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martedì, Gen 18

Peste suina, cosa sappiamo dei primi casi in Piemonte e Liguria



Da Wired.it :

C’è una nuova emergenza sanitaria in Italia e riguarda la peste suina africana. Nelle ultime settimane nell’area di confine tra il Piemonte e la Liguria sono state ritrovate otto carcasse di cinghiale infette da un virus che è letale nel 90% dei casi e per il quale non esistono vaccini. È bene precisare che l’uomo e la maggior parte degli animali non sono a rischio, perché non è trasmissibile, ma possono essere involontari vettori della malattia negli allevamenti di maiali

Per questo motivo il ministero della Salute e quello delle Politiche agricole hanno emesso un’ordinanza valida per sei mesi che istituisce una sorta di lockdown limitando alcune attività all’aperto in 114 comuni del territorio in cui il virus è stato rilevato.

I primi casi di peste suina

Il 6 gennaio scorso un cinghiale ritrovato morto nel comune di Ovada, in provincia di Alessandria, è risultato positivo alla peste suina africana. La stessa cosa è avvenuta per un’altra carcassa rinvenuta a poche decine di chilometri, mentre con il passare dei giorni la conta di cinghiali infetti è salita a otto, trovati anche nei comuni piemontesi di Tagliolo Monferrato, Fraconalto, Voltaggio e quelli liguri di Isola del Cantone e Ronco Scrivia.

Come si legge sul sito del ministero della Salute, “la peste suina africana (Psa) è una malattia virale, altamente contagiosa e spesso letale, che colpisce suini e cinghiali, ma che non è trasmissibile agli esseri umani. Questi ultimi possono però trasportare il virus attraverso gli indumenti, come il terriccio eventualmente infetto calpestato nei boschi. L’altra modalità di trasmissione è quella data dal contatto tra animali o attraverso vettori come le zecche. La malattia è letale nel 90% dei casi e anche in caso di guarigione il rischio rimane alto, visto che gli animali possono trasmettere il virus per circa un anno.

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Nell’Africa sub-sahariana la peste suina è endemica e nel corso dei decenni diversi paesi in giro per il mondo hanno dovuto fare i conti con i suoi effetti. Tra questi quelli dell’est Europa, ma anche la Cina, dove negli ultimi anni sono stati abbattuti milioni di capi positivi o a contatto con positivi, come misura di prevenzione principale contro il virus. In Italia la peste suina africana è un problema mai risolto dal 1978 in Sardegna, dove periodicamente decima gli allevamenti locali. Sulla terraferma invece la malattia non si vedeva da diversi anni, motivo per cui la scoperta tra Piemonte e Liguria ha fatto subito scattare l’allarme per le conseguenze drammatiche che potrebbero derivarne.

I rischi per l’economia

L’alta letalità del virus e la sua capacità di diffusione rischiano di colpire gli allevamenti suinicoli, in particolare in Lombardia ed Emilia Romagna dove sono almeno 30mila i lavoratori del comparto. L’Italia conta quasi 9 milioni di maiali ed è il settimo produttore di carne nell’Unione europea, con un’industria da 8 miliardi di euro. Per questo motivo associazioni e allevatori sono profondamente preoccupati per la possibile diffusione del virus, che comporterebbe l’abbattimento degli animali”, ha sottolineato Ettore Prandini, presidente di Coldiretti.

Il rischio riguarda soprattutto le esportazioni e a pochi giorni dal ritrovamento dei primi cinghiali infetti ci si lecca già le ferite. Paesi come la Svizzera, la Cina, il Giappone e il Kuwait hanno sospeso precauzionalmente gli acquisti di carne dall’Italia e il volume d’affari italiano di 1,6 miliardi di euro di export di salumi, su tutti il prosciutto di Parma, rischia di uscirne compromesso. L’Associazione industriali delle carni e dei salumi (Assica) stima un danno di almeno 20 milioni di euro per ogni mese di sospensione delle esportazioni di questi prodotti. E il timore è che anche una volta rientrato l’allarme il made in Italy possa soffrire di una cattiva nomea, come fu ai tempi della mucca pazza.



[Fonte Wired.it]