebbero essere pubblicate questa settimana. Al momento, l’azienda americana si dice pronta a un dialogo costruttivo con la Commissione europea. Tuttavia, se trovata in violazione, Meta potrebbe affrontare sanzioni fino al 10% del suo fatturato globale, con pene più severe per recidive.

Peraltro a inizio giugno l’Antitrust italiano ha elevato contro Meta una sanzione da 3,5 milioni di euro per la scarsa trasparenza sull’uso dei dati. Secondo l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm), Meta non avrebbe infatti informato con immediatezza gli utenti iscritti a Instagram via web che i loro dati sarebbero stati utilizzati per finalità commerciali e non avrebbe gestito con precisione la sospensione degli account dei propri clienti dello stesso social network e di Facebook. L’azienda ha respinto gli addebiti.

Altre violazioni

La priorità data alla regolamentazione delle big tech riflette un cambio di passo nell’approccio dell’Unione europea e riconosce che l’applicazione tradizionale del diritto della concorrenza sia stata lento e inefficace in passato. Margrethe Vestager, vicepresidente esecutiva dell’Unione e responsabile della politica digitale, ha detto la scorsa settimana di aver trovato “sorprendente” che alcune delle più grandi aziende del mondo “non prendano la conformità alle regole europee come un segno distintivo e d’onore. Il Dma non è una richiesta eccessiva – ha continuato la commissaria –. È semplicemente normale chiedere un mercato equo, aperto e trasparente”. E a valle dell’accusa a Meta ha detto: “La nostra indagine mira a garantire la contestabilità nei mercati in cui gatekeeper come Meta hanno accumulato dati personali di milioni di cittadini dell’Unione per molti anni. La nostra opinione preliminare è che il modello pubblicitario di Meta non sia conforme al Digital Markets Act. Vogliamo dare ai cittadini il potere di prendere il controllo dei propri dati e di scegliere un’esperienza pubblicitaria meno personalizzata”. Le fa eco il commissario al Mercato interno, Thierry Breton: “Oggi compiamo un altro passo importante per garantire la piena conformità di Meta con il Dma. La nostra opinione preliminare è che il modello di business “paga o acconsenti” di Meta violi il Dma. Il Dma serve a restituire agli utenti il potere di decidere come vengono utilizzati i loro dati e garantire che le aziende innovative possano competere ad armi pari con i giganti tecnologici per l’accesso ai dati”.

A metà maggio, seguendo questa linea sanzionatoria, la Commissione ha avviato un procedimento formale per esaminare se Meta abbia violato il Digital service act (Dsa) riguardo alla protezione dei minori. Le preoccupazioni includono la possibilità che gli algoritmi di queste piattaforme favoriscano dipendenze comportamentali nei minori attraverso l’effetto “rabbit-hole”, che porta all’uso eccessivo delle piattaforme, e i metodi di verifica dell’età adottati da Meta. Qualche settimana fa, invece, l’Unione ha bloccato il lancio della nuova intelligenza artificiale di Meta, previsto per il 26 giugno. La Commissione irlandese per la protezione dei dati (Dpc), che collabora con il Garante della privacy europea ha fatto sapere che i dati degli europei non sarebbero stati al sicuro dagli algoritmi di Meta, che utilizzano i profili pubblici presenti su Instagram e Facebook per allenare le loro AI, senza autorizzazione da parte degli utenti.



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