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lunedì, Mar 13

Perovskite: non solo per le celle solari ma anche per componenti per PC ispirati ai neuroni

da Hardware Upgrade :

Il miglior computer al mondo è ancora – e probabilmente lo sarà per moltissimo tempo – il cervello delle specie considerate le più evolute sul Pianeta.

Fra cui siamo annoverati anche noi Sapiens.

Sebbene i moderni processori siano in grado di completare calcoli anche molto complessi in intervalli di tempo molto brevi, velocità che nemmeno il più brillante dei matematici riuscirebbe ad eguagliare, ciascuno di noi è in grado di elaborare simultaneamente e istantaneamente una gran mole di informazioni molto diverse fra loro.

Pensiamo ad esempio a quando camminiamo per la città: stiamo attenti a muoverci nel modo giusto, ad evitare ostacoli, alle persone attorno a noi, alla segnaletica stradale quando attraversiamo un incrocio, e spesso facciamo tutto questo ascoltando la musica o parlando con qualcuno.

Inoltre, noi impariamo dalle nostre pregresse esperienze.

Due cose (l’elaborazione di dati complessi e diversi fra loro e l’apprendimento) ancora precluse a qualsiasi macchina.

In aggiunta, il nostro cervello utilizza una quantità minima di energia: facendo un confronto, consuma meno della metà dell’energia di un laptop, grazie anche alla sua struttura.

Le singole cellule cerebrali – i neuroni e le loro connessioni, le sinapsi – possono immagazzinare ed elaborare informazioni simultaneamente.

Nei computer invece la memoria è separata dal processore e i dati devono essere trasportati avanti e indietro tra questi due componenti. Da qui, il rallentamento nella velocità di elaborazione quando il processore si trova ad avere a che fare con una consistente mole di dati e, in modo direttamente proporzionale, aumenta l’energia necessaria per lavorare.

I ricercatori dei tre Istituti coinvolti (Empa, ETH di Zurigo e Politecnico di Milano) hanno trovato una possibile soluzione a questo collo di bottiglia ideando nuove architetture modellate sul cervello umano.

Gli scienziati stanno sviluppando componenti che siano in grado di combinare l’archiviazione e l’elaborazione come le cellule cerebrali, i memristori.

L’ultimo lavoro del team, incentrato sullo sviluppo un memristor ancora più potente e facile da produrre rispetto ai suoi predecessori, è stato pubblicato sulla rivista Science Advances col titolo “Ionic-electronic halide perovskite memdiodes enabling neuromorphic computing with a second-order complexity”.

Queste nuove componenti utilizzano nanocristalli di perovskite agli alogenuri, un materiale le cui capacità di semiconduttore sono note da tempo, in quanto utilizzato nelle celle solari, con ottimi risultati.

“Le perovskiti agli alogenuri conducono sia ioni che elettroni”, ha spiegato Rohit John, ex ETH Fellow e ricercatore post-dottorato sia all’ETH di Zurigo che all’Empa. “Questa doppia conduttività consente calcoli più complessi che ricordano da vicino i processi nel cervello”.

La parte sperimentale è stata condotta dai ricercatori in seno all’Empa: i memristori a film sottile sono stati prodotti presso il laboratorio Thin Films and Photovoltaics mentre le proprietà fisiche sono state studiate presso Transport at Nanoscale Interfaces Laboratory.

Sulla base dei risultati ottenuti, il team ha simulato un complesso compito computazionale, simile al processo di apprendimento nella corteccia visiva nel cervello: la task prevedeva la determinazione dell’orientamento della luce in base ai segnali provenienti dalla retina.

Brain chips

“Per quanto ne sappiamo, questa è solo la seconda volta che questo tipo di calcolo viene eseguito sui memristori”, ha spiegato Maksym Kovalenko, professore all’ETH di Zurigo e capo del gruppo di ricerca sui materiali inorganici funzionali presso l’Empa.

“Allo stesso tempo, i nostri memristor sono molto più facili da produrre rispetto a prima. Questo perché, a differenza di molti altri semiconduttori, le perovskiti cristallizzano a basse temperature. Inoltre, i nuovi memristor non richiedono le complesse precondizioni ng attraverso l’applicazione di tensioni specifiche necessarie a dispositivi comparabili per tali attività di elaborazione. Questo li rende più veloci e più efficienti dal punto di vista energetico.”

Al momento la tecnologia non è ancora pronta per essere implementata.

Per quanto possa suonare paradossale, la facilità con cui i nuovi memristori possono essere fabbricati li rende difficili da integrare con i chip dei computer esistenti:questo perché le perovskiti non possono resistere a temperature comprese tra 400 e 500 gradi Celsius, necessarie per elaborare il silicio.

Secondo Daniele Ielmini, professore del Politecnico di Milano, quell’integrazione sarà la chiave del successo di queste nuove tecnologie informatiche.

“Il nostro obiettivo non è sostituire l’architettura classica dei computer”, spiega. “Piuttosto, vogliamo sviluppare architetture alternative in grado di eseguire determinati compiti più velocemente e con maggiore efficienza energetica. Ciò include, ad esempio, l’elaborazione parallela di grandi quantità di dati, che oggi vengono generati ovunque, dall’agricoltura all’esplorazione spaziale”.

Il fatto che ci siano altri materiali con proprietà simili che potrebbero essere usati per realizzare memristori ad alte prestazioni, apre la strada a molte possibilità.

“Ora possiamo testare il nostro design memristor con materiali diversi”, ha affermato Alessandro Milozzi, dottorando al Politecnico di Milano. “È del tutto possibile che alcuni di essi siano più adatti per l’integrazione con il silicio”.

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