“Se internet fosse privata di tutta la pornografia, resterebbe un solo sito chiamato Ridateci i porno”. Lo diceva il dottor Cox in Scrubs nel 2005, con il tono di chi esagera per suscitare ilarità. Eppure, vent’anni dopo, quella battuta ha preso una forma sorprendentemente concreta. La storia probabilmente l’avete sentita: il 4 giugno, circa sette milioni di utenti francesi si sono collegati a Pornhub aspettandosi “il solito”. Con sorpresa, al loro posto, un quadro di Delacroix: La Libertà che guida il popolo. L’opera simbolo dell’insurrezione del 1830 è stata usata come manifesto da Aylo, la multinazionale canadese che controlla alcuni dei siti per adulti più visitati del pianeta – Pornhub, YouPorn, RedTube – per protestare contro la nuova legge francese sulla verifica dell’età. Il messaggio era semplice: se ci obbligate a chiedere i documenti agli utenti per davvero, noi preferiamo tirare giù la serranda.
La grande fuga verso le VPN
Quello che è seguito non è stata una resa, ma una migrazione di massa verso la scappatoia tecnologica, la VPN. In meno di un’ora, ProtonVPN ha registrato un +1000% di nuovi utenti. Un dato così alto da superare persino quello generato dal (temporaneo) blocco di TikTok negli Stati Uniti. NordVPN ha segnalato un aumento del 170%, e secondo Top10VPN l’uso complessivo delle reti private virtuali in Francia è cresciuto del 334% in un solo giorno. Una soluzione legale, facile da usare, perfetta per apparire connessi da Berlino o Madrid mentre si è sul divano a Marsiglia o Parigi.
Per chi non lo sapesse, una VPN (Virtual Private Network) è una rete privata virtuale che permette di “mascherare” la propria posizione geografica. In pratica, quando ci si connette attraverso una VPN, il sito web che visitate non vede il vero indirizzo IP francese, ma quello del server VPN che può trovarsi in Germania, Spagna o ovunque nel mondo. Legale, semplice da usare e, come hanno scoperto i francesi, estremamente efficace per aggirare i blocchi geografici.
Il paradosso della protezione dei minori
La legge francese nasce da un’intenzione condivisibile: proteggere i minori dall’accesso ai contenuti pornografici. Le statistiche parlano di oltre due milioni di minorenni che accedono regolarmente alla pornografia online. Il problema, come spesso accade con la regolamentazione digitale, è nel “come” più che nel “perché”. Attualmente, l’unico ostacolo per un adolescente curioso è un click su “Ho più di 18 anni” – un’autocertificazione che ha lo stesso valore legale di un “parola di scout”. La Francia ha deciso di alzare l’asticella richiedendo una verifica tramite documenti ufficiali, ma si è scontrata con la resistenza delle piattaforme che considerano questa misura invasiva e inefficace. Alex Kekesi, vicepresidente di Aylo, ha dichiarato a Le Monde che «servono soluzioni che garantiscano sicurezza, privacy e semplicità d’uso», sostenendo che la responsabilità dovrebbe ricadere sui dispositivi (Apple, Google, Microsoft) piuttosto che sulle piattaforme.
L’effetto domino globale
La Francia non è sola in questa battaglia. Aylo ha già chiuso l’accesso in diversi stati americani – Utah, Texas, Mississippi, Virginia – dove sono state introdotte normative simili. In Louisiana, per esempio, è obbligatorio utilizzare l’app LA Wallet con la patente digitale per accedere ai siti per adulti. Una soluzione che ha sollevato non pochi dubbi sulla privacy: immaginate di dover passare da un’app governativa ogni volta che volete navigare su certi siti.
Secondo Aylo il risultato delle restrizioni è paradossale: invece di proteggere meglio i minori, queste leggi stanno spingendo gli utenti verso soluzioni meno controllate: il rischio è che il traffico si sposti verso piattaforme non regolamentate – come Telegram – dove i controlli sono pochi o inesistenti. Proprio su Telegram, tra l’altro, le autorità francesi hanno dovuto recentemente intervenire, imponendo un giro di vite sulla gestione dei contenuti illegali. Ma resta il problema di fondo: chiudere una porta può voler dire spalancarne altre, molto più difficili da sorvegliare.
Il futuro digitale europeo
L’Europa sta lavorando a una soluzione: il Digital Identity Wallet, previsto per il 2026. L’idea è creare un sistema che permetta di verificare l’età senza compromettere la privacy: il sito saprebbe solo che l’utente è maggiorenne, senza ricevere nome o altri dati identificativi. Anche l’Italia, con un procedimento dell’Agcom, sta mettendo in piedi un discutibile proprio sistema. Sarà la soluzione definitiva alla guerra tra tech company e istituzioni? Forse. Nel frattempo, i cittadini europei continuano a fare quello che sanno fare meglio: adattarsi, imparare, e se serve, cambiare IP.