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giovedì, Feb 04

Piranesi, 16 anni di attesa per il nuovo fantasy di Susanna Clarke



Da Wired.it :

L’autrice di “Jonathan Strange & il signor Norrell” torna in libreria con una storia di magia, solitudine e prigionia all’interno di un labirinto che sembra una metafora dei nostri giorni

Il Fantasy è tornato, e ci salverà tutti.
Susanna Clarke è di nuovo in libreria  e la amiamo come se non fosse mai andata via, come se fosse sempre stata qui con noi, fautori di un culto letterario che permane solido e granitico. Il tutto è quasi paradossale per un ‘autrice che è riuscita a consacrarsi nel gotha del fantasy avendo scritto solo due libri. Sono passati molti anni da quando è uscito il suo ultimo lavoro: Le dame di Grace Adieu, raccolta di racconti, ambientata nello stesso universo narrativo del suo primo libro, Jonathan Strange & il signor Norrell.

Quel romanzo, un esordio narrativo a dir poco fulminante, ci ha portato in Inghilterra, a muoverci tra Giorgio III, Lord Byron o Lord Wellington, tra balli, battaglie e crinoline, ma anche tra faide magiche, sinistri folletti e maledizioni veramente senza perdono (Voldemort, non sei nessuno). Il tutto confezionato con una scrittura più adatta a Jane Austen che a un fantasy, un pastiche letterario, con note di pagina che si intrecciano e ampliano la storia, diventano racconto che si intreccia e che ridefinisce la trama principale, con bibliografie completamente inventate che sono una delizia per un lettore smaliziato. Una tazza di romanzo gotico, mezza pinta di fantasy, una generosa spolverata di ucronia, non c’è da stupirsi che all’epoca la casa editrice sborsò una quantità ingente di sterline per averlo, una cifra decisamente inusuale per una prima opera.

A scoprire il talento della Clarke ci mise lo zampino anche Neil Gaiman, e aveva ragione. Come sempre. Fu un successo planetario, che ha vinto il premio Hugo, ha venduto milioni di copie, è stato pubblicato in diciassette paesi, ed è diventato poi l’inevitabile serie tv. Perché le settecento e più pagine di Jonathan Strange & il signor Norrell sono un capolavoro ancora non superato. In una crasi tra il fantasy più puro e le atmosfere austeniane, la Clarke si fa beffe del genere e al contempo lo rinnova. In un’Inghilterra vittoriana, nella Londra in cui si muove guerra a Napoleone, non ci sono i duchi licenziosi di Bridgerton, ci sono gli incantesimi e gli specchi magici (scusate, ma per quanto mi riguarda, la magia e le fate malvagie batteranno sempre questioni dinastiche e i carnet da ballo).

La Clarke ci ha messo sedici anni a scrivere un altro libro e, fidatevi, non abbiamo mai smesso di crederci, di cercare aggiornamenti su di lei, di sperare in un altro tomo. Ma ora possiamo tenerlo tra le mani, finalmente. L’incipit di Piranesi (edito da Fazi, tradotto da Donatella Rizzati), ultimo lavoro della scrittrice inglese, è totalmente spiazzante e, ovviamente, molto diverso da quello che ci saremmo aspettati. Non possiamo svelare troppo, scrivere incautamente di questo libro e spiegarvi in che epoca è ambientato o dove si trova veramente il protagonista, sarebbe un delitto punibile dalla Polizia dello Spoiler, temuta organizzazione nelle cui ire non si vuole incappare.

Il romanzo inizia con un uomo, Piranesi, che gira per i corridoi e cerca risposte nelle statue immote, che sembrano fissarlo a loro volta. Non ricorda chi è. Non sa dove si trova. Non rammenta il suo nome, Piranesi è solo un soprannome che gli è stato dato. Da chi? E quando?
Come il lettore, che lo segue muoversi tra le righe, Piranesi è confuso: dove siamo? Nello stesso universo narrativo di Jonathan Strange & il signor Norrell? Nel nostro mondo? Nel passato? In un limbo?
Piranesi, novello Giasone nel labirinto, gira in cerca di risposte, senza filo di Arianna e avendo come compagno non un minotauro in carne ed ossa, ma solo silente pietra. È circondato da opere d’arte e da scheletri, un dedalo di stanze e marmi, scalinate, fauni di pietra e composizioni artistiche. Un luogo allucinato della memoria, un posto che avete visto solo nei vostri sogni. O che vi è familiare, perché vive negli incubi di tutti noi.

Nella sua estrema solitudine, esplora l’enorme casa in cui è rinchiuso, un edificio enorme percorso dalle maree che ogni tanto inondano tutto, e da una variegata flora e fauna che Piranesi usa sia per procurarsi cibo che per avere conforto. Ha un solo vero amico: la figura che lui chiama l’Altro, un individuo ambiguo, che ogni tanto s’intravede in certe stanze in cui Piranesi deve recarsi, che gli porta in regalo strani oggetti e intrattiene con lui delle conversazioni che il nostro protagonista attende con ansia, perché con un essere che sente per istinto che gli è affine. E poi, basta.

Scriverne di più sarebbe un delitto, perché l’interessante per il lettore è il senso di confusione e incertezza in cui si ritrova all’inizio del libro, insieme al suo protagonista. Insieme vagheranno, l’uno per gli scaloni infiniti, l’altro nel libro, a leggerne le gesta, decifrando indizi, raccogliendo pagine di diario, ricostruendo pian piano un’esistenza e un mondo. Mai come ora, un libro è stato adatto ai tempi, al qui e ora.
Come Piranesi, giriamo nel labirinto della nostra vita in cui siamo costretti e rinchiusi, mai come adesso, tempo di pandemia, cercando una chiave per capire il reale.

Non vi preoccupate, alla fine del libro, quando girerete l’ultima pagina tutto sarà chiaro. Non è un romanzo che lascia qualcosa in sospeso, la Clarke crede nei colpi di scena e nella catarsi finale. Come Piranesi, che scoprirà ogni cosa, forse anche noi leggendo capiremo meglio l’importanza che hanno nelle nostre vite la meraviglia e l’incanto, di come sia labile e fuggevole la nostra realtà di tutti i giorni. Il sogno, la bellezza e la poesia ci salveranno. Aprite la prima pagina e cominciate a sognare.

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[Fonte Wired.it]