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lunedì, Ago 31

Perché non ha senso parlare di “opposti estremismi” per la violenza in America



Da Wired.it :

A Portland vittime e scontri arrivano da entrambe le parti, è vero, ma fare confusione tra i piani e le dimensioni del problema è controproducente: il terrorismo organizzato oggi negli Usa è di destra

A poco più di 60 giorni dal voto delle presidenziali statunitensi, con l’esito elettorale difficilmente prevedibile e la prospettiva che nessuno dei contendenti sia in grado di accettare la sconfitta, per parlare di Stati Uniti è tornato un vecchio classico della politica italiana: la teoria degli opposti estremismi. L’ha ripresa il corrispondente di Repubblica Federico Rampini, che ha descritto il contesto in cui si confrontano il movimento di Black Lives Matter e il nazionalismo bianco come caratterizzato da una violenza degli opposti estremismi che riporta l’America agli anni ’60”

È anche la tesi sostenuta, seppur con uno sguardo più sfumato, dal popolare blogger Alessandro Masala (noto come Shy) su Twitter: “Chissà se quello che accade giornalmente negli Stati Uniti… potrà insegnarci che l’estrema polarizzazione politica conduce inevitabilmente a gravi fratture nella società”. L’idea di fondo è che il quadro di tumulti in luoghi come Portland, in Oregon, oppure a Kenosha, in Wisconsin – dove in questi giorni bruciano negozi e suv vengono lanciati sui manifestanti, e un vigilante di 17 anni ha ucciso due persone – sia composto da una crescente capacità eversiva da parte sia della destra che della sinistra, specie tra i giovani, nella forma di una sorta di chiamata alle armi collettiva che sta facendo precipitare il paese in una nuova guerra civile.

Repubblica, 31 agosto 2020

Opposti estremismi è un’espressione che non appare nelle metafore giornalistiche statunitensi ma è presente in quelle italiane, e rimanda agli anni ’60 e ’70, quando il livello dello scontro nelle nostre città era drammatico e, secondo alcuni osservatori, paragonabile alla situazione d’oltreoceano attuale. Il primo a renderla popolare fu il prefetto di Milano, Libero Mazza, in un famoso rapporto del 1971 al ministro dell’Interno di allora, Franco Restivo. L’espressione fu utilizzata, a partire dal secondo Dopoguerra, come parte della strategia centrista italiana per compattare l’area di governo. Una scelta che però non convinse l’allora pluri-ministro democristiano Paolo Emilio Taviani, che pure fu uno degli obiettivi delle Brigate Rosse: Non fui capito. Fui accusato di aver dimenticato le Br… Qualcuno arrivò a dire che ero ‘un mitomane’ per la pretesa di dichiarare che la strage di Milano era stata di destra”. Nella dottrina – spiegò Taviani in un suo libro di memorie – nessuno ha mai negato la teoria degli opposti estremismi: di qua lo statalismo integrale, di là la destra di stampo autoritario. “Ma la strategia degli opposti estremismi sbagliava, perché poneva sullo stesso piano da un lato le efferate azioni delle Br incapaci di generare una svolta dittatoriale di sinistra e dall’altro la galassia dell’estrema destra che – al contrario – rischiava realmente di portare a una svolta autoritaria”.

Se c’è un’analogia da fare con i Sessanta e Settanta italiani, è che i giovani statunitensi di oggi, come quelli nostrani di allora, reclamano che il governo dica la verità. Attendono cioè che denunci non solo i saccheggi compiuti dai manifestanti antirazzisti di sinistra, ma anche quelli nazionalisti di destra, dicendo esplicitamente che sono di destra e magari indicando responsabili e coperture. Lo stanno iniziando a fare alcuni repubblicani provenienti dall’era di Bush-Obama e oggi passati nel campo di Biden, che però sono troppo compromessi con l’ancient regime precedente e troppo avvelenati con Trump per risultare credibili.

Molti osservatori credono che, bilanciandosi fra destra e sinistra, il Partito democratico e Joe Biden possano consolidare il dominio al centro dell’elettorato. Il rischio però è che si verifichi una fuga eccentrica di giovani e minoranze a sinistra e di bianchi e anziani a destra, che svuoti del tutto il centro.

Oggi negli Stati Uniti non ci sono la guerra fredda, le bombe fasciste, i tentativi di golpe, la lotta armata organizzata per gruppi sotterranei. C’è però una violenza di estrema destra crescente che fino a oggi ha trovato il suo culmine nell’elezione del presidente Donald Trump e in teorie del complotto come quella di QAnon che sono un passo dal diventare mainstream, con una nuova classe di politici repubblicani che ci crede, senza farne più mistero.

Una violenza che però ha i tratti di un’animalità in gabbia e persino mezza sconfitta, se è vero che la rivoluzione populista sognata da Steve Bannon, l’ex consigliere di Trump, non si è materializzata da nessuna parte, e il suo popolo continua a descriversi e a vedersi come sotto assedio (da parte del politicamente corretto, del mondo accademico, delle minoranze, delle sinistre e dei liberali) e così pensa di conquistare consensi alimentando, assecondando e sfruttando la rabbia degli assediati.

Va considerata anche la realtà di una campagna elettorale, quella che porterà al voto di novembre, che come non mai si regge su parole di paura, menzogna e di odio da una parte sola, mentre dall’altra le frange estremistiche sono tenute a bada da un candidato che fa appello al patriottismo socialdemocratico, inimicandosi buona parte del movimentismo radical per i suoi trascorsi e per la sua mancanza di carisma.

La matrice dell’estremismo terroristico è netta, ed è una matrice di destra. Questo non vuol dire che non si verifichino innumerevoli episodi di disordini, saccheggi, aggressioni di tipo fisico o psicologico da parte dei manifestanti di Black Lives Matter, oppure legati alla galassia antifa nei confronti della gente comune, che rischiano di screditare l’intero movimento. Tra l’altro, dopo mesi in cui le proteste non avevano impedito che Biden prendesse il largo nei sondaggi, in questi giorni sembra palpabile un certo calo di empatia da parte degli statunitensi per le manifestazioni, dato forse dalla combo: spossatezza per le notizie di cronaca più convention repubblicana (che come tutte le convention tradizionalmente pompa il consenso per il partito organizzatore).

Queste considerazioni tuttavia non devono distoglierci dal fatto che manca all’elemento violento della piazza americana rossa o anarchica quella capacità di farsi strutturale, istituzionalizzata, endemica e organizzata al punto tale da essere considerata terrorismo vero e proprio. La tesi sugli opposti estremismi finisce inoltre per rimuovere completamente dall’equazione un altro tipo di estremismo, quello sistemico da parte di interi apparati dello stato: i servizi deviati e i torturatori dell’esercito nella storia italiana post-’68, e le forze dell’ordine statunitensi che sembrano ormai incapaci di controllare situazioni di crisi senza ricorrere al grilletto facile o alla carcerazione di massa.

Già un mese fa gli esperti del Center for Strategic and International Studies di Washington raccontavano di una “triplice minaccia” terroristica proveniente, in una scala mai vista prima, soprattutto dall’estrema destra. Nel rapporto il Csis analizzava 25 anni di episodi di terrorismo domestico e scopriva che la maggior parte degli attacchi e delle trame eversive arrivano da quell’area, con le autorità statunitensi incapaci di affrontare il suprematismo bianco non solo nella gestione dell’ordine pubblico, ma anche all’interno delle forze armate.

Il terrorismo di estrema destra ha superato in modo significativo il terrorismo di altre tipologie” si legge nel testo, al punto che gli autori suggeriscono di trattarlo alla stregua dell’estremismo religioso dei “jihadisti salafiti ispirati dallo Stato islamico e da al-Qaeda”. Settimane fa, il Dipartimento di Giustizia ha accusato di reati legati al terrorismo un militare che si era legato a gruppi neo-nazisti accelerazionisti come la Divisione Atomwaffen. Nello stesso periodo, l’Fbi ha incriminato tre uomini del movimento estremista anti-governativo Boogaloo, che attribuisce un’assoluta preminenza al Secondo emendamento, quello che garantisce il possesso di armi, e si prefigge di sfruttare i disordini sociali perché si trasformino in una seconda guerra civile.

Pur non trascurando i segnali pericolosi che arrivano dalla violenza di sinistra (poche ore fa un fan di Trump è stato ucciso a Portland e celebrato dal presidente)  l’istituto segnala la sproporzione tra i due fenomeni, con la violenza di estrema destra cresciuta “significativamente negli ultimi sei anni”, e che costituisce due terzi degli atti eversivi nel 2019 e ben il 90 per cento di quelli nel 2020. Bersagli preferiti? Immigrati, gruppi antifascisti, ong, donne e altri gruppi di sinistra.

In questa cornice, la teoria degli opposti estremismi vorrebbe costituire il pilastro della forza democratica americana, isolarne gli elementi più instabili, superando sia l’anomalia Trump che l’esagitazione delle piazze; rischia di esserne invece il batterio che eroderà definitivamente gli Stati Uniti: prolungandone la deriva nazionalista, logorandone le istituzioni e distruggendo quel che resta della loro egemonia culturale.

 

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[Fonte Wired.it]