Il governo ungherese ha annunciato che userà il riconoscimento facciale per identificare e sanzionare chi parteciperà al Pride di Budapest del 28 giugno, come risposta diretta alla decisione del sindaco Gergely Karácsony di organizzare comunque la manifestazione nonostante il divieto imposto dal presidente Viktor Orbán. La scelta del sindaco è sostenuta da oltre 70 eurodeputati che hanno confermato la loro presenza.
Per contrastare questa iniziativa, il parlamento ungherese ha autorizzato l’uso di software biometrico che sfrutterà Dragonfly, una rete di migliaia di telecamere già attiva nel paese, per identificare automaticamente partecipanti e organizzatori delle manifestazioni Lgbtq+ vietate. Chi verrà riconosciuto rischia multe fino a 500 euro, mentre gli organizzatori fino a un anno di carcere. Tuttavia, secondo esperti legali, la misura violerebbe sia il Regolamento generale sulla protezione dei dati (Gdpr) che l’Ai Act dell’Unione europea, esponendo l’Ungheria a possibili sanzioni fino a 35 milioni di euro.
Il sistema nato per caso che ora spia i cittadini
La rete di sorveglianza che verrà utilizzata contro i partecipanti al Pride si è sviluppata gradualmente negli ultimi dieci anni. Il sistema Dragonfly nasce nel 2015 quando la società Gvsx aveva sviluppato un sistema per gestire il traffico di Budapest attraverso il riconoscimento delle targhe, ma la crisi dei rifugiati di quell’anno e il fatto che alcuni autori degli attentati di Parigi erano transitati per l’Ungheria senza essere identificati hanno spinto il governo a trasformarlo in strumento di sorveglianza. Un attentato a Budapest nel 2017 ha poi accelerato l’espansione nazionale del sistema, che oggi è controllato da Csányi Sándor, uno degli uomini più ricchi d’Ungheria e presidente della principale banca del paese.
Il sistema funziona attraverso un meccanismo di riconoscimento automatico dei volti. Oltre 20mila telecamere prodotte dalle società cinesi Dahua e Hikvision, parzialmente controllate dallo stato di Pechino, sono state installate dalle autorità ungheresi e riprendono continuamente le persone per strada, confrontando istantaneamente ogni volto con un database nazionale che contiene le foto di tutti i cittadini ungheresi, raccolte dal 2015 attraverso documenti d’identità e patenti. Quando il sistema trova una corrispondenza, identifica immediatamente la persona e può segnalarla alle autorità. A differenza di altri paesi europei dove le telecamere sono gestite separatamente da comuni o aziende private, in Ungheria tutte le telecamere sono collegate in un’unica rete che permette di tracciare chiunque in tempo reale su tutto il territorio nazionale. Con le nuove leggi anti-Pride, la polizia potrà utilizzare queste tecnologie per qualsiasi infrazione, non solo per crimini gravi.
Le violazioni delle leggi europee
Questo uso esteso delle tecnologie biometriche per identificare manifestanti pacifici contraddice però le normative dell’Unione europea. Secondo l’analisi condotta dalla Civil Liberties Union for Europe, l’espansione dell’uso di queste tecnologie per qualsiasi infrazione viola l’Ai Act, che vieta l’identificazione biometrica in tempo reale negli spazi pubblici, consentendola solo per terrorismo o crimini gravi e sempre con autorizzazione preventiva di un giudice. L’eurodeputato Brando Benifei, responsabile del monitoraggio della legge europea, ha confermato che “è vietato dall’Ai Act utilizzare telecamere biometriche per identificare i manifestanti” perché partecipare a una manifestazione per i diritti civili non può essere equiparato al terrorismo.
Di fronte a queste violazioni, la società civile europea ha deciso di reagire. Marco Cappato, leader del movimento transnazionale Eumans che promuove i diritti civili in Europa, ha annunciato che parteciperà al Pride di Budapest nonostante le minacce di identificazione biometrica. La mattina del 28 giugno si terrà anche un’assemblea civica europea “Per la difesa della democrazia e dello Stato di diritto in Ungheria e in Europa” con gli eurodeputati Brando Benifei e Per Clausen per chiedere sanzioni contro l’Ungheria. Cappato e Lorenzo Mineo, presidente e tesoriere di Eumans, hanno spiegato che “il tentativo di Orbán di vietare il Pride in nome della protezione dei minori è solo l’ennesimo attacco alle libertà fondamentali garantite dai Trattati europei“.