La peste nera è stata una delle peggiori epidemie della storia. Tra il 1346 e il 1353 ha attraversato l’Europa lasciandosi dietro una scia di cadaveri: si parla di almeno 25 milioni di morti, cioè il 30-60% dell’intera popolazione del continente. L’origine, le dinamiche di trasmissione e le concause di questa catastrofe sono ancora oggetto di studio. E una nuova ricerca avanza oggi un’ipotesi inaspettata: che a dare il via alla peste nera abbiano contribuito una o più imponenti eruzioni vulcaniche che avrebbero abbassato per qualche anno le temperature del mediterraneo, dando il via a una reazione a catena che avrebbe portato il batterio Yersinia pestis ad invadere prima l’Italia settentrionale, e poi il resto del continente.
Lo studio
Lo studio, pubblicato sulla rivista Communications Earth & Environment, nasce dalle ricerche dello storico Martin Bauch, del Leibniz Institute for the History and Culture of Eastern Europe, che da tempo studia le dinamiche di dispersione dell’epidemia nel continente europeo, per cercare di chiarire le circostanze che hanno reso tanto letale la peste nera. Nelle sue ricerche, Bauch aveva scoperto un particolare curioso: gli anni immediatamente precedenti allo scoppio dell’epidemia sono stati caratterizzati dalla peggiore carestia che abbia colpito l’area del Mediterraneo tra il 13esimo e il 14esimo secolo.
Interessato a chiare la possibile connessione con la diffusione della peste, lo storico ha chiesto l’aiuto del collega Ulf Büntgen, professore di analisi dei sistemi ambientali di Cambridge ed esperto dendrocronologo. E insieme, hanno iniziato a studiare la storia climatica del medioevo europeo leggendo gli anelli di accrescimento di migliaia di alberi, vivi e morti, provenienti da tutta Europa. Un approccio noto come dendroclimatologia, che effettivamente ha fornito i risultati sperati: tra il 1345 e il 1346 il clima del mediterraneo è stato insolito freddo lungo tutto l’anno. Un fenomeno compatibile con lo scoppio di carestie in diverse aree del continente, e di cui i due ricercatori hanno trovato un’unica, possibile spiegazione: l’abbassamento delle temperature causato da una, o più, imponenti eruzioni vulcaniche.
Le importazioni di grano
Da questa constatazione nasce una nuova ipotesi sulle cause che hanno dato il via alla peste nera. Secondo i due ricercatori, il calo delle temperature causato dalle ceneri vulcaniche che hanno invaso l’atmosfera ha ridotto la resa delle coltivazioni nell’area mediterranea, spingendo città stato come Venezia e Genova ha organizzare l’importazione di emergenza di grano proveniente dalla Regione del Mar Nero. In questo modo, le autorità cittadine hanno ridotto l’impatto della carestia, aprendo le porte a un nuovo nemico: le pulci dei ratti che, proprio nell’area del Mar Nero, sono il vettore naturale del batterio Yersinia pestis.
“Il batterio della peste infetta le pulci dei ratti, le quali cercano i loro ospiti preferiti, ratti e altri roditori. Una volta che questi ospiti sono morti a causa della malattia, le pulci si rivolgono a mammiferi alternativi, compresi gli esseri umani”, spiega Bauch. “Le pulci dei ratti sono attratte dalle riserve di grano e possono sopravvivere per mesi utilizzando la farina come fonte di cibo di emergenza, e in questo modo possono sopportare il lungo viaggio dal Mar Nero all’Italia”.



