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sabato, Dic 28

Perché si è dimesso il ministro dell’Istruzione Fioramonti


Dopo l’approvazione della manovra 2020, il ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti ha annunciato le proprie dimissioni in quanto, a suo parere, i fondi stanziati per l’istruzione non rappresentano la centralità di questo settore nella nostra società e il governo avrebbe dovuto “avere più coraggio”

(foto: Vincenzo Livieri/LaPresse)

Il ministro dell’Istruzione, dell’università e della ricerca del governo Conte Bis Lorenzo Fioramonti, del Movimento 5 stelle, si è dimesso scrivendo una lettera al presidente del consiglio Giuseppe Conte il 23 dicembre. A spiegare le motivazioni, dopo che la notizia è stata diffusa dai media, è lo stesso ex ministro in un post su Facebook in cui, in sintesi, sostiene che nella nuova manovra non sono stati stanziati i fondi, secondo lui, necessari per il suo ministero. Così, come aveva già annunciato, ha deciso di dimettersi.

I motivi della scelta

Già viceministro dell’Istruzione nel governo Lega-M5s, il 42enne eletto nel 2018 era in aspettativa dal ruolo di professore ordinario di economia politica all’università di Pretoria, in Sudafrica, dove aveva fondato il Centre for the Study of Governance Innovation. “Prima di prendere questa decisione, ho atteso il voto definitivo sulla legge di Bilancio, in modo da non porre tale carico sulle spalle del Parlamento in un momento così delicato”, scrive Fioramonti, andando direttamente alle ragioni della scelta: “ho accettato il mio incarico con l’unico fine di invertire in modo radicale la tendenza che da decenni mette la scuola, la formazione superiore e la ricerca italiana in condizioni di forte sofferenza”, ma poi nella manovra non c’è stato l’impegno che si aspettava. Seppur sono state previste nuove misure, è stato stanziato un miliardo di meno di quanto si aspettava il ministro.

La verità – scrive – è che sarebbe servito più coraggio da parte del governo per garantire quella linea di galleggiamento finanziaria di cui ho sempre parlato, soprattutto in un ambito così cruciale come l’università e la ricerca”. In varie interviste, infatti, Fioramonti aveva infatti dichiarato di voler portare un cambiamento nel settore, “altrimenti sarebbe inutile scaldare la poltrona”. In particolare, la linea di galleggiamento di cui parla equivale a tre miliardi di euro per l’istruzione – “vero motore del paese che costruisce il futuro di tutti noi” secondo la sua definizione – cifra che però non è arrivata nella legge di Bilancio. “Il tema non è mai stato accontentare le mie richieste – spiega – ma decidere che paese vogliamo diventare, perché è nella scuola che si crea quello che saremo”.

Il suoi 100 giorni da ministro avrebbero comunque portato a dei risultati che lui stesso elenca nel post: “lo stop ai tagli, la rivalutazione degli stipendi degli insegnanti (insufficiente ma importante), la copertura delle borse di studio per tutti gli idonei, un approccio efficiente e partecipato per l’edilizia scolastica, il sostegno ad alcuni enti di ricerca che rischiavano di chiudere e, infine, l’introduzione dell’educazione allo sviluppo sostenibile in tutte le scuole (la prima nazione al mondo a farlo)”. Sin dalla sua investitura era stato abbastanza radicale, fissando quel tetto di fondi proprio al momento della formazione del governo, a settembre, quando la discussione sulla finanziaria appariva ancora abbastanza lontana.

Cosa accade adesso

Se, da un lato, la decisione – definita comunque “una scelta individuale” – è coerente, dall’altro agita, e non poco, la maggioranza di governo, creando malumori anche all’interno dei 5 stelle. Soprattutto, però, fornisce alle opposizioni la possibilità di innescare una nuova crisi di governo. Per alcuni deputati di Forza Italia le dimissioni “sono un atto grave e irresponsabile”. “Dimettersi da ministro per i fondi negati all’istruzione, ma garantendo massimo supporto al diretto responsabile, il premier Conte”, polemizza Mario Mario Pittoni (Lega), presidente della commissione Cultura a palazzo Madama. Più sarcastico il senatore leghista Roberto Calderoli: “Grazie a Babbo Natale per aver pensato ai nostri bambini mandando a casa con un sacco di carbone il pessimo ministro Fioramonti, uno dei peggiori ministri della storia repubblicana“.

Molto critici anche da Italia viva: “Se veramente ci si vuole battere per avere più risorse per la scuola bisogna stare in Parlamento non all’estero, non a presentare un libro o a fare conferenze stampa” riferiscono Gabriele Toccafondi e Daniela Sbrollini, capogruppo di Italia viva in commissione Cultura a Camera e Senato. Ma l’attenzione, nelle ultime ore, si è spostata proprio all’interno del Movimento. Fra le accuse all’ex ministro quelle di volersi creare un proprio personaggio e abbandonare i grillini, verso i quali aveva più volte espresso critiche. Secondo varie voci di corridoio, poi, Fioramonti si preparerebbe a formare un gruppo parlamentare ecologista, sempre a sostegno del governo. Come riporta il TgCom24, citando il sito tirendiconto.it dei 5 stelle, Fioramonti ha smesso di versare la propria quota un anno fa, quando aveva iniziato a contestare la linea del capo politico Luigi Di Maio.

Da parte sua c’è però “completa disposizione per garantire una transizione efficace al vertice del ministero, nei tempi opportuni per assicurare continuità operativa”. Così scrive, sempre sul post Facebook. Sul nome del suo successore, invece, non c’è ancora nessuna certezza. Ha iniziato a circolare quello del presidente della commissione parlamentare antimafia Nicola Morra, ma secondo quanto specifica l’Adnkronos, “al momento non ha avuto contatti con il presidente del consiglio Conte”. Quel che è certo è che le dimissioni di Fioramonti oltre ad agitare la base del movimento, creeranno una nuova grana al governo che, già all’alba del 2020 si trova davanti un altro nodo – per certi versi inaspettato – da sciogliere.

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