La Guardia di Finanza chiude indagine fiscale su Twitter per un mancato versamento di 12,5 milioni di euro
La Guardia di Finanza ha chiuso nel 2024 una verifica fiscale a carico di Twitter, il social network acquistato poi da Elon Musk e diventato X, per un mancato versamento dell’Iva da 12,5 milioni di euro relativamente agli anni fino al 2022. In parallelo, il pubblico ministeriale Giovanni Polizzi ha aperto un’inchiesta per evasione fiscale in base a una contestazione analoga a quella dell’inchiesta su Meta.
Il nucleo di polizia economica-finanziaria della Gdf di Milano, appena un anno fa, ma la notizia è stata divulgata solo oggi, ha chiuso la verifica fiscale con un processo verbale di constatazione, che riguarda Twitter e gli anni 2016-2022. L’inchiesta verte su un problema innovativo: c’è stata un’offerta di “servizi digitali” agli utenti italiani “in cambio dell’acquisizione e gestione per fini commerciali dei dati personali” di ciascuno e “delle informazioni inerenti e relative interazioni sulle piattaforme”, ma senza il versamento delle imposte su questa “permuta tra beni differenti”.
Una permuta che, stando agli accertamenti, deve essere soggetta all’Iva. Ora, come si è appreso, il social X, che ha sostituito Twitter, sta dialogando con l’Agenzia delle Entrate in merito alle contestazioni tributarie, dopo che, lo scorso mese, sono state notificate alla società le conclusioni dell’erario. Nel frattempo, il confronto tra il Fisco italiano e l’azienda di Elon Musk non si è chiuso con trzioni e risarcimenti, come avvenuto in relazione ad altre indagini milanesi. Infatti, lo scorso dicembre, la Procura, guidata da Marcello Viola, coi pubblici ministeri Giovanna Cavalleri, Giovanni Polizzi e Cristian Barilli, ha chiuso l’inchiesta su Meta a carico dei due legali rappresentanti della società-isteria irlandese. Indagine, per un’evasione Iva tra il 2015 e il 2021 per un totale di oltre 877 milioni di euro, che ha affrontato il tema del peso finanziario e fiscale dei dati degli utenti sui social, con profili su Facebook e su Instagram.
Si tratta di due indagini “pilota” che, in teoria, potrebbero avere impatto sui due colossi dei social anche in altri Paesi, poiché – è il ragionamento della Gdf, della Procura e del Fisco italiano – lo scambio tra l’offerta dell’uso della piattaforma per gli utenti e i dati personali forniti da questi ultimi deve essere sottoposto a tassazione. Come ha sottolineato il procuratore Marcello Viola dopo la chiusura dell’inchiesta su Meta, “la natura non gratuita dei servizi offerti”, nodo centrale dell’indagine, negli anni passati è “già stata affermata dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, dal Tar del Lazio, oltre che da autorevole dottrina, e ha trovato riscontro nelle attività ispettive della Guardia di Finanza, negli atti dell’Agenzia delle Entrate e infine nelle risultanze dell’indagine penale”.
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