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venerdì, Giu 23

Pride, c’è un problema con chi fa rainbow washing? | Wired Italia



Da Wired.it :

In un certo senso è già successo. L’anno scorso, TikTok ha giudicato alcuni video di West come casi di incitamento all’odio, rimuovendoli: “Immagino che il loro sistema abbia pensato: ‘Stai prendendo in giro i gay’. Io allora mi sono detta: ‘Ma io sono gay! Che cosa volete da me!’”, racconta la creator. Per questo, quest’anno è più attenta alle parole che pronuncia nei suoi video, nella speranza di non finire nelle grinfie dei sistemi di moderazione automatica dell’app.

Nonostante le preoccupazioni, West dice di essere “ancora decisamente critica nei confronti del Pride aziendale”, anche se evita di prendere in giro le aziende che hanno fatto miglioramenti assumendo artisti queer. Nei suoi video più recenti ha recensito articoli di aziende come Target e Amazon, raccogliendo quelli che secondo lei sono gli esempi peggiori. La creator non pensa di dover esprimere gratitudine verso queste società solo perché continuano a vendere articoli a tema Pride. “Ci sono un sacco di persone etero che dicono che dovremmo essere grati di avere merchandising sul Pride, visto che chiediamo da anni la parità nei diritti – commenta West –, ma quello che dico io è: una maglietta fatta con Canva non è avere pari diritti“.

Connor Clary, che dal 2021 recensisce anche i gadget dedicati al Pride su TikTok, è d’accordo. In un recente video in cui parla della collezione della catena Walmart per il Pride 2023 , Clary dice ai suoi 340mila follower: “Non sapevo nemmeno che esistessero le tende da doccia del Pride month, e se l’avessi saputo, non avrei mai immaginato che avrebbero avuto l’aspetto di un biglietto di condoglianze“. Il video ha raccolto 1,7 milioni di visualizzazioni.

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In realtà non ha cambiato molto il modo in cui ho creato i contenuti“, spiega Clary a proposito del nuovo approccio dei brand nei confronti Pride. Il ventitreenne del Missouri, che lavora come assistente sociale, ritiene che il “vomito arcobaleno” di gran parte del merchandising Lgbtq+ mainstream sia “una strana rappresentazione antiestetica dell’idea che una società ha del Pride” e che in quanto tale sia intrinsecamente comico.

I boicottaggi e le altre reazioni negative all’impegno di facciata dei brand “hanno creato una bizzarra e falsa dicotomia secondo cui o si sostengono le aziende o si sostiene un gruppo radicale che odia le cose arcobaleno nei negozi“, sostiene Clary. In realtà, continua, questa contrapposizione non ha ragione di esistere: “Penso che la maggior parte delle persone stia da qualche parte nel mezzo, e riconosca che quelle aziende non hanno mai rappresentato la propria prospettiva o esperienza“.

Questo articolo è comparso originariamente su Wired UK.



[Fonte Wired.it]