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venerdì, Giu 19

Perché si parla di un “election day” (e chi lo vuole)



Da Wired.it :

A dividere maggioranza e opposizione sul “decreto elezioni” è anche la data che dovrà essere scelta per le urne, che potrebbe essere quella del 20 e 21 settembre

L’idea è quella di rinviare in autunno le elezioni regionali, comunali, suppletive per Camera e Senato, e accorpare in un’unica tornata elettorale anche il referendum costituzionale. Sintetizzata sotto forma di decreto, l’iniziativa della maggioranza ha avuto il primo via libera a Montecitorio due giorni fa, ed è al momento all’esame del Senato, che dovrà convertirlo in legge entro venerdì, pena la decadenza.

Il decreto elezioni non indica una data precisa per il voto, ma una finestra che va dal 15 settembre al 15 dicembre. Le date più probabili sono il 20 e il 21 settembre. Attraverso un emendamento di Forza approvato durante l’esame in Aula con l’astensione della Lega e il solo voto contrario di FdI, è stata fatta slittare anche la finestra elettorale per le regionali, che partirà dal 15 settembre. In questo modo, la prima domenica utile per votare in Veneto, Liguria, Marche, Toscana, Campania e Puglia sarà il 20 settembre, proprio la data su cui convergono governo e maggioranza per far svolgere il giorno unico del voto. Il provvedimento, inoltre, lascia la possibilità alle urne di restare aperte anche lunedì, fino alle 15, per evitare assembramenti.

Però l’ipotesi ha creato numerosi dissidi: tra governo e regioni, che invece volevano andare alle urne prima, già a fine luglio o al massimo il 6 settembre. E poi con l’opposizione di centrodestra, che opta per una posticipazione del voto a fine settembre o a ottobre. Per di più, il comitato promotore del referendum confermativo sulla riduzione del numero dei parlamentari si è detto contrario all’accorpamento. La maggioranza e il governo sembrano tuttavia inflessibili sul 20-21 settembre, con i ballottaggi da svolgersi il 4 ottobre. Sebbene al Senato è difficile che possano arrivare colpi di scena, la richiesta del leghista Roberto Calderoli di porre la fiducia sul decreto è stata respinta per soli tre voti.

In effetti, anche alla Camera lo scontro tra Pd-M5s e opposizione stato superato per il rotto della cuffia, grazie all’accordo raggiunto sulla par condicio e l’immodificabilità delle leggi elettorali regionali prima del voto. Per il governo, la soluzione del 20-21 settembre consentirà di risparmiare risorse pubbliche, di consentire il voto in sicurezza e di favorire la più ampia partecipazione dei cittadini.

Non mancano i dissensi. Igor Boni, presidente dei Radicali italiani, è impegnato in uno sciopero della fame contro l’ipotesi del voto il 20-21 settembre. Fissare quella data, spiega, “significa cancellare la campagna referendaria, impedire a chi non ha le esenzioni di partecipare al voto dato che è impensabile raccogliere le firme regolarmente tra il 1 e il 15 agosto e rendere totalmente inefficace la campagna elettorale che si svolgerebbe per la prima volta nella storia repubblicana in estate”.

Nel frattempo si sta ragionando da qualche giorno all’ipotesi di cercare delle sedi alternative alle scuole per far svolgere l’Election Day. Il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, e ha lanciato un “appello” al governo, affinché si tengano i seggi in luoghi separati per evitare di interrompere il ciclo scolastico. Per Conte si tratta di “una buona idea“. Ma il problema sono i tempi troppo serrati e soprattutto le spese eccessive da sostenere. Al Sud si parla di votare in alcuni edifici confiscati alle mafie o in ex caserme. C’è anche l’ipotesi palestre e palazzetti dello sport. Altrove, i Comuni potrebbero mettere a disposizione edifici pubblici (come prevede la legge) per tentare di non coinvolgere le scuole nel giorno delle votazioni e dunque far slittare l’inizio dell’anno scolastico. Ma l’operazione sembra complessa ed eccessivamente onerosa.

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[Fonte Wired.it]