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sabato, Nov 02

Phil Tippet, l’inventore degli effetti visivi digitali: “Non è un caso se Jurassic Park regge ancora”


Premiato al Trieste Science+Fiction, fu la persona che traghettò i vecchi effetti in stop motion nel mondo dell’animazione

A metà degli anni Novanta, Jurassic Park è stato uno dei momenti di svolta del cinema digitale, il momento in cui una produzione grandissima, pensata per avere effetti classici, ha scelto invece di affidarsi massicciamente a quelli digitali per le scene più importanti. Non piccole aggiunte o dettagli, ma il cuore del film stesso. Quel lavoro avrebbe influenzato tutto il cinema a venire e dimostrato l’affidabilità della post-produzione digitale. Quel lavoro pionieristico l’ha compiuto un uomo che si era formato alla Industrial Light And Magic, aveva lavorato a Guerre stellari e a tutti i film con gli effetti più difficili di quegli anni. Aveva un piede così saldo nel mondo dell’effettistica tradizionale da poter compiere un salto vero in quella del futuro.

Phil Tippett è a Trieste al Science+Fiction Festival per ricevere il premio Asteroide e presentare il documentario girato su di lui Phil Tippett: Mad Dreams And Monsters. E Tippett non è propriamente un tipo gioviale e pieno di sé, anzi è un signore con un barbone lunghissimo che, quando abbiamo iniziato a parlare del documentario, ha detto: “Si sono presentati a casa mia per avere del materiale ma io non so nemmeno cosa ho. Si sono messi loro a cercare nelle mie scatole e credo abbiano capito che c’è materiale a sufficienza per un documentario. Per tre anni sono venuti periodicamente da me, per controllarlo”.

Robocop, Howard e il destino del mondo, Willow e poi Jurassic Park, in quei film sono così importanti gli effetti visivi che forse può considerarsene co-autore?

“Guarda, nessuno all’epoca sapeva come funzionassero quelle cose. Oggi ci sono più artigiani nei vfx, ma pensa che nemmeno mi preoccupavo del lavoro, aspettavo accanto al telefono che continuava a squillare. Sui film che citi eravamo in dieci a lavorare agli effetti visivi e speciali. Pochissimi. È stato l’arrivo di George Lucas a cambiare tutto”.

Sì ma è stato poi il suo team a creare le basi dell’animazione al computer a partire da quella in stop motion…

“Qualche anno prima di Jurassic Park avevo creato la Go Motion, una tecnica ibrida, cioè stop motion operata da un computer. Era davvero complicata: dovevi ripensare tutto il tuo approccio, perché era tutto scandito dagli assi xyz e andava tutto pre-visualizzato per poi costruire il movimento asse per asse e per asse. È stato l’allenamento per gli effetti visivi moderni.

“Ma io non volevo stare seduto a una scrivania per ore e ore al giorno.  Non è il lavoro che voglio: come artigiano non ho mai toccato un computer ma ho creato un sistema, con Jurassic Park e poi Starship Troopers, grazie al quale potevo lavorare assieme a degli animatori. Gli animatori erano persone formate spesso in Canada, dove gli insegnavano l’animazione stile Disney, molto cartoonesca, buona per le pubblicità. Io invece avevo la competenza nel settore della produzione che a loro mancava. Conoscevo i processi, capivo il valore della pre-produzione e sapevo che devi stare attento che le direzioni di tutti gli sguardi dei personaggi siano sempre a posto. Sono stato fortunato, stavo nel posto in cui le cose che sapevo servivano”.

Eppure gli effetti di Jurassic Park sono così importanti che a oggi sono una delle cose più ricordate del film…

“Non è un caso se Jurassic Park regge il tempo molto meglio di tanti reboot moderni o franchise. Il segreto sta nel fatto che lavoravamo a stretto contatto con il reparto sonoro e fu fondamentale avere quel dettaglio prima ancora di iniziare. L’idea era di fare in modo che il sonoro fornisse elementi per fare meglio l’animazione: l’abbiamo animati intorno ai rumori. In più avevo accesso agli story meeting con Steven Spielberg”.

Avete influito su dettagli significativi del film?

“Come no! Il primo dinosauro che si vede non doveva essere quello gigantesco che poi è stato, l’abbiamo suggerito noi degli effetti, spiegando che le proporzioni avrebbero reso il momento più interessante e drammatico. Ma anche la carica dei Gallimimus non prevedeva quei dinosauri; come era scritta sembrava un episodio di Duck Tales. Io proposi quell’animale lì che pare uno struzzo, perché avrebbe dato molto più dinamismo alla scena”.

Secondo lei questo modo di lavorare è cambiato?

“In quel film, tutti i dinosauri avevano una loro voce. Se guardi ora, fanno tutti Roar alla stessa maniera. È come se un attore compiesse sempre il medesimo gesto”.

Ma non è stato consulente per Jurassic World?

“Sì ma non ho fatto niente, era più una cosa da pr, l’hanno fatto per farmi fare un po’ di interviste e suppongo che gli servisse un vecchio legato al film originale. Occasionalmente ho anche detto delle cose, dato dei suggerimenti, ma tutto molto a basso profilo”.

Lei aveva un talento pazzesco, pensa che ce ne siano come lei ora?

“Ce ne sono eccome, Il problema non è quello, ma il lato oscuro di Guerre stellari che ci ha portato nell’era dei franchise in cui c’è un’aspettativa esagerata sui soldi. Finisce che giri quell’aspettativa e non il film. Giri qualcosa come quella che hai già fatto e ogni versione successiva è sempre più annacquata. Non posso parlare dei film Marvel perché non li vedo, li trovo inguardabili. È come la Coca-Cola, un prodotto da cui la gente sa cosa aspettarsi, per cui possono pagare, che possono vedere e poi tornare a casa e dare un bacio ai bambini”.

Tuttavia con il motion-capture ora si fanno cose fantastiche

“Sono stato contro il motion capture per Jurassic World. Devi stare tu nella testa del personaggio e non un performer che invece pensa con la sua e quando uscì Jurassic Park aveva ancora il pannolino”.

So che ha finanziato un film su Kickstarter ora…

“Si chiama Mad God, l’ho realizzato in capitoli. I primi tre finanziati su Kickstarter mentre i rimanenti due li stiamo mettendo insieme ora per completare il ciclo”.

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