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venerdì, Gen 17

Pfas, in Veneto c’è un’emergenza sanitaria e ambientale


La denuncia arriva dai medici Isde, secondo cui sono necessarie azioni urgenti, come la mappatura dei pozzi e studi epidemiologici per individuare gli effetti degli Pfas sulla salute della popolazione

pfas
(foto: Soeren Stache/picture alliance via Getty Images)

“In Veneto, ormai da anni, è in atto una delle emergenze sanitarie e ambientali più gravi che il nostro Paese abbia mai dovuto affrontare: la contaminazione da Pfas. È questo l’allarme appena lanciato alla Camera dall’Associazione italiana medici per l’ambiente (Isde), in occasione della presentazione di un position paper che spiega quali danni alla salute causano le sostanze perfluoro alchiliche, ossia gli acidi usati nei processi industriali e poi sversati per decenni nel suolo e nelle falde acquifere, e quali azioni è necessario intraprendere con urgenza, tra cui la mappatura dei pozzi e la realizzazioni di studi epidemiologici.

La contaminazione da Pfas venuta alla luce da una ricerca dell’Irsa-Cnr del ministero dell’Ambiente nel 2013, denunciano i medici dell’Isde, non riguarda solamente la seconda falda acquifera più grande d’Europa e l’insieme delle acque potabili delle province di Vicenza, Padova e Verona, ma anche la salute di oltre 500mila cittadini. “La regione Veneto continua a prorogare gli interventi necessari e a rimandare la realizzazione di quegli studi essenziali per capire di che portata è il danno alla popolazione”, spiega Sara Cunial, deputata del Gruppo misto. “Non solo i lavori per la costruzione di nuovi acquedotti procedono con enorme ritardo tanto da dover richiedere una proroga, ma anche gli studi epidemiologici adeguati per poter stabilire la portata del danno alla salute dei cittadini, non sono ancora stati avviati”.

Inoltre, sono necessari “la mappatura completa dei pozzi privati, una legge nazionale che obblighi a dosare le Pfas prima che i fanghi di depurazione siano sparsi sui terreni agricoli come fertilizzanti, studi epidemiologici ben fatti a disposizione della comunità scientifica e che il limite di Pfas nell’acqua sia pari a zero”, proseguono gli esperti, sottolineando che per coloro che non autodenunciano il possesso di pozzi privati, la Regione non prevede alcuna sanzione, le analisi vengono eseguite a spese del proprietario e in caso di sforamento dei limiti regionali non vengono chiusi.

“Le analisi degli alimenti della Regione Veneto sono state pubblicate senza indicare il punto in cui sono stati eseguiti i prelievi, creando confusione”, ha spiegato all’Ansa Vincenzo Cordiano, presidente di Isde Veneto. “Per questo sono necessari studi epidemiologici ben fatti, come ribadito dagli stessi consulenti della procura di Vicenza nel processo in corso alla Miteni di Trissino per il decennale sversamento in falda degli scarti di produzione”.

Per Isde i limiti di 100 nanogrammi per litro per tutte le Pfas previsti in Europa nell’accordo preliminare sulla direttiva acque sono troppo elevati. “Basta un solo nanogrammo per litro nell’acqua di Pfoa (acido perfluoroottanoico), una delle molecole più tossiche, per raggiungere nel sangue, nel giro di un paio di anni, concentrazioni potenzialmente tossiche specie per neonati, gravide e anziani”, conclude Cordiano.

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