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sabato, Apr 29

Petrolio russo, il fiume sommerso che continua ad arrivare in Europa | Wired Italia



Da Wired.it :

Dall’inizio della guerra in Ucraina, il Cremlino ha visto quasi dimezzarsi le proprie entrate da petrolio. Era questo l’intento dei paesi occidentali nell’introdurre il divieto di importare greggio via mare, insieme a un tetto al prezzo a 60 dollari al barile che vieta di assicurare carichi russi verso paesi terzi oltre quella soglia.

Ma a dispetto del più vasto regime di ritorsioni mai imposto a un’economia avanzata, le esportazioni russe di idrocarburi sono in forte crescita. Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia, le vendite di petrolio sono tornate ai livelli precedenti al conflitto, toccando persino i massimi dall’aprile del 2020. Che Mosca abbia trovato sbocchi alternativi all’Occidente in cui piazzare il suo greggio non è certo una sorpresa. Né che dove c’è una sanzione esista anche il modo per aggirarla. È forse più sorprendente che siano gli stessi paesi sanzionatori ad aiutare la Russia a eludere l’embargo.

Il riciclaggio del petrolio

L’indagine è del Centre for Research on Energy and Clean Air (Crea), un think tank finlandese che studia le esportazioni russe di combustibili fossili. Secondo il Crea, Mosca nell’ultimo anno ha messo in piedi un vero e proprio sistema di riciclaggio, che consente ai paesi occidentali di violare le misure contro il petrolio russo grazie alla triangolazione con alcune potenze emergenti. Questi paesi sono equiparati a una “lavanderia”, che ripulisce il greggio proveniente dalla Russia e lo rivende sotto forma di prodotti raffinati (diesel, gasolio, carburante per aerei) all’Occidente.

A svelare il sistema è la rotta del petrolio. Dall’inizio dell’aggressione all’Ucraina, le esportazioni russe verso Cina, India, Turchia, Emirati Arabi Uniti e Singapore sono salite del 140%. In particolare, da quando l’Unione europea ha introdotto l’embargo lo scorso 5 dicembre, questi cinque paesi hanno assorbito gran parte dei flussi via mare prima destinati al Vecchio continente e rappresentano oggi il 70% delle esportazioni di greggio dalla Russia.

Seguendo ancora il petrolio verso Occidente, si scopre che nell’ultimo anno i “paesi lavanderia” hanno aumentato le esportazioni di prodotti raffinati verso la coalizione che ha imposto il price cap (l’Unione europea, il resto del G7 e l’Australia): le spedizioni dalla Cina sono salite del 94%, quelle dalla Turchia del 43%, da Singapore del 33% e dagli Emirati Arabi Uniti del 23%. Per un controvalore di quasi 20 miliardi di euro. L’India, d’altro canto, è diventata la prima esportatrice di petrolio alla coalizione da quando è stato deciso il tetto al prezzo. Di contro, le esportazioni delle potenze emergenti verso tutti gli altri paesi sono aumentate solo del 2%.



[Fonte Wired.it]