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lunedì, Set 16

Quello che il tweet di Dario Franceschini sui “sassi” non dice


Per costruire la “casa” M5s-Pd ci saranno anche tanti sassi, ma mancano le fondamenta: due partiti senza valori condivisi, e che al momento non hanno quasi nulla da dirsi

Il ministro della Cultura Dario Franceschini (foto: FILIPPO MONTEFORTE/AFP/Getty Images)

Luigi Di Maio, instancabile coniatore di fantastiche formule per nascondere l’incoerenza (ricorderete il “mandato zero”), ha aperto a un “patto civico per l’Umbria con tutte le forze politiche di buon senso”. Tradotto: un’alleanza col Partito democratico per sostenere un candidato apparentemente super partes ed evitare la vittoria di Matteo Salvini alle elezioni regionali di fine ottobre.

E Di Maio non è il solo: il corteggiamento di lungo corso di Dario Franceschini nei confronti del Movimento 5 stelle sta funzionando. Per il ministro della Cultura – piuttosto foriero di interviste nell’ultimo mese – l’esperienza di governo deve essere solo l’inizio: “Può essere un laboratorio, l’incubatore di un nuovo progetto”, ha spiegato il titolare del Mibact. E ancora: “Se lavoreremo bene, potremo presentarci insieme già alle regionali”. Oppure: “Dobbiamo guardare avanti”. Prima alle regionali, poi alle comunali, infine ”alle prossime politiche”. L’ultima formula franceschiniana, com’è noto – in quanto ridicolizzato ampiamente sui social network in queste ore – si rifa al Talmud: “Costruisci la tua casa con i sassi che ti hanno gettato contro”, dice il sacro libro ebraico. E Franceschini gli ha fatto eco in un tweet: “Noi e il Movimento dobbiamo provare a costruire una casa comune con i sassi che ci siamo tirati a vicenda”.

Di sassi con cui costruire quella casa ce ne sono in abbondanza, in effetti. Da parte del Pd ci sono non tanto le invettive di Zingaretti (“Io non mi alleerò mai coi 5 stelle”) quanto quelle di Renzi (i famosi strali in cui i grillini sono stati per anni quelli che “credono alle sirene”). Da parte del M5s i sassi diventano pietroni, con una sassaiola che ha coinvolto intensamente tutti i big del partito: Alessandro Di Battista, per cui il Pd era una mafia da accostare a una famigerata Piovra del malaffare; Beppe Grillo che ha accostato i dem a ogni angolo negativo dello scibile, dagli zombie alla banda della Magliana; Luigi Di Maio l’equlibrista e persino del compianto e ben più pacato Gianroberto Casaleggio (“in caso di alleanza, io uscirei dal Movimento”, aveva dichiarato in un’intervista anni fa).

Quello che scarseggia, per costruire la casa della metafora, sono le fondamenta. Le strutture imprescindibili per una nuova costruzione, quelle su cui poggiare i sassi, dovrebbero essere i “valori umani e costituzionali” che Pd e M5s potrebbero avere in comune, sempre secondo Franceschini. Ma sono piuttosto difficili da trovare.

Non si trovano, tanto per cominciare, nei confronti dell’immigrazione, tema su cui il Pd è più sensibile. È oggettivamente sbagliato, come fa Franceschini, sostenere che i grillini non scelgono di “far morire la gente in mare o accendere l’odio come Salvini”: basta andarsi a rileggere tutti i provvedimenti salviniani ossequiosamente votati ed esplicitamente appoggiati da tutti i dirigenti e ministri grillini. O riguardare il voto con cui il Movimento decise di usare lo scudo dell’immunità per Salvini, accusato per il blocco della nave Diciotti. O ancora riascoltare le bizzarre dichiarazioni di Di Battista (“sono annoiato dal dibattito sulle ong”), di Di Maio (con la fortunata formulataxi del mare”). Oppure, molto più comodo, basta sfogliare i giornali di stamattina, per ritrovare le parole del neo viceministro dell’Interno Vito Crimi (M5s): “Senza redistribuzione dei migranti in Ue, i porti restano chiusi”. E tanti saluti al valore della solidarietà.

Non si trovano valori comuni sulla politica estera. Per il Pd l’Unione Europea è “un sogno da rilanciare”, per Di Maio un accrocchio di potentati “pieno di pregiudizi contro l’Italia”. Per i democratici la Francia è un alleato storico e affidabile, per il Movimento uno “sfruttatore dei paesi africani” (e ossequiosi saluti ai gilet gialli). Per i primi bisogna guardare all’America, per i pentastellati alla Russia.

Non si trovano strategie comuni ma anzi opposte su temi fondamentali per il futuro dell’ come le Olimpiadi, le grandi opere, il Tap, la Tav e persino i vaccini (per tutti, il partito di Zingaretti è favorevole, quello di Di Maio è contrario).

Non va meglio sui “valori costituzionali”. Proprio su quelli opposti al Pd il Movimento ha costruito gran parte del suo successo in vista delle elezioni del 2018, con la campagna di opposizione al referendum del 4 dicembre sulla riforma costituzionale voluta da Matteo Renzi. E proprio sulla scorta di questi imprecisati valori, il Movimento è stato l’unico partito a chiedere l’impeachment di Sergio Mattarella per un fantomatico, mai verificato attentato alla Costituzione.

Insomma, su quali valori ci può essere un punto di contatto tra il Pd e i 5 stelle? “Forse il giustizialismo? L’assistenzialismo? Il populismo? Il dilettantismo?”, si chiede, piuttosto isolato, Roberto Giachetti, che sottolinea l’errore forse più grande di Franceschini e di tutti i big del partito ansiosi di allearsi con il Movimento: “Sottovalutare l’assoluta estraneità” tra il Pd e il Movimento 5 stelle. E, ancora più grave, “nascondere l’assoluta sovrapposizione tra Lega e 5 stelle” nella lontananza da quei valori di sinistra. Perché è anzitutto sui valori che si costruiscono le fondamenta di una casa. Solo dopo si poggiano i sassi.

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